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QT n. 12, 12 giugno 2004 Servizi

Elezioni europee: candidati, domande e risposte n.2

A colloquio con La Valle (Rifondazione), Tarolli (Udc), Chiesa (Lista Di Pietro-Occhetto) e Boso (Lega).

Questotrentino esce in edicola il primo giorno delle votazioni per il parlamento europeo. Il nostro servizio quindi si ripropone di fornire spunti per il dibattito sul tema Europa, più che per la scelta dell’elettore. Abbiamo quindi riproposto (come peraltro nel numero scorso) quattro temi ad alcuni significativi candidati: Raniero La Valle (per Rifondazione Comunista), giornalista, cattolico conciliare dai tempi di Giovanni XXIII, già direttore del Popolo e de L’avvenire d’Italia, senatore della sinistra indipendente, e noto ai nostri lettori in quanto autore di articoli da noi ripresi nella rubrica Le Voci dell’Italietta; Giulietto Chiesa (Lista Di Pietro-Occhetto), per vent’anni corrispondente da Mosca per L’Unità e per La Stampae collaboratore di numerose riviste italiane e russe; Ivo Tarolli, di Castel Condino, funzionario della Provincia e deputato in questa legislatura per l’Udc. A parte, in quanto fuori – e parecchio – dal coro, abbiamo intervistato un candidato esplicitamente euroscettico, Erminio Boso, di Castel Tesino, già noto alle cronache non solo locali come esuberante parlamentare, e poi come consigliere regionale, della Lega Nord.

Con gli stessi candidati affrontiamo in altra sezione del giornale (Dalla gomma al ferro, dalle chiacchiere ai fatti) una questione specifica, su cui chiediamo impegni precisi: il trasporto ferro-gomma e la tariffazione dell’Autobrennero.

Quale politica per l’Unione Europea? La moneta unica, l’inesistenza di una vera politica economica comune, e più di recente l’allargamento a 25 paesi pone nuovi problemi di governo dell’Unione. E’ realistico pensare, attraverso la Costituzione europea in via di adozione, di poter arrivare a un vero governo europeo, con decisioni a maggioranza?

La Valle: L’Europa deve continuare a sviluppare una politica economica comune, cosa nella quale peraltro è già andata molto avanti. Anzi, finora non ha fatto quasi altro che questo, secondo quello che è stato del resto il suo impulso di origine. Ma se resta solo questo, l’Europa non sarà che un sistema economico, che è poi quello capitalistico di mercato, divenuto ordinamento e regime. E’ tempo invece che l’Europa giunga ad esistenza politica, che cioè diventi una vera comunità politica, nella quale i popoli europei sempre più si sentano solidali nella condivisione di valori comuni e nella promozione della universalità dei diritti. Non dovrebbe più accadere che una parte dell’Europa sostenga una guerra oltremare, contro la volontà e i sentimenti di un’altra parte. Ma non si tratta di avere un ministro degli esteri o una politica estera votata a maggioranza; si tratta del fatto che l’Europa decida che cosa vuol essere, esprima una sua identità, e perciò faccia tutta insieme delle scelte supreme come quella del ripudio della guerra e di una politica di accoglienza e di apertura verso tutti i popoli del mondo. Un’Europa che si chiuda a riccio, che si senta come una fortezza assediata, che si metta a competere con gli Stati Uniti in una politica di potenza o in una politica di euro contro dollaro, non sarebbe che la brutta copia degli Stati Uniti, sarebbe destinata alla sconfitta e non avrebbe alcun significato per il mondo, oltre a diventare un posto pericoloso e sgradevole da viverci per gli stessi cittadini europei. In questo senso l’Unione Europea, e tanto più quanto più si allarga la sua estensione geografica, ha bisogno di una vera Costituzione, fatta di norme fondamentali superiori alle norme dei singoli Stati, dove siano stabiliti i supremi principi, diritti e libertà della società europea, in armonia con i diritti e le libertà di tutti gli esseri umani e di tutti i popoli. Quella che è oggi proposta, non è in realtà una Costituzione, è piuttosto un Testo Unico di tutte le normative e i regolamenti già vigenti, e un compendio di tutti i Trattati siglati fin qui. Penso che il nuovo Parlamento europeo, come vera espressione dei popoli europei, debba farsi soggetto costituente, per fare una vera Costituzione che esprima quella che Prodi chiama la ‘vision’ dell’Europa, che vuol dire anche il suo compito e la sua missione nel mondo. Un’Europa che abbia un’idea per il mondo, che la esprima in una politica, che riesca a correggere le attuali politiche mondiali tendenti a perpetuare le grandi esclusioni perpetrate dal mercato globale e a governarle con la guerra perpetua, sarebbe la grande novità della nostra epoca, riaprirebbe i cuori alla speranza e restituirebbe ai giovani il futuro. Insomma bisogna alzare il tiro, riportare l’Europa all’altezza delle grandi ambizioni che ispirarono i suoi fondatori, che pensavano a un nuovo ordine mondiale fondato sulla giustizia e sul diritto. Se questo riuscirà ad essere l’Europa, avrà anche il governo di cui ha bisogno.

Tarolli: Gli europei sono chiamati a far fare un salto di qualità all’Unione: dall’Europa delle convenienze spicciole dei singoli stati ad un’entità che ognuno senta come casa propria. In questo contesto è ovvio che le decisioni vengano prese a maggioranza. Più che essere un obiettivo realistico è un percorso obbligato, perché si deve uscire dall’attuale infantilismo politico per cui si criticano gli Stati Uniti ma, non avendo una politica estera comune, li si invoca, come nel caso della ex-Yugoslavia. Quanto all’accusa di ‘euroscettiscismo’ che alcuni ci rivolgono, è una tesi smentita dai fatti, dalla nostra politica estera. Poi, chiaramente, noi pensiamo a un’Europa che non soggiacia alla burocrazia di Bruxelles.

Chiesa: Un’approvazione della Costituzione non sarà facile: le posizioni sono molto distanti, bisognerà lavorare molto perché ci si arrivi. Io mi batterò, se eletto, per aumentare i poteri del Parlamento europeo, in modo che il governo europeo ne sia espressione, e non espressione dei governi degli stati. Poi c’è il problema di alcuni assi portanti della Costituzione, che a mio parere vanno modificati. Mi riferisco all’impostazione neo-liberista: per rispondere ai problemi della globalizzazione urge uno sviluppo sostenibile, un altro sviluppo sarebbe un suicidio collettivo: basti pensare all’ambiente e ai rapporti con il resto del mondo.

Sono previsti ulteriori allargamenti: è pensabile continuare in questo processo, o è meglio consolidare le istituzioni comuni, le economie degli attuali 25 paesi?
La Valle: I Paesi europei hanno diritto di far parte dell’Unione Europea. Se matureranno altre possibilità di adesione, non si dovranno porre ostacoli fondati sulla difesa dei privilegi di quanti già sono inclusi; sono le istituzioni che devono adeguarsi, non i popoli che devono essere discriminati. Tuttavia dovrà essere garantito che i nuovi Paesi membri facciano propri gli ideali e i diritti posti alla base dell’Unione. Non si tratta di essere migliori o peggiori, si tratta di accettare le norme fondamentali comuni. Per fare un esempio paradossale, secondo l’attuale progetto di Costituzione europea gli Stati Uniti, se fossero in Europa, non potrebbero entrare nell’Unione, perché nella loro legislazione hanno la pena di morte. Tanto meno potranno entrare Paesi che hanno sistemi carcerari inumani o praticano la tortura.

Tarolli: Fino ad ora si è promossa la politica dell’allargamento. Trichet (attuale presidente della Banca europea, n.d.r.) mi diceva: "Come possiamo dimenticare i paesi del Mediterraneo?" Penso che con questi paesi dovremo instaurare dei rapporti particolari, che siano cosa diversa dall’adesione. Poi ci sono altri stati dentro l’Europa storica (Romania, Bulgaria) che hanno avviato la procedura per l’adesione. Ed altri - la Turchia e, su un altro piano, la Russia - per i quali il discorso si pone su un periodo decisamente più lungo.

Chiesa: Un ulteriore, importante allargamento è assolutamente da prevedere: mi riferisco alla Russia, che è parte integrante dell’Europa, e senza la Russia l’Europa non è tale. Mi rendo conto che è un passaggio che richiede un grande sforzo, ma è una tappa fondamentale. Altrimenti rischiamo di rimandare a data indefinita il problema della stessa definizione dell’Europa e della sua cultura.

Sulla guerra in Iraq si è avuta una frattura tra Europa e America; e all’interno della stessa Europa. Queste fratture potranno essere superate? E quale dovrà essere il rapporto tra UE ed Usa?

La Valle: La guerra in Iraq è stata, secondo il diritto internazionale, un’aggressione seguita da una invasione e dall’occupazione militare di uno Stato sovrano. La frattura tra una parte dell’Europa e gli Stati Uniti è avvenuta su questo. Lo stesso Bush sembra ora voler riparare questa frattura. Il modo di farlo è naturalmente quello di rimuovere la causa che l’ha provocata, ponendo termine all’occupazione e ristabilendo la legalità internazionale. I rapporti con gli Stati Uniti dovranno pertanto tornare ad essere normali. Nella normalità dei rapporti c’è anche la possibilità che gli Stati Uniti abbiano una visione dei rapporti mondiali e dei loro interessi, e che l’Europa ne abbia un’altra. Ciò che io spero è che l’Europa riesca a esprimere una visione più alta, interpretando il meglio della tradizione dell’Occidente, e quindi anche degli Stati Uniti, e ne ottenga il consenso nel loro stesso interesse.

Tarolli: L’America ha promosso questa iniziativa (la guerra, n.d.r.) con la sola Inghilterra. Iniziativa che ha provocato non poche reazioni e portato ad una situazione di impasse, per uscire dalla quale si sta lavorando ora all’Onu. L’esperienza ci ha dimostrato come l’Europa divisa rasenti l’irrilevanza politica. In questo quadro la Francia sta cercando di uscire dalla posizione in sui si era ficcata; e l’Italia ha lavorato per una soluzione che aiutasse a superare le divisioni.

Veramente noi non vediamo una Francia nell’angolo, ma piuttosto un Bush costretto ad andare a Canossa, buttare a mare l’unilateralismo e riscoprire l’Onu e la Francia prima sbeffeggiati. In quanto a Berlusconi, mi permetta di dubitare del suo ruolo: prima in Parlamento dichiara che non c’è bisogno di alcuna nuova risoluzione Onu, e dieci giorno dopo, quando Bush cambia linea, si adegua.

Tarolli: Non è una lettura corretta: bisogna tenere conto dell’evolversi della situazione, del lavoro diplomatico intercorso, della forza morale degli appelli del Papa.

Chiesa: In questa fase storica gli interessi dell’Europa e dell’America divergono. Occorre prenderne atto, non per approfondire le divergenze, ma per definirle. Da una parte gli Usa pretendono di stabilire a modo loro le regole del mondo; dall’altra l’Europa, che non è armata e non si deve armare, deve invece esercitare un’azione diplomatica, di cooperazione economica verso il resto del mondo, con la Cina, l’Africa, il Sud America, per riequilibrare sviluppo e ricchezza nel pianeta. Questo ruolo gli Usa non vogliono né sono capaci di coprirlo.
Come si potrà affermare una specificità delle regioni alpine dentro l’Unione? Su problemi come l’ambiente, l’agricoltura di montagna, e soprattutto il governo degli assi di traffico come il Brennero, non c’è coincidenza di interessi tra le aree alpine e le pianure. Come dovrà collocarsi il Trentino? Essere risucchiato come appendice del Veneto (vedi PiRuBi...) o essere parte, con Bolzano e Innsbruck (almeno), di una regione alpina (istituzionalizzata o meno) che coerentemente governi il proprio particolare territorio?(vedi articolo Innsbruck chiama Trento)

La Valle: In ogni ordinamento politico, in cui si riconosce una comunità di cittadini, c’è diversità di interessi. Ciò è del tutto fisiologico. Compito della comunità politica, proprio per il suo carattere di universalità, è di permettere che i diversi interessi siano composti attraverso mediazioni che devono cercare di realizzare il massimo bene comune possibile, nella prevalenza degli interessi generali e nel rispetto di quelli particolari. Non mi pare affatto impossibile che questo avvenga anche per il Trentino, senza che esso debba essere risucchiato né da una parte nè dall’altra, ma semplicemente facendo valere le proprie esigenze contemperandole con quelle altrui. Un buon governo è governo della molteplicità, lasciandola sussistere come tale, senza schiacchiare una parte sull’altra; e credo che l’Europa, se dovrà essere quel soggetto politico nuovo e innovativo di cui abbiamo detto, potrà esercitare questo buon governo. In ogni caso il senso dell’Unità europea è proprio quello di farci dimenticare i confini; perciò le scelte che il Trentino vorrà fare sui temi indicati nella domanda potranno obbedire a molti criteri, ma non certo a quello dei confini.

Tarolli: Fra il Trentino e le pianure non c’è coincidenza di interessi. Lo abbiamo visto in campo agricolo, dove la Commissione ha predisposto documenti ritagliati sulle esigenze delle grandi pianure, e disastrosi per l’agricoltura di montagna. Di qui la necessità - che non è campanilismo - della presenza di trentini nel Parlamento europeo. Anche per tessere alleanze, questi sono problemi che si risolvono congiuntamente, almeno con Bolzano: smettiamola di fare i bambini e dire che possiamo fare da soli.

Più in generale: il voto all’Udc può esprimere, nell’ambito del centro-destra, un parere critico sulla Casa delle Libertà in merito alle problematiche sociali, alla cooperazione internazionale, alla solidarietà.

Chiesa: Non mi sono noti i dettagli del dibattito su questo tema. Se verrò eletto li studierò, per ora posso esporre i principi generali cui intendo attenermi, che sono i seguenti: queste questioni, e tra esse quelle delle grandi linee di traffico, vanno affrontate in un’ottica razionale e solidale, per armonizzare interessi locali e generali.

La prima discriminante è comunque il rispetto dell’ambiente: non si devono prendere decisioni che modifichino gli equilibri naturali; e la seconda è il coinvolgimento delle popolazioni interessate