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Immigrati: i luoghi della partecipazione

L’interesse e il dibattito intorno alla presenza di lavoratori e cittadini immigrati sono stati sempre caratterizzati dalla ricerca di forme istituzionali e politiche di rappresentanza. Tale ricerca si è espressa secondo modalità diverse che hanno conosciuto sorti alterne, ma fondamentalmente accomunate da scarsa capacità di incidere sui percorsi migratori, e tanto meno sulle dinamiche sociopolitiche e culturali di un territorio.

Adel Jabbar è sociologo dei processi migratori presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.

I motivi sono vari e diversi è non è qui possibile un approfondimento esaustivo, ma in particolare una delle ragioni va ricercata nella corsa a dare "visibilità" ad un segmento sociale emergente. Intento comprensibile e legittimo; tuttavia a ciò non si è accompagnato un lavoro di riflessione sulle reali e diverse articolazioni dei processi immigratori nei contesti dove si svolgono le relazioni e dove trova concretezza l’agire delle persone immigrate.

Sarebbe stato utile e urgente, e lo è tuttora, dare voce e visibilità all’effettiva partecipazione nei luoghi di lavoro, nella scuola, nei quartieri, nelle associazioni di categoria, nelle organizzazioni sindacali. In questi luoghi, in tutti questi anni, si è consolidata di fatto non solo la presenza ma anche una concreta partecipazione. Preoccuparsi soltanto di creare forme di rappresentanza istituzionale rispecchia talvolta ragioni legate a dinamiche distinte dall’immigrazione, partitiche o quant’altro.

La rappresentanza non si risolve unicamente con l’iscrizione dell’immigrato in una lista di candidati di questo o quel partito, se dietro non c’è un agire quotidiano e organico che si protrae nel tempo, che apre i margini del confronto includendo una molteplicità di voci e di volti, e dunque i bisogni reali, le idee e i progetti degli immigrati.

Una formula adatta parrebbe la sentenza della Corte Costituzionale che sancisce il diritto di partecipazione alle elezioni circoscrizionali in termini attivi e passivi. Questo darebbe avvio a forme di rappresentanza basate non solo su un’appartenenza di colore, o di provenienza, come spesso accade, ma sull’opportunità di scegliere in base ad orientamenti o interessi sociopolitici e culturali, presentati dalle diverse formazioni politiche.

Per concludere, sarebbe opportuno che gli organi politici e sindacali prendessero in considerazione l’ipotesi di aprire ai cittadini immigrati spazi reali di presenza e di partecipazione al loro interno. A tutt’oggi di fatto raramente gli immigrati sono realmente attivi nelle strutture decisionali e operative, anche di alcuni organismi che ne rivendicano pubblicamente la presenza negli spazi istituzionali.