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QT n. 5, maggio 2022 Servizi

Trono e altare, guerra e chiese ortodosse

Le dinamiche profonde dietro l’attuale guerra: gli scismi tra le chiese ortodosse e la storica subalternità al potere politico. Intervista a Luigi Sandri, teologo e giornalista

Luigi Sandri, teologo, giornalista, scrittore, accreditato presso la sala stampa della Santa Sede, già corrispondente ANSA da Mosca e Tel Aviv, è editorialista su L’Adige, ed è stato per breve tempo tra i collaboratori di Questotrentino. A lui chiediamo lumi sul rapporto tra le chiese ortodosse all’interno di questo conflitto, e l’attuale clamorosa simbiosi tra trono e altare, cioè tra Putin e la chiesa di Mosca.

Dietro e dentro l’attuale conflitto ci sono dinamiche profonde, le cui radici risalgono indietro nei secoli. Di fatto il cristianesimo ortodosso entra in Russia attraverso Kiev, dove dal 500 d. C. era arrivato da Bisanzio, sulla scia delle rotte commerciali. Si è intrecciato così un rapporto tra chiesa russa e chiesa ucraina, che in certi momenti è anche un rapporto a tre, tra le chiese di Kiev, di Mosca e di Bisanzio cioè di Istanbul.

Contemporaneamente i rapporti delle chiese con il potere politico, che dal 1500 è rappresentato dallo zar, diventa di sudditanza. Quando all’inizio del 1700 muore il patriarca di Mosca Adriano, lo zar Pietro il Grande addirittura impedisce la nomina del nuovo patriarca, e la Russia rimane per due secoli senza. Fino al 1917, alla rivoluzione borghese che fa cadere lo zar e permette alla chiesa ortodossa di nominare il patriarca. Ma poi, con il passaggio del potere ai bolscevichi, si torna indietro, e nel 1925 Stalin impedisce ancora la nomina. Lo schema trono-altare si salda invece con la seconda guerra mondiale: sotto l’invasione nazista Stalin chiede ai metropoliti rimasti di fare un appello al popolo affinché si schieri con l’esercito rosso. Quest’appoggio si rivela utile e nel ’44 Stalin permette la nomina del patriarca.

Queste quindi le radici lontane di tali rapporti. E nei tempi più recenti?

Con la caduta dell’Urss la chiesa ortodossa ucraina si spacca in tre parti: una piccola si dichiara autonoma, una più grande si lega al patriarcato di Kiev, quella più numerosa diventa la chiesa ortodossa ucraina legata a Mosca. Nel 2018 il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, cerca di mettere insieme tutte le chiese dell’Ucraina e di creare la Chiesa di Ucraina: lo seguono le prime due chiese. Per ripicca il patriarcato di Mosca ritiene questa scelta inaccettabile e proclama lo scisma dal patriarcato di Costantinopoli e da quello di Kiev. C’è quindi una spaccatura nella chiesa ucraina: la maggiore risulta legata a Mosca, l’altra a Kiev. Oggi siamo in una situazione con dei paradossi: per i russi la fede è arrivata da Kiev, ma per la chiesa russa la chiesa di Kiev è scismatica.

E con la guerra?

Con la guerra, il primate della chiesa ucraina legata a Mosca, Onufri, fa un appello che denuncia l’aggressione e chiede sia al patriarcato di Mosca che al Cremlino di ritirare le truppe. Ma il patriarca di Mosca Kirill sostiene Putin. Dopo un mese di guerra il patriarca di Mosca continua a sostenere Putin, mentre in Ucraina sempre più patriarchi sono contro Putin e Kirill.

E gli ortodossi degli altri paesi?

Il patriarcato di Romania, e anche quello di Lituania, come pure il patriarca degli ortodossi nel mondo occidentale hanno avuto parole durissime contro Putin e Kirill. Per quest’ultimo l’Occidente ha abbandonato il Vangelo, mentre la Russia, finito il comunismo, lo segue. Per Kirill l’esempio più clamoroso di questa divaricazione è il tema dell’omosessualità: nel decadente Occidente c’è il Gay Pride, in Russia Putin, con le recentissime proposte di modifica della Costituzione, vuole impedire i matrimoni tra gay. Per Kirill questi sono i segnali della secolarizzazione che nell’Occidente cancella il cristianesimo, mentre nella Russia post-comunista si salvaguardano i valori della tradizione.

Stalin chiedeva sprezzante: il papa, quante divisioni ha? Noi possiamo chiedere: le chiese ortodosse, quanto sono seguite?

In Ucraina sono molto seguite: nei secoli hanno dato identità, anche perché hanno combattuto l’Islam, che era contemporaneamente religione e Impero ottomano. In Russia la chiesa ortodossa è molto meno seguita, anche se si ritiene che abbia dei meriti storici. Poi in guerra questi miti acquistano maggior risalto: per questo Putin trova utile presentarsi come araldo della religione; e d’altra parte i vertici della chiesa di Kirill ritengono opportuno stare con il potere perché è comodo, ma anche perché ora Putin difende la Santa Russia di sempre.

In questo quadro, che probabilità ha il papa di presentarsi come mediatore tra Russia e Ucraina?

Non ne vedo. Innanzitutto perché ha una base di fedeli in Ucraina, ma non in Russia. E poi perché il conflitto tra stati è diventato anche un conflitto tra chiese. E se due chiese ortodosse litigano, l’ultima cosa cui pensano è di farsi arbitrare dai cattolici.