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Tutta colpa di USA e Israele?

A proposito di un articolo sul Medio Oriente del prof. Carlo Saccone, troppo ideologico ed unilaterale sulla storia e sulla politica di Israele.

Gli articoli sui temi del Medio Oriente del prof. Carlo Saccone sono sempre interessanti e stimolanti e invitano alla riflessione. Tuttavia l’ultimo suo intervento pubblicato su QT (Vogliamo evitare un nuovo Olocausto?) non può essere che definito ideologico, unilaterale, discutibile e in fin dei conti molto pericoloso. Può essere sintetizzato in una frase: o l’Occidente ferma Israele, oppure sarà inevitabile (meritato?) un catastrofico conflitto con i vicini, forse un nuovo Olocausto. Andiamo con ordine.

Theodor Herzl, il fondatore del sionismo.

E’ incredibile come la verità del presidente iraniano Ahmadinejad sia sottoscritta e confermata da Saccone con queste parole: "L’Europa del dopo Olocausto se l’è cavata a buon mercato: il risarcimento ha dato agli ebrei la possibilità di fondare uno Stato su terre altrui".

L’attentato al King David Hotel di Gerusalemme (1946).
Questa affermazione è storicamente parziale e fuorviante. Come si sa, il sionismo politico nasce dopo il 1885, successivamente ai pogrom avvenuti nell’impero russo: fatti che hanno determinato, oltre all’emigrazione di più di un milione di ebrei orientali soprattutto negli Stati Uniti, l’idea, allora minoritaria ma alla lunga davvero lungimirante, che per gli ebrei l’Europa non sarebbe mai stata sicura e che bisognava creare un proprio stato (ricordiamoci che si era in pieno nazionalismo). Theodor Herzl, il fondatore del sionismo, era convinto fin dal primo momento che solo in Palestina si poteva costruire uno stato (per motivi storici, religiosi e perché da sempre in quella terra erano rimasti degli ebrei): tuttavia alcuni avrebbero pensato addirittura ad andare in Uganda, pur di scappare dall’Europa. La cosiddetta "dichiarazione Balfour" (dal nome del ministro degli esteri britannico) che prometteva ai sionisti la creazione di un "focolare nazionale" in Palestina risale al 1917 quando neanche un indovino avrebbe potuto prevedere la Shoah.

Negli anni successivi cominciarono le prime emigrazioni di ebrei verso la "Terra promessa": un esodo ostacolato con ogni mezzo proprio dai governi inglesi, alcuni apertamente antisionisti e tutti filoarabi, e già negli anni Trenta cominciarono i primi scontri tra palestinesi e sionisti. L’impresa sionista avvenne non con il beneplacito degli europei, bensì contro di essi.

Questo pure durante la seconda guerra mondiale, anche se il momentaneo avvicinamento di alcuni potenti arabi al nazismo aveva messo sul chi va là gli alleati, ma mai così tanto da auspicare la nascita di uno stato ebraico, consci com’erano che questo fatto avrebbe reso troppo ostili gli arabi. La posizione americana fu più sfumata: mentre Roosevelt più volte aveva promesso al re dell’Arabia Saudita che non avrebbe fatto nulla contro gli arabi, il successore Truman assunse posizioni più favorevoli agli ebrei.

Inoltre nell’immediato dopoguerra gli inglesi subirono pesanti attentati ad opera del terrorismo sionista (da ricordare l’attentato all’hotel King David di Gerusalemme che nel 1946 costò 91 vittime) ed ebbero scontri non marginali con la stessa Haganà (l’esercito sionista clandestino). Forse agli occhi del prof. Saccone gli inglesi hanno subito troppo passivamente l’invasione ebraica della Palestina e probabilmente avrebbero dovuto unire le forze con i fratelli arabi per ricacciare in mare la nascente "entità sionista": la colpa degli inglesi è stata invece quella di lavarsi completamente le mani dell’intricata situazione e lasciarla nelle mani della nascente ONU.

Certamente quando, nel 1947, l’assemblea generale delle Nazioni Unite votò con i due terzi a favore del piano di separazione della Palestina britannica tra arabi e ebrei (il loro futuro stato avrebbe avuto il 55% del territorio – metà erano le zone desertiche del Negev – con una popolazione mista di 500.000 ebrei e 400.000 arabi), lo sterminio nazista pesò sulla scelta di alcuni stati e dell’opinione pubblica, ma il piano non fu immaginato come un risarcimento pianificato delle vittime. Era il tentativo di sanare la situazione esplosiva già in atto da una decina d’anni, ma pensare gli europei disperati nel risarcire i poveri ebrei è una barzelletta che solo Ahmadinejad e certi europei smemorati possono credere. Gli stati arabi non accettarono la risoluzione, pensando che con una guerra avrebbero distrutto "l’entità sionista": la storia è andata in un’altra direzione.

Certamente nel corso del tempo quando, per molti inaspettatamente, Israele divenne sempre più potente, molti governi europei e più tardi gli Stati Uniti colsero l’occasione per avere una testa di ponte in una zona del mondo fondamentale dal punto di vista strategico. Nessun risarcimento dell’Europa quindi, ma calcoli politici non si sa quanto lungimiranti.

Purtroppo la formula secondo cui "l’olocausto ebraico veniva pagato con la diaspora palestinese" è diventata patrimonio comune e probabilmente sta all’origine della visione unilaterale che vede Israele, l’ultimo stato colonialista, sempre nel torto e il mondo arabo dalla parte della ragione. Ma c’è di più: Israele è percepito come il vero fomentatore quasi di ogni guerra, la sua esistenza, quando non è messa in discussione apertamente, è tollerata con fastidio, con retropensieri del tipo: "Che bello se non ci fosse…ma non possiamo farci nulla".

Il presidente iraniano Ahmadinejad .

Nella recente assemblea generale delle Nazioni Unite Ahmadinejad martella su questo punto: "La radice dei problemi di questa terra va trovata nella storia della seconda guerra mondiale…. Il pretesto per la fondazione del regime che occupa la Palestina è talmente mediocre che alle persone non viene nemmeno dato il permesso di parlarne; altrimenti, con il chiarimento della questione, inizierebbe a mancare una filosofìa per l’esistenza del regime sionista; ed infatti oggi questa filosofìa non esiste più". Quindi gli ebrei devono andarsene e lo stato di Israele deve essere distrutto: questa la conseguenza logica di una ricostruzione storica quanto mai parziale.

La nascita dello stato ebraico è stata una catastrofe per i palestinesi, con cui però i paesi vicini hanno giocato e continuano a giocare solamente per i loro interessi. Ma la visione unilaterale del prof. Saccone e di gran parte della cultura europea non consente eccezioni: è sempre colpa di Israele e dell’Occidente. Hamas e Hezbollah sono nati perché Israele non ha voluto fare la pace con il vecchio Arafat, la recente guerra in Libano è servita ad Israele per distruggere un paese che cresceva economicamente e che avrebbe rappresentato un pericolo, la politica americana è la causa diretta del terrorismo.

Proviamo a prendere per buone queste affermazioni: sarebbero comunque sempre parziali e non rispecchianti la realtà. Siamo sicuri che Paesi come Iran e Siria vogliano davvero la pace e non lucrino sulla tensione? Siamo sicuri che tutti i palestinesi non vogliano distruggere Israele ma vivere in pace con esso? Siamo sicuri che Bin Laden attui una guerra difensiva e basata su legittime aspirazioni? Nessuna risposta a queste domande; l’importante è credere che la pace si potrebbe fare domani solo se Israele e gli Stati Uniti lo volessero, mentre Hezbollah si continua ad armare solo per difesa, l’Iran vuole la bomba atomica per rispondere all’arroganza sionista, il terrorismo si doterà di armi sempre più potenti per arginare l’aggressione militarista dell’Occidente e l’apocalisse è dietro l’angolo solo ed esclusivamente per colpa nostra.

Viceversa: se Europa e Stati Uniti "costringessero" Israele alla pace, potrebbero "tirare il fiato sul fronte degli attacchi terroristici", farebbero "una alleanza col mondo musulmano" per fronteggiare in prospettiva il gigante cinese e quasi magicamente Israele vivrebbe sicuro nei suoi confini. Un quadro tanto irenico quanto irrealistico, ma che fa aumentare esponenzialmente l’odio contro Stati Uniti e Israele: la pace sarebbe così vicina… ma i mostri Bush e Olmert non ne vogliono sapere. Così Israele si merita la guerra.

Personalmente considero la strategia militare americana ingiusta e controproducente e credo che occorrerebbe parlare anche con i "nemici" Siria e Iran e fare pressioni su Israele per bloccare nuove colonie in Cisgiordania e per tornare a colloqui diretti con i palestinesi. Concordo con Saccone sulla pericolosità della situazione, ma mi rifiuto di costruire un quadro manicheo dove la colpa è sempre e solo da una parte.