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QT n. 4, 24 febbraio 2001 L’editoriale

Il rivoluzionario Gubert

L’estremista Gubert: le sue analisi da BR, le risposte fasulle. E l’immoralità nel proporre l’intolleranza.

Il senatore Renzo Gubert è un uomo onesto. Magari reazionario, ma onesto. Infatti dice quello che pensa, e ciò è bene, e pensa quello che dice, e ciò lascia invece piuttosto perplessi. A differenza di quasi tutti gli esponenti della destra, egli non si cura di mimetizzare le sue opinioni sugli immigrati extracomunitari sotto formule ambigue. Scrivo "quasi tutti" perché da quelle parti vi sono anche i Borghezio, i Boso, il sindaco di Treviso, che sono anche più espliciti di lui. Ma questi sono rozzi. Egli incastona le stesse idee in una intelaiatura di tesi esibite con lo smalto di una scienza così approssimativa quale è la sociologia.

Badate che non mi riferisco alla versione che del pensiero espresso da Gubert nel noto convegno di Borgo del 9 febbraio ci è stata fornita dai forse maligni cronisti locali. Di tale pensiero ci è stata tramandata un’interpretazione, presumo autorizzata, dall’on. Aldo Degaudenz (L’Adige, 13 febbraio) e ad essa mi attengo perché trovo corretto considerarla non benevola, ma solo fedelmente autentica.

Ebbene trovo in tale sintesi del pensiero gubertiano, precisamente nella premessa socio-economica del fenomeno della immigrazione, un frammento insospettato di marxismo-leninismo, addirittura nella versione aggiornata delle Brigate Rosse. Vi si leggono infatti questi brani, così sorprendenti che per renderli credibili devo citarli nella loro integrità letterale: "L’immigrazione è un fatto traumatico", e fin qui siamo nell’ovvio. "Il fenomeno migratorio è il risultato di una politica internazionale orientata a promuovere solo gli interessi delle multinazionali e del potere economico dei paesi ricchi… il mondo dell’economia deve cambiare le proprie strategie… deve creare le condizioni dello sviluppo in loco… la prospettiva, in tempi non brevi, è comunque quella di creare le condizioni per lo sviluppo delle economie locali, magari attraverso lo spostamento dei capitali".

Non esiste l’eco dei documenti delle Brigate Rosse, anche se è vero che queste usano un lessico diverso e manifestano un po’ più di urgenza? Credo che sia irrispettoso adombrare l’ipotesi che in questa coincidenza di analisi e di rimedi si possa ravvisare l’embrione di un rinascente catto-comunismo. E tuttavia la coincidenza è innegabile. Indicare nel prevalere degli interessi delle multinazionali la causa della miseria dei popoli poveri è una denuncia che si iscrive perfettamente nella tradizione marxiana. Auspicare il mutamento della strategia dell’economia capitalista mediante lo spostamento di capitali dove non rendono significa ripudiare la prima e forse l’unica regola dell’economia di mercato. Cosa succede, senatore Gubert?

E’ qui che sorgono le perplessità. Il prof. Gubert infatti è uno studioso e fa politica a tempo pieno. Milita in una coalizione che fa dell’economia di mercato il suo mito prioritario. Conosce la storia del colonialismo predatorio, sa che le politiche cosiddette di cooperazione con il Terzo Mondo sono state condotte in modo da produrre soltanto corruzione e profitti enormi per le imprese delle metropoli, gli è noto che prospera verso quei popoli il commercio di armi per alimentare le loro guerre tribali, che le grandi potenze, USA in primis, praticano la brutale sanzione dell’embargo, che le organizzazioni finanziarie del pianeta hanno sommerso l’umanità povera con una montagna di debiti. Ed allora è serio, è onesto prospettare come alternativa realistica all’immigrazione lo sviluppo delle economie dei paesi da dove essa proviene? Certo che sarebbe un’alternativa migliore, anche perché giusta. Ma è realistica, visto le cause che la ostacolano, che sono perfettamente note al senatore Gubert, il quale, fra l’altro, non fa assolutamente nulla per contrastarle?

Ed allora onestà vuole che si prenda atto che con l’immigrazione dovremo convivere abbastanza a lungo. E viste le cause che l’hanno determinata, dovremo anche, a guisa di un inadeguato ma doveroso risarcimento, rassegnarci a sopportare una dose, la minore possibile, di "prostituzione e delinquenza" che porta inevitabilmente con sé. Del resto anche questi sono vizi che hanno imparato da noi.

Ecco perché la linea, propugnata da Gubert e dalla destra, ispirata alla "tolleranza zero" verso i clandestini, è immorale e contraria ai principi cristiani.

Forse Gubert è onesto perché dice ciò che pensa, ma tale non è il suo pensiero.