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Gli orchi della Rete

Pedofilia e Internet.

Stefano Caneppele

Antica quanto il mondo, odiosa quanto sommersa in un sottobosco di ricatti, vergogne e sensi di colpa che, prima del corpo, violano la psiche del bambino che ne è vittima: la pedofilia è uno dei tanti fenomeni criminali che ha usato lo strumento Internet per consolidarsi, ramificarsi, differenziarsi, costruire nuove trame e nuovi traffici internazionali. E’ un fenomeno complesso e diversificato, perché differenti sono i profili degli autori e diverse le caratteristiche delle vittime. E’ un comportamento verso cui l’opinione pubblica, sempre più attenta alla tutela del minore, dimostra una costante sensibilità.

A tutt’oggi, nell’immaginario collettivo, lo stereotipo del pedofilo corrisponde al classico individuo avviluppato nell’impermeabile che si aggira nei pressi delle scuole elementari (e più di recente al "mostro" di Internet), sostanzialmente estraneo alla sfera famigliare, affettiva e relazionale della vittima. Tale stereotipo, probabilmente funzionale al mantenimento di una matrice culturale e sociale stabile e quindi in un certo modo tranquillizzante, è stato drammaticamente smentito, oltre che da ricerche scientifiche, anche da numerosi ed eclatanti fatti di cronaca recente, che hanno rivelato come il pedofilo possa essere, viceversa (spesso in prevalenza), una persona qualunque, di qualsiasi livello socioeconomico e sovente appartenente allo stesso nucleo familiare, ristretto o allargato, della vittima. Insomma, la pedofilia "sul campo" è tutt’ora esistente e ben lungi dall’estinzione.

Non per questo, tuttavia, bisogna sottovalutare la pedofilia "in rete" che, proprio per la sua esponenziale crescita e capacità di diffusione, è diventata oggetto privilegiato di legislazione in ambito comunitario e internazionale.

Sono principalmente due le forme attraverso le quali possono essere perpetrate condotte pedofile in Internet. La prima è quella della molestia e dell’adescamento del minore (è considerato tale l’infradiciottenne) nelle chat room, virtuali luoghi di incontro. La seconda è quella dello scambio o vendita di materiale pedopornografico in rete. Su quest’ultima si sono in particolare concentrate le preoccupazioni del legislatore comunitario, promotore dal 1997 di una serie di azioni di contrasto contro il possesso e lo scambio di materiale pedopornografico in rete, culminate nella presentazione di una proposta di Decisione Quadro agli inizi del 2001, attualmente oggetto di dibattito tra gli Stati membri dell’Unione.

Quello che preme sottolineare è come la presenza di immagini pedopornografiche in un ambito transnazionale e globale quale è Internet, abbia ampliato la platea dei potenziali "consumatori", consentendo la visione di questo tipo di materiale a soggetti che solo impropriamente possono essere definiti pedofili e che icasticamente potremmo definire "orchi virtuali". Persone che non presentano e non pongono in essere nella vita reale alcuna condotta di matrice pedofila ma che, attratti dall’esotico e dal senso del proibito, alimentano più o meno incosciamente la domanda di un mercato che sta conoscendo il passaggio da una forma artigianale e primitiva, fondata eminentemente sul baratto all’interno della comunità dei pedofili, ad una forma più affinata e strutturata, destinata ad essere gestita in primo luogo da organizzazioni criminali operanti presumibilmente nelle aree elette a paradiso del turismo sessuale (Centro e Sud America, Sud-est asiatico) come anche nella vecchia Europa.

Fino a quattro o cinque anni fa il materiale circolante in rete era formato soprattutto da vecchie immagini digitalizzate da riviste (soprattutto giapponesi) o da fotografie già in possesso del pedofilo. Nell’ultimo periodo la situazione sta cambiando, muovendosi nella direzione della produzione di materiale "fresco", facilitata anche dalle nuove tecnologie digitali (ad esempio, macchine fotografiche digitali) in grado di consentire in proprio la realizzazione di immagini pornografiche senza il ricorso a esterni.

Non esistono stime attendibili sul quantitativo di immagini circolanti in rete, né sul numero dei loro fruitori, né sull’effettivo tasso di transnazionalità raggiunto dal fenomeno. Per rendere l’idea, è comunque opportuno citare un esempio. Nel ’98, durante l’operazione denominata "Cathedral" coordinata dalla polizia di Scotland Yard, vennero sequestrate più di 100.000 immagini pornografiche di minori, anche in tenerissima età, e furono arrestati circa 100 sospettati in dodici diversi paesi, tra cui anche l’Italia.

Sono molteplici le attività di contrasto avviate per arginare il fenomeno. Tra queste: la creazione di Hotlines, organizzazioni che interagiscono tra utenti e agenzie investigative segnalando i siti sospetti, l’attivazione di campagne di sensibilizzazione, l’impiego di sofisticate tecnologie in grado di filtrare le immagini proibite, l’istituzione di unità investigative specializzate in ogni Paese dell’Unione europea e di una più efficiente cooperazione internazionale, la creazione di codici di condotta da parte degli ISPs (i fornitori di servizi Internet) ed ovviamente la criminalizzazione, anche con pene detentive, di chi possiede materiale pedopornografico o lo scambia in rete. Nel codice penale italiano, novellato con la Legge 3 agosto ’98 n. 269, si varia da una pena minima prevista per la semplice detenzione (reclusione fino a 3 anni o multa non inferiore a tre milioni di lire, art. 600-quater), ad una pena massima prevista per chi commercia il materiale vietato traendone guadagno: reclusione da 6 ai 12 anni e multa da cinquanta e cinquecento milioni di lire (art. 600-ter).

Sulla scorta degli scenari sopra tracciati un’avvertenza è d’obbligo, al fine di scongiurare un equivoco assai ricorrente: la criminalizzazione degli attori non può inficiare, con negativi giudizi di valore, la neutralità che accomuna Internet ad ogni altro strumento tecnologico.

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