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QT n. 12, dicembre 2022 Trentagiorni

Da LaVis alla viticultura d’eccellenza

Cembra Cantina di Montagna: la LaVis passata sotto Cavit sembra tornare alle primigenie virtù, la valorizzazione della qualità

E’ stata presentata la “rinascita” di Cembra Cantina di Montagna, storica cantina cooperativa dell’omonima valle, già inglobata nella LaVis di cui ha dovuto seguire le triste vicissitudini con approdo finale nel consorzio Cavit. L’occasione ci fornisce il destro per illustrare l’esito della vicenda LaVis.

Ricordiamolo, LaVis è stata la cantina cooperativa che, protetta dalla politica (leggi Lorenzo Dellai), pensava di poter giganteggiare e costituire un insensato terzo polo del vino trentino (quando due – Cavit e Mezzacorona - sono già troppi) e per di più di poter avere una gestione molto, molto allegra: milioni regalati a Isa, la finanziaria della Curia, milioni di bottiglie regalati a una società di import negli Usa, presieduta peraltro dal direttore-dominus di LaVis; per finire con nuovi personaggi del tutto improbabili messi ai vertici della cooperativa. Il tutto sfociato nel tracollo dei conti nonostante anomali aiutoni (10 milioni) dalla Pat di Ugo Rossi, e condanne in Tribunale.

Orbene, la situazione si è infine normalizzata, con grossi sacrifici da parte dei contadini soci, la cessione di tutta una serie di società e l’inglobamento nel consorzio Cavit. Risultato: il bilancio è passato dai 72 milioni del 2018 ai 27 milioni del bilancio attuale. Molto meno della metà, a evidenziare il ridimensionamento; ma con i conti in ordine, e i revisori che non scrivono più relazioni di fuoco sulle poste create per occultare la disastrata realtà.

E Cembra, che c’entra?

In realtà in LaVis c’era del buono, fino a quando le protezioni politiche non avevano dato alla testa: studi e pratiche allora all’avanguardia, per spingere sulle zonizzazioni del territorio e quindi sulla qualità del prodotto (vedi Dalla rissa al sistema). Questo si è naturalmente ripercosso a Cembra, vocata alla qualità per il territorio: pochi ettari, 300, a una quota tra i 500 e i 900 metri, di difficile coltivazione (tre volte i costi della pianura), ma magnificamente esposti al sole, appoggiati su rocce porfiriche che garantiscono una chimica particolare.

Insomma, a Cembra si possono e si devono fare vini ottimi, da vendere a prezzi elevati, altrimenti non si fa niente.

Ora, rientrata LaVis e quindi Cembra in Cavit, il punto è se quest’ultima è interessata a svilupparvi una viticoltura d’eccellenza. Sembra di sì. E’ stata data grande enfasi alla presentazione di una nuova collezione di vini di altissima qualità: Müller Thurgau 2020, Chardonnay 2020, Riesling 2020, Pinot Nero 2019 e soprattutto il Trentodoc Oro Rosso di Chardonnay in purezza.

C’è chi dice che con quest’operazione Cavit, sostituendo – a parte Oro Rosso – delle denominazioni in fondo anonime ad altre – come Müller Thurgau Vigna delle Forche – legatissime al territorio e dalla fama già consolidata, abbia in realtà teso ad omogeneizzare i prodotti di Cembra ai suoi. Ci verrebbe da obiettare che nelle confezioni ed etichette di Cembra, mai appare il logo e il nome Cavit. Però non siamo esperti di marketing vinicolo, e non sappiamo dire.

Vogliamo invece pensare che la brutta vicenda LaVis abbia trovato un finale positivo, con la giusta valorizzazione del meglio che può dare la montagna.

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