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QT n. 1, gennaio 2009 Trentagiorni

Piazza Dante

Piazza Dante

Piazza Dante fa sempre parlare di sé e non certo per il monumento al sommo poeta oppure per il più recente Family Monument. Ma per il degrado, lo spaccio di droga, gli scippi e le violenze. Tutti concordano che occorre trovare una soluzione capace di ridare vivibilità a uno spazio cittadino centrale e qualificante per il capoluogo. Sembra però che gli attori pubblici deputati a risolvere il problema viaggino ognuno per conto proprio. La questura lancia l’allarme con toni inconsueti per chi dovrebbe parlare con i fatti e dovrebbe fungere da calmiere per i bollenti spiriti. Riproporre lo slogan "tolleranza zero" rischia di legittimare i proclami della Lega che subito rispolvera le ronde anti-clandestini e i gazebo per la sicurezza. Ma questo era nell’ordine delle cose. Quello che sorprende è la risposta dell’amministrazione comunale e provinciale.

Il Comune di Trento risulta ondivago e impacciato, incapace di elaborare un piano concordato con la circoscrizione che evidentemente dovrebbe farsi parte attiva nella soluzione del problema. La Provincia, per bocca del neo-assessore all’immigrazione Lia Beltrami, sembra ancora di più in confusione: l’idea che non basti la repressione per ridare vita a Piazza Dante è condivisibile, ma poi l’assessore la traduce nella "importazione" di un prete di strada di Genova (il quale intervistato è praticamente caduto dalle nuvole) che dovrebbe aiutare la Provincia a risolvere la situazione. Peccato che qualche anno fa il tanto vituperato Centro Sociale Bruno avesse proposto di animare il parco e la piazza gestendo la Palazzina Liberty. Non se ne fece nulla. Non si potrebbe oggi ripensare il diniego del Comune? Senza andare lontano basterebbe affidarsi a chi quel posto lo conosce avendo la propria "tana" a duecento metri dalla piazza.