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QT n. 2, 22 gennaio 2000 Servizi

Appunti dal Lingotto

...presi da un diessino. Il primo congresso dei Ds visto dall’interno.

Sullo sfondo dell’enorme sala, in una scenografia semplice e severa, un enorme pannello con la scritta "I care", mi faccio carico. Termine che don Milani aveva preso a prestito da quei giovani americani che "non si chiedevano cosa potesse fare l’America per loro, ma cosa potessero fare loro per l’America". Le note di "Imagine" davano l’avvio ai lavori , conclusisi quattro giorni dopo con un miniconcerto di Sting, venuto apposta a Torino per cantare ai diessini un pezzo dedicato ai desaparecidos del Cile. Nel mezzo, i Fratelli d’Italia di Mameli, coi delegati tutti in piedi e la mano sul cuore. La Canzone Popolare dell’Ulivo. Il fondatore di Tiscali a parlare di Internet. Una mozione per la sacrosanta liberalizzazione della Maria. E, finalmente, anche l’Internazionale, sparata a tutto volume a conclusione della relazione di Veltroni.

La sala presse del Lingotto ha ospitato il primo congresso nazionale dei Democratici di Sinistra. Il richiamo simbolico con quello che fu il partito dei lavoratori, però, finiva lì. Per il resto, si è avuta l’impressione di essere di fronte ad un partito con un’identità tutta nuova. Un’identità finalmente ritrovata, dopo che per oltre dieci anni, da quel 1989 dell’inizio della "svolta", sembrava essersi smarrita assieme al crollo dell’ideologia comunista e al disfacimento dell’impero sovietico.

Cosicché, siccome i simboli hanno una loro importanza per definire un’identità, in pochi mesi da segretario Veltroni se n’è inventati un sacco, con un’operazione che questa volta, a differenza dell’azzurro col quale D’Alema aveva buttato al macero il rosso, non appariva più come una forzatura.

Il Governo. Governare l’Italia è stato, dal 1992 ad oggi (salvo la breve parentesi berlusconiana), il "we care" della sinistra italiana. E la sua intera classe politica, quella cresciuta in gran parte all’opposizione del CAF e del pentapartito, ci ha tenuto a snocciolare al congresso, con manifesto orgoglio, gli straordinari risultati raggiunti. Conti pubblici risanati. Evasione fiscale stroncata. Pubblica amministrazione tornata efficiente. Scuola riformata e rilanciata. Beni artistici recuperati. Europa agguantata. Mafia sotto controllo. La più grande operazione di privatizzazione mai compiuta in nessun altro paese. Tassi d’interesse ai minimi storici. Sistema pensionistico quasi interamente riformato. Mercato liberalizzato e lavoro flessibilizzato. Prestigio internazionale recuperato. Il Fuenti abbattuto. Mezzogiorno tornato a credere nel proprio futuro. E oggi, finalmente, occupazione in crescita a ritmi esponenziali (300 mila posti di lavoro negli ultimi mesi, dati Confindustria).

Amato, Ciampi, Dini, Prodi e D’Alema sono apparsi al congresso come gli eroi di quel "miracolo italiano" che Berlusconi aveva solo promesso e che loro, invece, hanno realizzato. Molti hanno sofferto di mal di pancia, in tutti questi anni. Per i ministri inquisiti del governo Amato. Per la mancata autorizzazione a procedere contro Craxi votata dal Parlamento durante il governo Ciampi. Per il pranzo con Buttiglione a Gallipoli e per le cospirazioni di Palazzo con Bossi, che hanno dato vita al ribaltone contro Berlusconi e fatto nascere il Governo Dini. Per gli accordi di desistenza con Bertinotti che hanno garantito i voti a Prodi. Per gli intrugli con Cossiga che hanno salvato la legislatura e consentito la nascita del Governo D’Alema. E oggi, per i Mastella ingordi di posti da sottosegretario. Tanti mal di pancia, tanti bocconi amari da buttare giù per lo schizzinoso e un po’ snobista popolo della sinistra. Ma i risultati dimostrano che l’alternativa non sarebbe stata "tanto peggio, tanto meglio", bensì "tanto peggio, tanto peggio". L’unico grande traguardo che manca all’appello, in questo straordinario carnet di risultati, è anche l’unico per raggiungere il quale c’era bisogno dell’opposizione: la riforma della Costituzione e, con essa, della politica.

Il Partito. Eppure, tutto questo non basta. Né per vincere le elezioni, né tanto meno per dare la carica ai militanti. Nell’era della comunicazione, della politica fatta alla tivù, la fredda logica dei numeri non è sufficiente. O, prendendo a prestito modelli da qualità totale, se è vero che quando i servizi pubblici non funzionano c’è insoddisfazione, il fatto che invece funzionino è considerato solo ovvio e normale. Serve dunque un partito che sappia suscitare emozioni e passione, che sappia dare un unico grande significato, di sinistra, alle tante battaglie vinte e a quelle ancora da combattere.

Il lavoro di Veltroni pare essere tutto incentrato su questo obiettivo. Insomma, al maggiore partito della sinistra mancava proprio Walter Poppins: "Basta un poco di zucchero e Mastella va giù". Ora c’è: ecco quindi la mobilitazione lanciata dai Ds per l’Africa sub sahariana, le citazioni di Alex Langer, la campagna per la cancellazione del debito estero dei paesi del Terzo Mondo, l’intervento al congresso del fondatore della comunità di S.Egidio e quello della ricercatrice italiana in prima linea nella lotta all’Aids. Finalmente, dopo tanti anni a parlare soltanto di parametri di Maastricht, la sinistra torna a dire cose di sinistra. E nella sala presse del Lingotto si cominciava a respirare nuovamente quello stesso clima che portò l’Ulivo a vincere nel 1996.

Il leader è il Massimo. Avete presente quei comici che fanno ridere solo mostrando la loro faccia, come Beppe Grillo nella vecchia pubblicità dello Yomo? Ecco, arrivato il momento del suo intervento, a Massimo D’Alema è bastato mostrare il suo sorriso beffardo per mandare in delirio la platea. Come gli adolescenti coi Take That. D’Alema, il Mito, l’uomo dei lavori sporchi come "Victor l’eliminatore" nel Nikita di Luc Besson. Ma anche il regista di questi dieci anni di resurrezione dell’Italia. Ha buttato giù Berlusconi col ribaltone e ha soffiato al Polo Lamberto Dini e l’appoggio dell’alta finanza italiana. Ha spaccato in due gli ex diccì. Ha tirato fuori da un cilindro da prestigiatore Romano Prodi, ha inventato l’Ulivo e glielo ha regalato, l’ha fatto rigar dritto quando Prodi voleva accordarsi con Aznar per restare fuori dall’Europa, gli ha portato contro la sua volontà i voti di Bertinotti e quando Prodi voleva farlo fuori l’ha fatto capo dell’Europa. Ha portato al centrosinistra il consenso di Di Pietro. E ha ripescato Amato e messo Ciampi al Quirinale.

Dopodiché è venuto al congresso a dire ai suoi diessini: "E’ vero, avete ragione, sono uno stronzo, Veltroni è più bravo di me". E i diessini sono impazziti come davanti a Jim Morrison. Compresa Olga D’Antona, la moglie del professore ucciso l’anno scorso dalle Br, seduta a fianco di chi scrive durante il discorso di D’Alema.

La frase storica? "Quando noi eravamo comunisti, nel resto dell’Europa la sinistra era socialista. Erano loro la parte della sinistra che aveva ragione. Non c’è niente da fare, questa è la lezione della storia. E il merito del Pci è stato quello di essere più vicino a loro che ai comunisti." Arrigo Boldrini "Bulow", comunista e leader partigiano, è salito sul palco per baciare D’Alema, impersonando i sentimenti di tutti i presenti: "E’ vero, sei uno stronzo, ma siamo noi gli imbecilli che non riusciamo a capirti".

Berlusconi, tiè! Giunto il momento di Fabio Mussi, tutti sono accorsi a sentire cosa avrebbe detto contro Berlusconi. La sua verve contro il capo del Polo è infatti ormai leggendaria. "Berlusconi ci chiama sempre regolarmente, non Democratici di Sinistra, come siamo, ma Pci-Pds-Ds. E’ corretto, genealogicamente. Genealogia per genealogia, noi potremmo legittimamente e cortesemente ricambiare, cominciando a chiamare il suo partito P2-Fininvest-Forza Italia".

Amato versus Boselli. Veltroni pareva tutto preoccupato a tenere su le brache al Governo D’Alema. Cosicché, è arrivato addirittura a sostenere che è giusto che in Italia esistano due sinistre riformiste, quella dei Ds e quella dello Sdi, ma che queste due sinistre, in nome dei valori del socialismo, pur rimanendo diverse devono marciare insieme, mano nella mano.

Bleah! D’accordo, ora tocca a Veltroni fare il lavoro sporco, ma questo boccone è indigeribile anche per i più scafati. Per fortuna ci ha pensato Giuliano Amato a fare giustizia. E d’altronde chi, se non l’unico grande leader del Psi passato indenne all’era Craxi, poteva avere l’autorevolezza necessaria per dire finalmente la verità sulla diaspora socialista? E Amato è arrivato a dire che quelli dello Sdi non sono socialisti, perché sono troppo piccoli! Ancor più fulminante una battuta contro la frammentazione dei partiti: "Non ci sono oggi dodici opzioni politiche di centrosinistra, ma ci sono dodici segretari di partito del centrosinistra".

Parisi e l’Asinello. Il congresso è iniziato coi saluti, in video, di Schroeder, Blair e Jospin. E con quelli, dal vivo, del premier portoghese Guterrez, presidente dell’Internazionale socialista. Si è insomma fatto di tutto per dimostrare che il maggiore partito della sinistra italiana, dopo tanto isolamento, ha finalmente trovato casa nella sinistra riformista di tutto il resto del mondo. E da quella casa, ora, non vuole più uscire. Cosicché, l’appello di Arturo Parisi, capo dell’Asinello, che chiedeva ai Ds di sciogliersi per fare un partito unitario coi Democratici, si è inevitabilmente scontrato con la questione dell’adesione all’Internazionale socialista ed al Partito del Socialismo europeo.

Tutti ne hanno parlato, ma D’Alema è stato il più spassoso. Anzitutto ha spiegato che lui non è che ce l’avesse con l’Ulivo, ma "se fossimo usciti dall’esperienza del Pci per fondare una nuova anomalia italiana, avremmo fatto un errore". Poi ha ricordato che proprio i Ds sono quelli che, nell’Internazionale socialista, si battono per farla divenire la casa di tutti i riformisti, anche quelli di matrice non socialista: "Siamo stati noi a invitare a Firenze Clinton, insieme ai principali leaders socialisti europei. E loro ci sono venuti!".

Alla fine, teso l’arco, ha lanciato la freccia: "I processi politici sono processi storici e giungono a maturazione quando le cose sono mature, non quando un professore ha una trovata intelligente".

Bersaglio colpito. E Parisi ha pure ringraziato!