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QT n. 18, 25 ottobre 2003 Servizi

Il sondaggio visto dall’Università

Il dott. Ivano Bison, docente a Sociologia, è fra gli autori della ricerca di cui parliamo nell'articolo All’università per passione o per interesse?, ottenuta anch’essa intervistando gli universitari trentini, sulla didattica all’ateneo di Trento, ma anche sul rendimento degli universitari: si interseca quindi con la nostra, con gli stessi studenti che lì parlano dei loro studi universitari, a noi degli studi alle superiori alla luce dell’esperienza successiva. E’ quindi logico confrontare le due ricerche (tenendo presenti le differenze metodologiche, dovute anche al diverso budget: l’Università ha intervistato telefonicamente tutti gli studenti al primo anno dei nuovi corsi di studi triennali introdotti con la riforma universitaria, noi abbiamo distribuito e raccolto 400 questionari).

Ivano Bisson.

"Ci sono dei punti della vostra interessante ricerca che vorrei precisare - ci dice il prof. Bison - Il primo è la ‘promozione’ della scuola superiore, che risulta evidente dai vostri dati; dati che però riguardano una porzione di studenti delle superiori, e quella più motivata allo studio. Infatti dei diplomati (trentini), solo il 60-65% approda all’università; e di questi solo il 72% ha una frequenza regolare. La vostra ricerca, effettuata tra questi ultimi, di fatto è rivolta agli studenti che hanno deciso di proseguire gli studi, e poi di frequentare: e presumibilmente sono gli studenti migliori..."

L’oggetto della ricerca è la valutazione degli universitari sulla propria preparazione (forse sarebbe opportuna una seconda ricerca sulle valutazioni dei giovani passati dal diploma al lavoro). E su questo punto Bison invita "alla cautela nella interpretazioni delle risposte date alle autovalutazioni degli studenti. Anche alla luce della nostra esperienza didattica che in alcuni punti non collima con i risultati del sondaggio. Registriamo infatti carenze vistose proprio in alcuni strumenti di base che dovrebbero essere forniti dalla scuola superiore".

A questo punto forniamo a Bison i nostri dati disaggregati per istituti, in cui queste carenze risultano evidenziate dalla valutazione degli studenti stessi. Ad esempio, gli studenti del classico se al 100% affermano di avere una padronanza buona o discreta della lingua italiana, contemporaneamente il 72,5% dichiara però di avere insufficienti conoscenze informatiche…

"Sono cioè dei moderni analfabeti… - commenta Bison.

E così il 26,7% degli istituti tecnici dichiara solo sufficiente o addirittura insufficiente la facilità e correttezza della propria scrittura; o il 55,3% dei geometri valuta insufficiente la conoscenza delle lingue.

"Questi dati collimano con la nostra esperienza. Proprio chi viene dagli istituti tecnici ha più difficoltà di rendimento a conseguire la laurea e a sostenere gli esami. Come mai? E’ il metodo di studio che è vistosamente carente, come del resto il vostro sondaggio sottolinea. Il liceale può non avere competenze specifiche, ma ha un metodo per imparare; chi viene dall’Iti invece manca di metodo. E questo riguarda anche le capacità logiche: al liceo apprendi per imparare ad apprendere, all’istituto tecnico apprendi per fare".

Ma allora va forse fatta una riflessione sull’ultimissima riforma della superiore, quella della Moratti, con una scelta precoce tra un percorso solo professionalizzante e un altro che porta all’università.

"Si torna alla metà degli anni ’60: la scuola professionale che non permette l’accesso all’Università. Quanto più questi corsi si caratterizzano come tecnicità, tanto più sforneranno giovani inadatti all’Università, ed anche poco flessibili per il mercato, a cui faticheranno ad adeguarsi perché incapaci di aggiornare o riciclare la propria professionalità. Naturalmente a queste scuole si iscriveranno i figli degli operai: con questa nuova organizzazione didattica aumenteranno le diseguaglianze di fronte all’educazione".

Dal sondaggio emerge una richiesta di completezza di preparazione culturale? Che ne pensa?

"Ho qualche perplessità. Gli esami in generale si fanno perché ci si deve laureare; spesso si studia da pagina tale a pagina talaltra, e basta. Vuoi perché ci sono carichi di lavoro e tempi pressanti, vuoi perché manca l’interesse, comunque l’approfondimento è semmai demandato alla tesi".

Dalle nostre risposte sembra emergere un desiderio di ampiezza della cultura più che di approfondimento: l’ingegnere vuole studiare storia, lo studente di lettere vorrebbe aver studiato più matematica…

"Nell’impatto con l’università, gli studenti si rendono conto delle proprie carenze, sia come strumenti di base, sia come orizzonte culturale".