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QT n. 18, 27 ottobre 2001 Servizi

Crimine? Quale crimine?

Preoccupati ma non ansiosi, i Trentini sono ancora in un’isola felice. E probabilmente lo sanno.

Bassa criminalità, assenza di malavita organizzata e una sostanziale fiducia nelle istituzioni. Un po’ di apprensione rispetto alla possibilità di trovare i ladri in casa, ma ancora non è certo una psicosi, è molto maggiore l’ansia per la salute.

A leggere i dati, ci si accorge che la criminalità è vista come un pericolo prospettivo, ma che non incide sulla vita quotidiana. In estrema sintesi, si conferma che il Trentino è ancora un’isola felice, nella quale il territorio è presidiato dalle varie forme di associazionismo e nel quale le istituzioni fanno la loro parte nel prevenire e nell’arginare il fenomeno della devianza.

Queste le conclusioni del "Terzo rapporto sulla sicurezza nel Trentino 2000/2001", licenziato dal gruppo di ricerca Transcrime, diretto dal prof Ernesto Savona dell’Università di Trento e presentato lunedì 22 ottobre nelle aule della facoltà di Economia.

I dati grezzi, ovvero i reati che subiscono i trentini, sono confortanti. Il numero complessivo dei crimini è grossomodo costante: presenta infatti un andamento oscillatorio assolutamente simile all’andamento nazionale. Ma con una rilevante differenza: che in Trentino i reati sono in misura percentuale - relativamente alla popolazione - di molto inferiori, cioè poco più della metà rispetto al dato nazionale. Ed inoltre in Trentino c’è una cultura della denuncia che altrove non esiste: così si può leggere il dato sulla violenza sessuale, che è simile al resto d’Italia, anzi, leggermente superiore, proprio per la minore omertà che circonda gli atti di violenza.

Sono in leggero aumento i reati legati al traffico di stupefacenti, ma la ragione potrebbe anche essere dovuta ad una diversa procedura adottata dalla Procura trentina rispetto al resto dell’Italia, che tende a verbalizzare per ragioni investigative anche situazioni legate al consumo di stupefacenti (anche se non è reato), cosa che non avviene nel resto d’Italia. Aumentano invece le lesioni volontarie, ovvero si fa più a botte, ed è un dato di non facile lettura.

Ma allora come spiegare l’allarme ordine pubblico? Sappiamo che questa è una preoccupazione dei cittadini ed un tema che appare su ogni agenda politica. Il dato nazionale mostra che la delinquenza comune preoccupava il 25% degli italiani nel 1997, il 37% nel 2000, cioè solo tre anni dopo.

E i trentini? I trentini preoccupati sono il 33%, un dato molto simile (il questionario trentino non permetteva risposte multiple).

Dai dati si possono evidenziare tre fattori diversi nell’atteggiamento dei cittadini. Il primo consiste nella stima individuale della condizione del crimine, il secondo aspetto è la preoccupazione che si ha nei confronti del fenomeno, il terzo quanto questo influenzi sentimenti quali l’ansia e il timore del futuro. In questo senso si può osservare che la percezione del fenomeno preoccupa quanto più questo è lontano dalla quotidianità.

L’88% ritiene - erroneamente - che il fenomeno sia in aumento in Italia, percentuale che scende al 58% di chi lo ritiene in aumento nel Trentino, ma solo il 23% lo ritiene in aumento nella propria zona. Le preoccupazioni dei trentini sono in maggior parte legate alla criminalità (33%), all’inquinamento (30%), ad alcool e droga (18%) e via di seguito. Però solo per l’8% dei trentini la proccupazione diventa ansia: molta più ansia la dà la salute (42%). Ed infine, sebbene l’83% per cento sia a conoscenza di reati avvenuti nella propria zona di residenza, l’85% si sente almeno abbastanza sicuro a camminare nella zona in cui abita. Si tratta quindi di un timore lontano dall’influenzare gli stili di vita: il 71% ha almeno abbastanza fiducia nella capacità delle forze dell’ordine di contrastare il fenomeno.

Il ruolo dell’immigrazione è senza dubbio uno dei fattori che suscita una certa apprensione riguardo al crimine, e in tal senso va rilevato che la popolazione carceraria vede crescere il numero assoluto ed anche percentuale di stranieri immigrati che entrano nelle carceri italiane: attualmente sono il 33%, contro il 16% di dieci anni fa. I reati più frequenti sono il furto e lo spaccio, meno frequenti reati contro la persona. Si tratta di immigrati clandestini, ed è una necessaria precisazione, perché gli immigrati regolari sono tra i cittadini più virtuosi. Il clandestino è più facilmente vittima della malavita organizzata, anche del proprio paese di origine. Ovviamente il dato dovrebbe fare riflettere per potere articolare delle politiche efficaci di prevenzione, ma ciò che più colpisce è che, purtroppo, le due paure più in crescita negli italiani, delinquenza ed immigrazione clandestina, sono razionalmente giustificate da questi dati reali.

Molto spesso, analizzando queste paure, si tende a cercare spiegazioni basate sulla storia passata del fenomeno, e quindi si osserva come vi sia stato un aumento del totale dei crimini. Secondo alcuni ne consegue che l’allarmismo è ingiustificato ed è dovuto alla stampa, che enfatizzerebbe oltre misura i fatti delittuosi. Ma se osserviamo i dati sulla delinquenza, potremmo azzardarci in una spiegazione poco "politically correct", ma che almeno ha il pregio di ipotizzare la razionalità dei cittadini. Infatti sembra un po’ strano che, dopo tante generazioni ormai cresciute immerse nei media, i cittadini siano così facilmente manipolabili ed influenzabili nelle loro paure. Personalmente, ricordo una ricerca di fine anni ‘70 nella quale, con grande sorpresa dei ricercatori, la popolazione era molto poco preoccupata del terrorismo, pur con le Brigate Rosse in piena attività e con quotidiani titoli in prima pagina, mentre lo era molto di più della disoccupazione, fenomeno costante, meno eclatante e molto più vissuto. Così se osserviamo oggi il dato sulla presenza nelle carceri e sulla percezione dell’aumento della delinquenza, i cittadini interpretano correttamente e con maturità la realtà in cui vivono.

Si sa che l’immigrazione è una risorsa per l’economia (e nel Nord-Est lo si è convinti più che nel resto dell’Italia), ma anche che la clandestinità, in qualche modo inevitabile, comporta un aumento dei reati che a quanto pare, sono compiuti in percentuali crescenti da parte di immigrati e decrescenti da italiani. Questo comunque non impedisce di sentirsi sicuri la sera e di proseguire la vita di tutti i giorni.