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QT n. 7, 9 aprile 2005 Servizi

Ghiacciai in PVC

I ghiacciai stanno scomparendo. Ma anziché intervenire sulle cause si rincorre l’emergenza. Dalla Svizzera, una proposta delirante...

I ghiacciai delle grandi montagne stanno scomparendo. E’ un grido d’allarme che dovrebbe scuotere ogni intelligenza ed ogni sensibilità, in quanto i dati raccolti dai rilevatori e dal mondo scientifico sono impressionanti. Mentre le calotte glaciali riducono anno dopo anno lo spessore dei ghiacci e la loro superficie, anche in alta quota la situazione è grave.

Il ghiacciaio della Marmolada, l’unico rimasto nelle Dolomiti.

Pochi dati, che da soli dovrebbero provocare un fragore intenso come il crollo di una torre dolomitica:

- dal dopoguerra ad oggi i ghiacciai delle Alpi hanno ridotto la loro superficie del 33%, il loro volume del 50%;

- nelle Dolomiti rimane ormai un unico vero ghiacciaio, quello della Marmolada;

- dal 1998 ad oggi il fenomeno del ritiro dei ghiacciai ha assunto dimensioni sempre più preoccupanti, e mentre avanza un significativo processo di desertificazione in alcune zone del centro-sud della nostra penisola, anche le riserve idriche oggi conservate in forma di ghiaccio si vanno riducendo. Si deve sapere che ben il 70% dell’acqua dolce del pianeta terra è presente in forma di ghiaccio.

A questo punto i cittadini delle pianure, delle grandi città europee, dovrebbero insorgere, poiché nel medio-breve termine è a rischio il loro approvvigionamento idrico e l’erogazione dell’energia elettrica. Ma anche noi che viviamo nelle vallate alpine non possiamo assistere sereni all’avanzare di questo fenomeno: vengono infatti messe a rischio intere aree urbanizzate delle vallate, la viabilità, i centri abitati stessi, le zone produttive.

Ma invece di studiare il fenomeno e di correre ai ripari con correttivi strutturali, si rincorre l’emergenza.

I grandi ghiacciai si stanno ritirando anche a quote importanti, oltre i 3000 metri e per impedire che la superficie ghiacciata subisca i danni dell’irraggiamento solare, in Svizzera, nell’importante stazione sciistica di Andermatt, si è pensato in estate di coprire il ghiacciaio con grandi teli in PVC, ettari su ettari. Qualche mese fa, appena conosciuti i termini della questione, sembrava si trattasse dell’uscita di qualche buontempone ed invece è arrivata la conferma: nel 2005 parte Andermatt ed a ruota altre stazioni sciistiche svizzere ed austriache interverranno nello stesso modo.

Già nel recente passato si erano protetti con teli in PVC tratti di ghiacciaio, però fermandosi a strette superfici attorno ai piloni di sostegno degli impianti, o nei pressi di crepacci importanti e pericolosi, o vicino a qualche roccia particolarmente esposta all’irraggiamento solare. Oggi invece si interviene in modo massiccio; ma cosa si pensa di risolvere?

Al di là delle evidenti ripercussioni etiche e paesaggistiche, qualunque esperto glaciologico dice che la misura sarebbe temporanea, di breve durata, un effetto positivo di qualche anno al massimo. Infatti l’aumento delle temperature dell’aria, lo zero termico che ormai persiste stabilmente per oltre 30 giorni all’anno a 3.400, 3.500 metri di quota, permetterebbero al ghiaccio di sciogliersi ugualmente, portando nel tempo a situazioni di collasso estremamente pericolose. Nessuno oggi riesce a modificare gli effetti dell’innalzamento delle temperature nel nostro pianeta.

Si potrebbe invece intervenire con misure ben più intelligenti e serie, prima delle quali dovrebbe essere un definitivo divieto di praticare lo sci estivo sui nostri ghiacciai. Una tale pratica (si veda in Marmolada, o in Val Senales) presuppone che giornalmente i mezzi battipista fresino l’area sciabile ed erodano parti consistenti del ghiacciaio andando ad incidere in modo significativo (a volte per metri di profondità), nello "zoccolo" glaciale storico.

Sci estivo significa anche antropizzare in modo continuo la superficie del ghiacciaio: le conseguenze sono solo negative e aiutano lo scioglimento della superficie.

Si potrebbe poi decidere di impedire la costruzione di grandi stazioni sciistiche sui ghiacciai. Ed invece si sta ripensando la nuova funivia del Monte Bianco con un potenziamento che preoccupa non solo gli ambientalisti, ma molte guide alpine della Val d’Aosta.

Si stanno rifacendo e potenziando le piste e gli impianti sul monte Rosa arrivando a toccare aree inviolate fino a quota 3.600, fin sotto le verticalità rocciose.

Si potenzia l’area sciabile del Passo Tonale verso l’Adamello.

Gli storici rifugi sui ghiacciai si stanno trasformando in grandi alberghi, grazie anche ai negativi esempi lanciati con enfasi dal Club Alpino Italiano: si pensi alla Capanna Margherita sul Rosa o al rifugio Mantova in valle di Sole.

L’attenzione del mondo politico alpino nei confronti delle superfici glaciali è nulla, anzi, ogni area politica ancora oggi incentiva l’assalto alle vette e l’antropizzazione delle alte quote.

La situazione, insomma, è sconcertante e la proposta che viene da Andermatt non può portare né fiducia né speranza. Gli interessi economici in gioco sono enormi. Ovviamente riguardano poche persone, gli impiantisti, i grandi albergatori, l’industria del PVC e forse qualche architetto che sarà certamente chiamato a decidere se la copertura dovrà essere a strisce bicolori anziché a punti rossi su sfondo giallo o se invece sia preferibile mimetizzare il tutto con i colori delle rocce, il rosato sulle Dolomiti, il grigio scuro nelle Alpi Occidentali...

Anche da questa iniziativa, ancora una volta, accanto alla temporanea umiliazione inferta alla natura, porteremo a casa una nuova umiliazione all’intelligenza dell’uomo.

Neppure davanti all’evidenza si vuole comprendere che lo sviluppo ha un limite, che stiamo giungendo ad un passaggio di non ritorno, se pure non l’abbiamo già oltrepassato.

E’ dunque necessario fermarci e possibilmente fare un passo indietro, tutti.