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Vi ricordate Hiroshima?

Vi ricordate Hiroshima e Nagasaki? Il 6 e il 9 agosto 1945 le prime bombe atomiche furono sganciate sulle due città giapponesi, uccidendo 70.000 persone a Hiroshima e circa 35.000 a Nagasaki. Quando raggiungono queste dimensioni, le persone defunte diventano solo freddi numeri. Come freddo, perfino asettico, fu l’atto con cui, semplicemente premendo un pulsante, furono sganciati quei micidiali ordigni. Uno dei piloti che partecipò all’operazione fu perseguitato tutta la vita da uno struggente rimorso. Non invece il presidente Truman, che l’aveva ordinata. La sua coscienza fu placata dalla considerazione che, secondo la spaventosa aritmetica della guerra, senza l’uso della bomba atomica probabilmente il Giappone non si sarebbe arreso finché l’aviazione degli Stati Uniti non avesse ancora ucciso più giapponesi e finché l’invasione non avesse provocato la morte di un numero ancora superiore di soldati americani e nemici. Fu dunque, si direbbe oggi, "un’azione umanitaria": centomila vittime sicure per risparmiarne un probabile numero maggiore.

Trascuriamo le altre meno nobili motivazioni che concorsero a determinare quell’evento. Concentriamoci invece ad esaminare la motivazione umanitaria di quell’atto di guerra, poiché essa ci viene riproposta oggi per giustificare i bombardamenti della Nato sulle città della Jugoslavia. Le due situazioni non sono identiche. Hiroshima fu l’atto terminale di una guerra immane, provocata da potenze tiranniche ed aggressive, i bombardamenti di Belgrado e Pristina sono operazioni di polizia internazionale compiute per dirimere conflitti interni di uno stato sovrano. E tuttavia in entrambi i casi vi è l’utilizzo della violenza per contrastare la violenza, la distruzione di vite per impedire la distruzione di vite. La differenza è espressa nella definizione odierna di "ingerenza", mentre l’identità delle due situazioni è attestata dal comune aggettivo "umanitaria".

Non vi è alcuna base, nel diritto internazionale vigente, che legittimi questi bombardamenti. Non nell’ordinamento dell’Onu, né nel trattato del Patto Atlantico. Tanto più che, dovendo essere la legge uguale per tutti, non può essere legittimo un intervento di ingerenza armata compiuto soltanto per il Kossovo, e non anche per le altre identiche situazioni esistenti nel mondo.

Ma - si obietta - il diritto internazionale è in evoluzione verso il costituirsi di un potere di polizia sovra-statuale per reprimere il delitto di genocidio. La difesa degli albanesi del Kossovo, vessati e massacrati dall’esercito e dalle bande serbe, è doverosa e giustificata.

Ma il fine di tale difesa giustifica l’uso di qualsiasi mezzo? O esistono limiti circa l’uso dei mezzi difensivi, oltre i quali il dichiarato scopo umanitario non basta ad eliderne le barbarie?

Pensiamo ai casi in cui la polizia sia chiamata a liberare una o più persone sequestrate da una banda di malviventi. Oppure agli ostaggi trattenuti da terroristi che hanno dirottato un aereo. In questi casi salvare la vita degli ostaggi è il fine che prevale su quello, che diventa secondario, di catturare e punire i colpevoli, tanto che il potere di polizia si rassegna a negoziare con i fuorilegge, fino ad accettare i loro ricatti. L’uso possibile della violenza liberatoria deve essere calibrato con estrema prudenza per evitare che ricada sugli innocenti.

Questo criterio di civiltà vale ancor più quando l’intervento "umanitario" è rivolto contro uno Stato. Gli aerei invisibili, i missili, e tutti gli altri sofisticatissimi congegni "intelligenti" scaraventati contro un intero popolo e le sue città, senza poter distinguere fra governanti e sudditi, non potevano che provocare un inasprimento della rappresaglia contro le vittime kossovare, sacrifici di vite di serbi incolpevoli, solidarietà nazionale attorno a Milosevic: tre risultati, tutti prevedibili, esattamente contrari al dichiarato fine umanitario.

Cosa può aver portato ad una scriteriata decisione?

Forse una plateale rozzezza etica ed intellettuale dei leaders dell’Impero. Quella stessa di quei sergenti maggiori nostrani che irridono il nostro governo perché, chiedendo la sospensione dei bombardamenti e la ripresa dei negoziati, non batte i tacchi e rifiuta di dire "signorsì-sissignore".

O quella dei turisti di guerra che si accampano attorno ad Aviano per ammirare il decollo dei velivoli.