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Crisi abitativa

Se non trovi casa, lavorare o studiare a Bolzano diventa difficile...

Bolzano è una città vivace. È affollata di persone giovani che appaiono indaffarate in cose interessanti. E non si può non essere soddisfatti, se la si paragona solo a vent’anni fa, quando dopo le 19 tutto era spento, un mortorio. Ora c’è un’università, che attira giovani, un teatro comunale, un auditorium, un’ottima orchestra e il concorso Busoni rinnovato, e poi i luoghi del jazz, krautrock, barocco e altra musica, il NOI con la ricerca e le start-up, e negozi, imprese e strutture alberghiere che cercano personale. Tante ragioni per cercarvi un’opportunità di lavoro e di vita.

Ma quanto potrà durare questa vivacità? Il fatto è che le persone che vengono a lavorare a Bolzano, non ci possono abitare, perché non ci sono abitazioni sufficienti, o per meglio dire non ci sono abitazioni a prezzi ragionevoli o proporzionate ai salari, sia per acquisto che per affitto. All’introduzione di questi compiti di servizio verso il territorio non è corrisposta una politica volta ad accogliere i nuovi cittadini e cittadine, e in verità neppure a permettere ai giovani locali di rendersi autonomi e di formare una famiglia. Una classe politica comunale pigra e distratta non ha pensato minimamente a creare le condizioni perché questa crescita sia accompagnata da una buona qualità di vita per i residenti. Non è solo il fatto che non trovano le soluzioni ai problemi, ma che i problemi non se li pongono, non li conoscono, non ne discutono mai con la cittadinanza, esclusa a colpi di Spid, e che ormai non ci si aspetta più nulla dai propri rappresentanti. C’è una distanza incolmabile fra rappresentanti e rappresentati.

Alcuni cercano casa nei paesi vicini, che ormai hanno ottimi servizi e anche sindaci che ascoltano e agiscono. Dopo anni di crescita, tuttavia, questi comuni periferici stanno rispondendo di no alla proposta della giunta bolzanina di offrire spazi per i bolzanini vecchi e nuovi in fuga dalla città mal amministrata. Tanti giovani se ne vanno, alla ricerca di luoghi migliori: di università gratuite come in Austria o Germania, o di lavori pagati decorosamente.

L’allarme è stato dato dal rettore dell’università, che ha lamentato l’alto numero di studenti che se ne vanno perché non trovano casa. E lo stesso accade con i ricercatori. E i medici. E i pensionati, che non reggono l’inflazione, o famiglie che cercano luoghi con un po’ di verde. Un sondaggio fatto alla Claudiana ha visto indicare nello scarso appeal della città di Bolzano una delle prime ragioni per non studiare infermieristica a Bolzano, ma subito dopo è la mancanza di alloggio a scoraggiare i giovani studenti. Le imprese lamentano una forte mancanza di lavoratori e lavoratrici. Ma dipende anche da loro: se li pagano e trattano bene, i dipendenti rimangono. Ci sono imprese, anche importanti (la Finstral ad esempio), che reagiscono valorizzando i dipendenti anziché pretendere che si lascino sfruttare, come purtroppo molti fanno.

L’Istituto per il Lavoro denuncia da tempo un situazione che definisce “anomala”: “Gli indicatori che riflettono le tendenze sul mercato del lavoro migliorano, mentre quelli che descrivono la situazione economica delle famiglie peggiorano", ha detto il direttore Stefan Perini qualche mese fa, quando anche il presidente dell’IPL, Dieter Mayr, aveva lanciato l’allarme: “Avremo un problema sociale molto serio". Nel “barometro” del 2022 si legge infatti che con l’altissima inflazione e i salari fermi, “crolla il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti altoatesini: il 34% dei lavoratori dipendenti ha difficoltà ad arrivare a fine mese, perché i soldi non bastano. Anche gli indicatori sulla situazione finanziaria e le capacità di risparmio della famiglia si sono deteriorati”.

Si tratta di osservazioni fatte quasi un anno fa. Ma in questi giorni è stata la presidente della Caritas a denunciare che il numero di famiglie che chiede aiuti alimentari di base è esploso e che si tratta di persone che lavorano, spesso con figli, non di emarginati o migranti non integrati. Anche la San Vincenzo, con il suo supermercato a punti, da tempo rifornisce di alimenti primari persone che pur lavorando non sono più in grado di sfamare le famiglie.

Perini oggi parla di frattura sociale: “Manca una radicale politica abitativa, che ha come obiettivo la costruzione di case per i residenti”. E di fronte all’obiezione che in Alto Adige si costruisce moltissimo, risponde: “La politica sta puntando in modo quasi esclusivo alle esigenze delle strutture ricettive”. Una conferma che si è di fronte a un forte aumento della disuguaglianza sociale, senza che ci sia una reazione da parte della politica locale, compiaciuta dai bilanci altissimi, ma che non li usa per introdurre più giustizia sociale. E nel frattempo privatizza sfacciatamente i servizi di base nella sanità e nell’assistenza, senza controllare la qualità e dunque sprecando denaro pubblico.

Se lo si guarda in prospettiva, la mancanza di abitazioni decorose a prezzo decente, insieme alla scarsa qualità dell’ambiente, diventa progressivamente un elemento decisivo per il deterioramento del sistema urbano: nei trasporti, nella sanità, nell’assistenza agli anziani e ai disabili: ovunque mancano gli addetti. In una città in cui entrano 80.000 pendolari al giorno (dato non recente), il trasporto pubblico è scadente. Non ci sono gli autisti. L’estate scorsa, con 40 gradi e più, le corse saltavano ogni giorno, e la gente di ritorno dal lavoro aspettava autobus fantasma un’ora invece che 10 minuti, cuocendo sotto il sole. È solo uno dei tanti segnali della decadenza del capoluogo, se si esclude il centro, terra d turismo di massa.

A fronte di questo degrado vero – non il degrado che falsamente viene attribuito alla presenza di migranti - c’è mancanza di manutenzione e di attenzione ai bisogni reali. La gente soffre per la mancanza di abitazioni? La giunta comunale offre gentilmente ai privati quote enormi dei pochi terreni disponibili, su cui vengono edificate esclusivamente abitazioni di lusso (almeno per il prezzo), oggetto di acquisto da parte degli investitori austriaci e tedeschi, o l’immenso centro commerciale che farà chiudere i negozi esistenti. Come pretendere che i giovani che studiano all’estero tornino qui? Il lusso è più marketing che realtà. Il verde a Bolzano è nella maggior parte decorativo. E nel frattempo l’Istituto per l’edilizia popolare non costruisce nuovi alloggi, ristruttura: giusto recuperare prima di consumare suolo, ma che senso ha attirare nuovi lavoratori e lavoratrici e poi non predisporre nulla per permettere loro di rimanere? L’assessora provinciale competente ha detto che in Sudtirolo abbiamo il vantaggio che le case popolari costano quasi niente. Però chi lavora e ha un reddito, pur pagando tasse tutta la vita, non riuscirà mai a metterci piede. È la classe lavoratrice, che paga le tasse, che è esclusa. Non accede agli affitti, e non è in grado neppure lontanamente di acquistare. È un sistema che ha contribuito da sempre alle crisi abitative, in passato causate anche dal freno drastico posto dalla politica provinciale all’espansione pianificata già durante il fascismo e continuata in epoca democristiana.

In città ci sono almeno 3.000 alloggi sfitti. C’è da dubitare tuttavia che l’aumento dell’Imu sulle case sfitte sia sufficiente a farne emergere molti (in quanto a fedeltà fiscale siamo molto “italiani”). La nuova riforma dell’edilizia sociale, che come ogni cinque anni viene fatta prima delle elezioni provinciali, vedrà reintrodurre, su proposta di un esponente dell’ala sociale della Svp, la vecchia regola della proporzionale su base provinciale anche nella città, dove le proporzioni sono invertite, per “evitare che le case vengano date agli stranieri e agli italiani, a danno della popolazione di lingua tedesca”. Il criterio del bisogno, che aveva moderato la proporzionale, viene messo da parte.

Di fronte all’allarme, si alzano anche voci che reclamano la costruzione di migliaia di appartamenti: ma le emergenze hanno fatto sempre male a Bolzano (e bene alla speculazione edilizia). Se si decide di costruire si deve tenere conto anche degli effetti della cementificazione sul clima. Le nuove case dovranno essere costruite bene e solo per le persone a reddito normale. Il lusso ha già avuto il suo, mezza città basta e avanza. I politici comunali, accecati dagli introiti per gli oneri di costruzione, hanno dimenticato il popolo. Che ne faranno dei soldi, pagheranno l’albergo ai cittadini senza casa?

Intanto il sindaco ha accettato che la Svp trasformasse il cosiddetto cuneo verde, la zona di Gries dove si trovano solo ville con piscine e vigneti, in un’enclave, con divieto di passeggio per gli abitanti dei dintorni. Il vicesindaco, che ci abita, ha argomentato che “l’uso dei pesticidi potrebbe essere pericoloso per i passanti”. Il divieto di edificazione è passato da tutela del verde a privilegio.

Nonostante gli allarmi, c’è da temere che le cose andranno male. Già i necessari studentati vengono affidati ai privati, che non hanno alcun interesse ad affittarli a prezzi decenti e che, dopo averne avuto un vantaggio, fra qualche anno potranno trasformarli in alberghi. Mentre il centro si riempie di “affitti brevi”, l’assessora provinciale favoleggia di 500 nuovi alloggi nell’areale ferroviario: ma non c’è finanziamento e la RFI non sembra voler accelerare la cessione alla città o alla Provincia dell’area su cui si è discusso (inutilmente) per 10 anni.

Con la mancanza di pluralismo nei mass media (anche Rai Südtirol si sta allineando al monopolio privato), queste questioni fondamentali non avranno spazio nelle prossime campagne elettorali, provinciale e comunale. Così i cittadini e le cittadine rimarranno spettatori inermi della politica della predazione.

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