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Lo scandalo che non c’e

La scuola snobba il Filmfestival? Tutta colpa dei terroni!

Il 48° Filmfestival della Montagna, dal punto di vista organizzativo (delle opere proiettate parliamo diffusamente a pag. 48)è partito all’insegna della sfiga: "I nuovi avveniristici videoproiettori su cui si puntava per un’edizione super, ieri pomeriggio hanno piantato in asso gli organizzatori. Il risultato? Le opere in concorso all’Auditorium S. Chiara sono state trasformate in una sorta di papocchio dai colori totalmente sfalsati", con pubblico "annichilito" e registi imbufaliti.

Così l’Alto Adige del 1° maggio a proposito dell’avvio del festival. Ma il guaio che ha fatto più rumore capita due giorni più tardi, quando una matinée esclusivamente dedicata alle scuole, che prevedeva la proiezione di alcuni documentari e l’intervento dell’alpinista Cesare Maestri, va completamente deserta. Se il direttore del festival Toni Cembran misura le parole, parlando di episodio "spiacevole", altri van giù più duri.

Il fotografo Flavio Faganello non ha dubbi: "La sensibilità (per l’ambiente) è cambiata, si sta sgretolando"

Ma il più "amareggiato" è Cesare Maestri: "Ancora una volta la nostra scuola ci conferma il completo disinteresse per l’ambiente, che è la cosa più sacra che abbiamo. (...) E’ un fatto di una gravità inaudita... avvilente".

Accanto alle loro dichiarazioni, i giornali raccolgono anche quelle di alcuni presidi, che danno dell’accaduto una spiegazione non solo verosimile, ma assolutamente convincente per chi abbia una pur minima conoscenza della vita scolastica: gli inviti erano giunti tardi, troppo a ridosso dell’evento, per di più in prossimità del lungo ponte pasquale, e ad anno scolastico in via di conclusione, in un periodo dunque particolarmente fitto di impegni. Spiegazioni convincenti - dicevamo - ma che però hanno il grave difetto di sgonfiare il clamore della notizia; e così i giornali, pur riportandole, non ne tengono però conto nella titolazione: il 3 maggio, il titolo in prima pagina dei due quotidiani locali è identico: "La scuola snobba il Filmfestival", ribadito dai titoli in pagina interna: "Festival snobbato dalle scuole" (L’Adige) e "I ragazzi evitano il Filmfestival" (Alto Adige).

Con il che il caso è creato, e l’indomani c’è spazio per infinite dichiarazioni - spontanee o sollecitate, non sappiamo - tendenti a sgonfiare lo scandalo. Fra gli altri, l’assessora Berasi replica a Faganello (la sensibilità per l’ambiente è cresciuta, non diminuita), Nello Fava (dell’Iprase) critica Maestri e Cembran ("hanno usato termini poco appropriati e ingiustificati, tipici di chi non conosce la realtà della scuola"), e gli stessi giornalisti intervengono pesantemente parlando di "vistose lacune nella macchina organizzativa" e nel caso specifico di "incredibile leggerezza dell’ufficio del Festival" (G. Z.), e di colpe "di chi si è rivolto alla scuola pensando che essa fosse una realtà amebica, un contenitore che tutto può contenere e che tutto può dare, a seconda dei ghiribizzi del primo che passa".

L’intervento più centrato, a nostro parere, è quello dello scrittore Alessandro Tamburini: "Colpisce la sproporzione fra lo spazio che gli dedicano le cronache locali e la reale portata dell’accadimento (...) ...organizzatori pubblici e privati, spesso portati a utilizzare la scuola come serbatoio garantito di esseri umani capaci di riempire una platea, così da non far sentire troppo soli i relatori di incontri non sempre memorabili, di giustificare la loro presenza e i loro onorari". E comunque, "se a Rimini venisse organizzato un incontro sulle bellezze del mare, o ad Alba sul tartufo, o a Venezia sulle gondole, nessuno si stupirebbe della mancata partecipazione degli studenti, né credo se ne farebbe una questione etnica; e per le montagne non dovrebbe essere lo stesso? I trentini, giovani e vecchi, compresi studenti e insegnanti, le montagne le amano già".

In definitiva, una polemica poco sensata e decisamente banale, se a ravvivarla non fosse giunto l’on. Rolando Fontan, che con la consueta creatività leghista trova il modo di buttarla in politica, addebitando il fallimento dell’iniziativa ai soliti terroni comunisti: "Moltissimi insegnanti sono sempre pronti a partecipare a manifestazioni di chiaro stampo ‘sinistro’, ma evidentemente per la montagna e i suoi valori non vale la pena di investire una mattinata; la scuola trentina paga lo scotto di troppi docenti slegati dalla realtà in cui operano, vista la loro provenienza geografica".

Dal che si evince che il teatrino della politica, quando si mette in scena una farsa, può anche essere divertente.

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