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Perché la sinistra va a destra?

Il primo enigma è perché mai Berlusconi raccolga, alle elezioni europee, molti più voti che nelle altre consultazioni. Infatti non è la prima volta che Forza Italia risulta essere il primo partito, era già successo ancora appunto alle precedenti europee, che lo premiarono addirittura con oltre il 30% dei suffragi. Oggi l’exploit è anzi più contenuto, di 5 punti in meno, ed il primato è stato conquistato in gran parte, se non del tutto, a spese del suo socio principale, Alleanza Nazionale.

Tuttavia la domanda resta. E’ una bella domanda, alla quale stento a trovare risposta soddisfacente. Si è detto che è dipeso dagli spot, dal dominio della videocrazia. Ma non è una spiegazione persuasiva. Gli spot Berlusconi li fa sempre, e ciò malgrado resta un divario di consensi fra le diverse elezioni che in ultima analisi deve dipendere dalla natura stessa della consultazione, più che da altro. Ma anche questa parziale verità non risolve il mistero.

Viene il sospetto che gli elettori per il Parlamento europeo, che è così lontano ed evanescente, almeno quella porzione di essi che solo in tali occasioni si fa sedurre dal cavaliere, percepiscano questo voto come meno gravido di conseguenze, perciò meno responsabile, più leggero, quasi ludico, un gioco.

Anche se fosse questa la spiegazione, resterebbe pur sempre da capire per quale motivo in una competizione con queste presunte caratteristiche, cioè con scarsi effetti pratici e quasi, per così dire, estetica, Berlusconi sia più attraente di altri. Forse colpisce il suo piglio gladiatorio, il suo invadente presenzialismo, il suo protagonismo teatrale. Appunto la sua spiccata attitudine allo spettacolo. E ritorniamo nella sfera dell’estetica: per un voto percepito come meno impegnativo e solo dimostrativo, quasi come se fosse un sondaggio pubblicitario al quale si risponde sulla base di sensazioni epidermiche ed effimere, hanno maggiore presa le qualità sceniche dei protagonisti, più che la sostanza del loro messaggio. il messaggio insomma è la modalità stessa con la quale si manifesta. Altra spiegazione non so darmi. Ma soprattutto non è questione grave, se non fosse accompagnata dalla questione del centrosinistra e da quella più specifica della sinistra.

Queste sono però questioni assai meno enigmatiche. E’ facile infatti capire perché sinistra e centrosinistra sono apparsi stagnanti, appena sufficienti se combiniamo le europee con le amministrative, insomma privi di urna vitale spinta propulsiva.

Già nel 1996, quando l’Ulivo e Bertinotti portarono Prodi a Palazzo Chigi, il sentimento dominante non era quello di un gioioso trionfo creativo, ma piuttosto la rilassante consolazione di uno scampato pericolo: avevamo evitato il peggio, la vittoria della destra, di quella destra!

Sono seguiti due anni di magra, tutti protesi ad entrare nell’Euro, afflitti da una cura da cavallo per ridurre il deficit del bilancio pubblico. Quello che pareva un miraggio è diventato realtà, entrare nell’Euro è stato un grande successo, ma raggiunto con uno sforzo tipicamente antikeynesiano, cioè con una linea che è la più lontana possibile da un modello di politica economica di sinistra, e tale che favorisce la disoccupazione piuttosto che combatterla.

E’ venuta poi la crisi di governo provocata dal gran rifiuto di Bertinotti e risoltasi con il soccorso di Cossiga, che benché abbia spostato a sinistra con D’Alema la guida del governo, non fu certo una iniezione di sangue rosso. Per completare il quadro, ci siamo trovati coinvolti nell’attacco della Nato a Milosevic, delle cui modalità tutto si può dire tranne che siano state coerenti con i principi e i valori della sinistra.

Perché meravigliarsi dunque se il popolo di sinistra non è aumentato, anzi in parte ha addirittura disertato?

Certo D’Alema è cresciuto nella considerazione di Clinton e anche nell’opinione moderata e di destra, ma ciò non ha portato ai Ds e nemmeno al centrosinistra un voto in più. Né ci consola constatare che eguale sorte è toccata a tutta la sinistra europea.

Semmai quest’ultimo fatto ci introduce ad esplorare un altro enigma. Ma perché mai le sinistre, quando vanno al governo, attuano una politica di destra? Per opportunismo o consapevole tradimento? Una tale risposta è ridicolmente faziosa e non convincente dinnanzi alla vastità e complessità del fenomeno. La ragione di esso risiede piuttosto nella duplice debolezza della sinistra, nella sua debolezza culturale e nella sua debolezza politica.

Non dispone di idee mature e trainanti per realistiche soluzioni di sinistra dei problemi esistenti. In Italia più che altrove è sfiancata da una frammentazione organizzativa che ne estenua le già scarse energie. Deve vincere la resistenza degli interessi conservatori e l’inerzia delle strutture materiali che si oppongono alle riforme ed è impacciata dalla vischiosità delle strutture culturali che ritarda la concentrazione delle sue forze.

Sono troppo pessimista? Si, ma è il pessimismo dell’intelletto: vedere come stanno realmente le cose è la condizione prima per poterle cambiare.