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QT n. 13, 26 giugno 1999 Servizi

Scuole, uffici, chi aiuta gli stranieri?

Il mediatore culturale: una figura importante che stenta ad affermarsi. Anche in Trentino.

Anni fa, un antropologo americano fece una curiosa scoperta: studiando il comportamento delle persone in coda davanti allo sportello di una biglietteria ferroviaria o di un ufficio postale, si accorse che nell’Europa settentrionale come negli Stati Uniti le persone si mantengono pressappoco alla stessa distanza l’una dall’altra, una distanza che invece si restringe nell’Europa mediterranea come nell’America Latina; e se qualcuno non rispetta questa tacita regola, accostandosi al vicino più del dovuto, spesso induce nell’altro un sentimento - per quanto inespresso - di ostilità. E’ un piccolo ma significativo esempio del peso che hanno le differenze culturali in ogni momento della nostra vita e dell’importanza della conoscenza reciproca quando dei fenomeni migratori portano a convivere persone di etnie diverse. In una tale situazione, che è poi quella che da almeno un decennio si vive in Italia, si trova certamente a disagio chi appartiene al gruppo di maggioranza (che di colpo vede sconvolto quel panorama uniforme al quale era da sempre abituato); ma ancor più ha la vita difficile chi di quella maggioranza non conosce bene né le abitudini, né le regole cui è obbligato ad adeguarsi, né la lingua.

Uno dei campi dove più emerge il problema è quello dei servizi pubblici, di una burocrazia che anche per gli italiani spesso risulta ostica da affrontare; partendo da questa constatazione, in alcune città d’italia (Torino, Bologna, Modena, ecc.) è da tempo in funzione la figura del mediatore culturale, che non ha la semplice funzione dell’interprete, ma più in generale deve agevolare la comunicazione reciproca, facilitare il rapporto con l’istituzione dello straniero; spiegando a quest’ultimo come funzionano le cose, quali sono i suoi diritti e doveri, ma anche aiutando il dipendente pubblico italiano nell’approccio all’immigrato, che va fatto con una esauriente conoscenza della legislazione in materia ed anche con lo stesso rispetto impiegato nei confronti degli italiani.

Ma in questo campo, attualmente, in Trentino non esiste ancora nulla.

Qualche cosa in più si è fatto nella scuola, dove la necessità della mediazione culturale per l’integrazione degli studenti è ancora più evidente. Nei giorni scorsi, durante un incontro pubblico organizzato dal Centro Interculturale Ujamaà (vedi scheda), ha parlato di questo tema la dott. Flavia Favero, coordinatrice del Progetto Formazione del Forum Trentino per la Pace.

Per diversi anni, anche nella scuola non è successo quasi niente; o meglio, gli insegnanti che fossero in difficoltà trovandosi in classe dei ragazzi stranieri (ovvi problemi con la lingua, tensioni coi compagni, assenteismo della famiglia...) non potevano far altro rivolgersi alla buona volontà di una funzionaria della Sovrintendenza.

Negli ultimi quattro-cinque anni, finalmente, si è mosso qualcosa; il tutto è partito da un intervento effettuato presso gli studenti di alcune scuole superiori, da cui risultò una poco confortante situazione, fatta di non conoscenza dell’altro, stereotipi, ostilità, a volte vero e proprio razzismo. Una situazione successivamente confermata da una ricerca commissionata dal Forum Trentino per la Pace su un campione molto ampio, una ricerca cui a suo tempo la stampa locale - ivi compreso questo giornale - diede ampio risalto.

Da questa consapevolezza è nata una serie di iniziative che vanno dagli interventi di formazione per insegnanti sul tema della multiculturalità agli incontri nelle varie zone della provincia allo scopo di ascoltare le difficoltà che incontrano gli insegnanti alle prese con questi nuovi studenti e con le loro famiglie. Difficoltà - spiega la dott. Favero - meno avvertite nella scuola dell’infanzia e nelle elementari; qui infatti l’organizzazione del lavoro è maggiormente flessibile e basata su un lavoro di équipe, e soprattutto la comunicazione verbale e scritta non ha il monopolio, permettendo anche ai bambini che non conoscono l’italiano di esprimersi e dunque di integrarsi più rapidamente; mentre a partire dalla scuola media le cose cambiano radicalmente, con una struttura più rigida, un tipo di lavoro in cui la conoscenza della lingua diventa fondamentale e si accompagna ad una attenzione spostata più verso l’acquisizione di conoscenze che verso la socializzazione.

Come negli uffici pubblici, anche nella scuola il mediatore culturale non ha solo il compito di ovviare alle difficoltà linguistiche dei ragazzi stranieri; deve intervenire anche sugli studenti italiani, come pure favorire i contatti fra scuola e famiglia.

Una figura preziosa, dunque, ma piuttosto rara, anche se la normativa la prevede; in teoria, infatti, si può farne richiesta al Comprensorio accompagnandola con un progetto di intervento. "Ma mi risulta che esistano solo 6-7 progetti in corso - ammette la dott. Favero. - La Sovrintendenza aveva preso contatto con un centinaio di persone che si erano dette disponibili a ricoprire questo ruolo, ma si è visto che per affrontare veramente il problema occorrono dei corsi di formazione, che difatti sono stati organizzati per l’autunno prossimo, con una ventina di iscritti".

Più lontana appare la soluzione del problema al di fuori del settore scolastico: i mediatori linguistico-culturali a disposizione degli immigrati presso i servizi pubblici verranno formati, se tutto va bene, nell’anno 2000.

Forse.

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