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QT n. 1, gennaio 2009 Trentagiorni

Primarie?

Alessandro Andreatta

Le primarie sembravano lo strumento unanimemente accettato per selezionare i candidati, almeno nel centro-sinistra. In realtà non è più così. E non lo è soprattutto per le prossime elezioni al Comune di Trento, che tanti nei partiti non vogliono lasciarsi sfuggire di mano, come invece potrebbe accadere con le primarie, con la possibile investitura di personaggi come il difensore civico Borgonovo Re, popolarissima tra gli elettori e invisa alle nomenklature.

Oggi come oggi, i contrari stanno intonando il coro "non c’è nessuna fretta", per far passare i mesi e poi cambiarlo nel suo contrario "non c’è tempo abbastanza". La manfrina la si gioca sul dilemma fra primarie di partito (cioè del Pd) e primarie di coalizione. Ma per fare le primarie di coalizione bisogna sedersi attorno a un tavolo, essere tutti d’accordo... e intanto si fanno passare le settimane.

Le posizioni sono queste: i partiti piccoli le primarie non le vogliono, perché nell’elettorato contano poco, mentre al tavolo interpartitico pensano di contare di più; Dellai (cioè l’Upt) non le vuole perché dalle primarie potrebbe uscire un sindaco forte, che potrebbe fargli ombra, mentre dai partiti ci penserebbe lui a far candidare una mezza calzetta; dentro il Pd c’è una vasta maggioranza a favore, ma sotto sotto ci sono quelli che remano contro, a iniziare dagli incredibili autocandidati, l’attuale sindaco reggente Alessandro Andreatta, responsabile di millanta scempi urbanistici come ben sanno i nostri lettori, o l’assessore alla cultura Lucia Maestri, che già in quel ruolo ha combinato danni, come peraltro prevedibile.

Insomma, mai come in questo caso il dilemma è chiaro: chi vuole innovare la politica è per le primarie, è contro invece chi vuole mandare avanti personaggetti di dubbie capacità e scarso richiamo, fedeli ostaggi della partitocrazia.