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La partitocrazia dell’Ulivo: misfatti e reazione

Dopo la vittoria elettorale, il centro-sinistra sta dando il peggio di sé. Come reazione, si organizza e cresce il movimento di Costruire Comunità.

Emblematica dell’andazzo partitocratico la vicenda dell’Istituto Regionale di Studi e Ricerca Sociale (Irsrs). Una scuola che in questi anni ha svolto due compiti, formare educatori e assistenti sociali, e organizzare i corsi dell’Università della Terza Età. Compiti svolti bene, a quanto si è sempre unanimemente giudicato.

Ora probabilmente è necessaria una revisione dei compiti dell’Istituto, dal momento che la formazione degli educatori sociali è diventata una competenza universitaria. Su questa riorganizzazione si forma un blocco di interessi personali/partitocratici (anzi di corrente partitica). Coinvolte tre persone: l’assessore all’Istruzione Molinari (Dc-doc), che nomina nuovo presidente dell’Irsrs Paolo Cavagnoli (democristiano di lungo corso) per far entrare l’Istituto nell’area di influenza diretta del preside di Sociologia Antonio Scaglia (già segretario del Ppi; per altre sue gesta vedi, su questo numero, Droghe: a sociologia se ne può parlare?). L’operazione è giudicata di nessun spessore culturale in Università: dove la proposta del preside di istituire il nuovo corso di laurea viene sonoramente bocciata (voti: 4 a favore, 14 contrari, 12 astenuti). In compenso però Cavagnoli, per poter meglio spadroneggiare nell’istituto, inizia una guerra contro l’attuale direttore, Giampiero Girardi, e contro il consiglio di amministrazione, reo di non capire la necessità di questi sconquassi, e di appoggiare Girardi. (vedi Tutto sbagliato, tutto da rifare?) Risultato: l’istituto è terremotato, Cavagnoli cerca di licenziare Girardi, la maggioranza dei membri del cda si dimette. Arriva l’assessore Molinari che riconferma piena fiducia a Cavagnoli: avanti con la guerra, dell’istituto non ce ne frega niente, bisogna conquistare le poltrone.

Potremmo raccontare altri episodi: la spartizione delle seggiole della Trento-Malè; l’imprenditore Chini che afferma che è meglio lavorare in Croazia, "dove si ha a che fare con le pistole" che in Trentino, "dove si ha a che fare con la burocrazia" e l’unico che gli risponde è il consigliere Taverna di An ("se Chini ha fatti specifici da documentare lo faccia, che si vedrà di intervenire; ma in linea generale si ricordi che le regole servono a preservare territorio e interessi di tutti") nessun altro, nemmeno il presidente Dellai (di cui Chini è uno dei sostenitori e finanziatori) per quanto pubblicamente sollecitato dallo stesso Taverna; la vicenda di Informatica Trentina, di cui parliamo a pag. 26.

In conclusione: il governo di centro-sinistra, vinte le elezioni, si sente autorizzato a dare il peggio di sé. Ma al suo interno tutti fanno finta di niente (i Ds sono letteralmente scomparsi, al massimo discutono di Ulivo) e cercano – e trovano – un alibi nel (peraltro vergognoso) ostruzionismo del centro-destra. Insomma, ancora una volta l’inconsistenza politica di un polo (si arriva addirittura a candidare il pregiudicato Malossini come anti-Dellai nel 2003!) è la foglia di fico per coprire le vergogne dell’altro.

E’ anche come reazione a questa deriva che ha ripreso il suo percorso il movimento di Costruire Comunità. Dopo un periodo di volontaria eclissi (per non interferire con il momento elettorale) non era scontato che un movimento, nuovo, non organizzato, potesse riprendere un’attività peraltro appena abbozzata. C’era infatti una certa ansietà tra i suoi promotori (Vincenzo Passerini, consigliere provinciale della Rete, e Walter Micheli, già vicepresidente della Giunta provinciale) che avevano indetto un’assemblea post-elettorale dal successo non scontato. E invece l’afflusso di persone, l’interesse, la voglia di partecipare, è stata del tutto confortante.

Il tema dell’assemblea è stato chiaro: come superare l’autoreferenzialità dei partiti, come legare cultura e politica. Come portare la politica dal giochetto del potere al progetto della società.

"La soluzione non può essere fare un altro partito" ha affermato con chiarezza Passerini "La soluzione sarà fare cultura politica, incalzare i partiti con i progetti e con le denunce."

Questa priorità dei contenuti si è subito concretizzata con la divisione dell’assemblea in sei gruppi di lavoro, che hanno elaborato altrettante bozze di documenti. Alcune delle quali molto interessanti: come quella sulla "democrazia come partecipazione di molti e non come decisioni di pochi" sull’attuale crisi della cittadinanza, dai Comuni agli Usi civici; o quella su "povertà, soggetti deboli e riforma dello stato sociale"; o sul "futuro della comunità regionale" (i documenti sono consultabili sul sito Società Aperta).

Un unico limite. Però vistoso. L’assenza dell’economia; o meglio, la visione negativa dell’economia, lo "sviluppo sostenibile" (questo il titolo di uno dei gruppi di lavoro) concepito non come capacità di assegnare nuovi indirizzi alla produzione, ma come momento di resistenza, di freno a attività che comunque sono viste come negative. E’ questo un concetto da forza minoritaria, residuale (gli altri producono, governano, noi protestiamo). Se Costruire comunità vuole andare avanti, e non essere – come la partitocrazia auspica – marginale testimonianza, dovrà confrontarsi in altra maniera con questo nodo.