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QT n. 6, 21 marzo 1998 Servizi

Chiesa, Regione, potere Dc: un intervento clamoroso

Mons.Rogger: le responsabilità del connubio Chiesa-Dc nello stravolgere l'istituto regionale. Un intervento sulla storia di ieri che deve servire anche oggi.

Sono rimaste poche le figure del clero trentino capaci di dare un contributo alla vita civile oltreché religiosa, testimoni di un ruolo secolare svolto dalla Chiesa in questa parte della terra fra i monti, dai confini politici spesso labili, ma con una fortissima influenza della cultura cattolica su ogni aspetto della vita comunitaria.

Tra queste spicca per la franchezza d'analisi e la profondità di sapere monsignor Iginio Rogger che nei suoi non inflazionati interventi riesce sempre a toccare nervi ancor oggi scoperti delle scelte della Chiesa trentina nella vita civile della nostra provincia.

Era stato dirompente, qualche anno fa il suo intervento critico e autocritico sulla commistione degli interessi economici della Chiesa trentina con il mondo degli affari gestiti dal notabilato democristiano, trascinatisi fin dopo le stesse inequivocabili scelte del concilio Vaticano secondo. In quell'occasione - sono trascorsi ormai cinque anni - con la Democrazia Cristiana che avvertiva i segni del proprio disfacimento, non vi furono risposte di parte politica a quella clamorosa e coraggiosa testimonianza. Trapelò, solo e scontato, qualche malumore di curia.

E' di queste settimane invece un altro intervento, clamoroso e schietto, dell'esponente del clero diocesano. Intervento importante perché esprime la posizione di un protagonista che, anche in tempi attuali, ha operato, nei ruoli da lui ricoperti (fino a pochi mesi fa era ancora direttore dell'Istituto di Scienze Religiose), per un fattivo rapporto tra il mondo culturale trentino e quello dell'area tedesca.

La Chiesa - ha testimoniato monsignor Rogger - ha lasciato che la DC piegasse il ruolo della regione, nata per tutelare la minoranza sudtirolese, agli interessi del Trentino. Determinando con ciò il fallimento della stessa, e l'inevitabile ripresa della contrapposizione fra sudtirolesi e Stato italiano. Grave peccato d'omissione per la Chiesa trentina quindi, e giudizio storico severo nei confronti della classe politica democristiana.

Per mediocri interessi di parte, furono messe a repentaglio la funzione storica delle istituzioni autonomiste e lo stesso ruolo politico dei cattolici in una regione dagli equilibri delicati. Un ruolo che la Chiesa trentina aveva cercato di gestire con prudenza e sapienza.

Lo stesso Gaetano Salvemini, durissimo nel giudizio sui rapporti fra Vaticano e fascismo, aveva riconosciuto il ruolo della Chiesa, sia nelle zone con popolazione slovena e croata, sia nella nostra con il forte gruppo etnico tedesco, in difesa dei diritti naturali delle minoranze (anche perché, aggiunge va maliziosamente Salvemini, le popolazioni in questione erano pressoché completamente di fedi cattolica).

D'altronde si deve ricordare chi questo tralignamento dai cardini fondamentali della tradizione politica cattolica maturò nei periodi di governo vescovile di Carlo de Ferrari, probabilmente il vescovo di più basso profilo che la diocesi abbia avuto nel corso di tutto il secolo.

Se alla denuncia dell'improvvido rapporto tra curia e mondo economico, la parte democristiana tacque, alla contestazione sul pervertimento degli obiettivi per cui la Regione era nata, le risposte ci sono state. Soprattutto da parte di Giorgio Grigolli.

Tutto si è però tradotto in una difesa acritica di quello che è successo ed è stato fatto, dal 1948 in poi, secondo una interpretazione "continuista" della politica democristiana che in realtà non c'è stata. Non foss'altro perché il treno della Regione, alla fine degli anni Cinquanta, era deragliato con la SVP sull'Aventino e le bombe che scoppiavano in Alto Adige.

Una più critica valutazione della nostra storia recente a cinquant'anni di distanza dai tempi trattati è ormai possibile e comunque s'impone.

Ci è dato vivere, in questo anno di grazia 1998, un periodo che può diventare fertile e certo determinante rispetto al futuro dei rapporti tra genti e istituzioni che operano entro i confini del Trentino-Alto Adige. Ci sono i progetti all'esame del Parlamento nazionale. C'è il dibattito aperto su come corrispondere a quei progetti, da parte del Trentino, del Sud Tirolo, e per le parti che sono patrimonio comune, dalle due Province insieme. Sarebbe un errore rimuovere la storia, perché sbaglieremmo a costruire il futuro.

Le critiche che Iginio Rogger ha espresso alla Democrazia Cristiana a alla Chiesa trentina riecheggiano quelle formulate per tutti gli anni Cinquanta dalla sinistra a Trento, a Bolzano, a Roma, a Vienna. Non si costruisce infatti un assetto stabile di convivenza sulle logiche di potere del momento: nel 1948 favorevoli ai trentini, oggi probabilmente sbilanciate a favore della realtà sudtirolese. Sólo le stelle polari della democrazia, del diritto, della lungimiranza rispetto ai futuri assetti d'Europa, possono consentirci di realizzare qualcosa di non effimero.

Nel dopoguerra la Chiesa si sentì troppo forte e sicura che i suoi riferimenti politici non avrebbero sbandato rispetto a quelle che erano state, per decenni, le sue vie maestre. La sinistra era troppo debole per far valere le grandi ragioni del proprio sentire democratico. Tutti abbiamo corso il rischio di veder naufragare male una forte intuizione politica nel cuore dell'Europa.

Si dovrà discutere ancora su molti dettagli. Ma il fatto che tanti si trovino ormai concordi con la posizione - minoritaria ed eretica fino a pochi anni fa - che le due province di Trento e Bolzano possono (debbono) costituire la nuova regione, è un passo importante che ha consentito di disincagliare un dibattito divenuto sterile e senza sbocchi. Ricordare che questa era, fin dal 1945, la posizione della sinistra trentina ed italiana, serve a ribadire che la nostra storia non è stata una banale storia monocolore.

Il dibattito quindi, anche quello sulla nostra storia, non può essere ridotto a confronto di tesi entro gli stessi mondi culturali e politici. Nel Trentino è stato infatti più ricco e composito di quello che oggi si vuole far apparire.