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QT n. 21, 9 dicembre 2006 Cover story

Industrie non trentine e operai a spasso

Chiude a Malè la Lowara: dopo aver fatto fare agli operai gli straordinari per riempirsi i magazzini, e quindi trasferirsi in Polonia. Eppure non è detto che, con la globalizzazione, questo debba essere il destino dell’industria non trentina. Il sistema filiera ci dice che...

Andrea Grosselli

“Quando la to dona la te mete i corni, no podet pù fidarte. Eco, per noi la Lowara l’è come na putana”. Il commento di un anonimo operaio solandro testimonia il clima che si respirava in valle alla notizia, un fulmine a ciel sereno, della chiusura dello storico stabilimento di Malè.

I lavoratori della Lowara, l’azienda che da quasi trent’anni produce pompe idrauliche, si sono sentiti pugnalati alle spalle. “Quest’anno abbiamo superato tutti i parametri di produttività” - raccontano gli operai - e invece che ringraziarci, chiudono e si trasferiscono in Polonia.”

Dopo il danno è arrivata la beffa. Un pacco natalizio doppiamente indigesto, perché a più riprese il management della multinazionale vicentina, proprietà del colosso americano ITT industries, aveva promesso investimenti e un nuovo prodotto – la pompa da 6 pollici - per l’inizio del 2007. Ma la strategia delle multinazionali al tempo della globalizzazione è fatta anche di falsità. Buggerare gli operai era indispensabile per convincerli a fare straordinari e a riempire i magazzini di Montecchio, sede dell’azienda, in previsione della chiusura. Così va il mondo.

Malè, 24 novembre: gli operai della Lowara scendono in sciopero dopo aver saputo, il giorno prima, della chiusura degli stabilimenti.

Intanto i cento dipendenti solandri andranno ad infoltire le fila dei cassaintegrati, accomunati nello stesso destino ai colleghi della Lange di Cles, della Aviocart di Borghetto e della Vip Ceramiche di Castelnuovo, tutte aziende di multinazionali o fondi di investimento americani che nel giro di tre mesi hanno bruciato circa 400 posti di lavoro in nome della delocalizzazione e del massimo profitto. “Perché restare in Trentino – si domandano ogni giorno i padroni delle ferriere d’Oltreoceano - se in Europa orientale o in Asia il lavoro costa meno, molto meno?”

Il clima in valle si è fatto rovente: cento famiglie senza un reddito sicuro non sono cosa da poco in val di Sole, dove il turismo da solo non dà sufficienti garanzie. Eppoi la saldezza economica del Trentino è fondata da sempre su un principio: ogni territorio coltiva una vocazione forte, ma anche una pluralità di attività produttive capaci di attutire le crisi del settore trainante. Intanto anche il presidente Dellai ha dovuto prendere atto che quello della Lowara non è un episodio isolato, ma fa parte di una tendenza strutturale molto rischiosa per l’equilibrio economico e sociale del Trentino. Così, salito a Malè, Dellai ha provato a rassicurare una valle intera predicando lucidità e freddezza: “Condividiamo il vostro giudizio. - ha esordito Dellai - L’impresa dovrebbe essere fondata su un patto che leghi lavoro e capitale. Qui invece c’è stato un tradimento di fiducia.” Ma dopo essersi impegnato ad attivare gli ammortizzatori sociali e ad individuare un’attività sostitutiva, il presidente ha fatto autocritica.

“Di fronte a queste crisi – ha spiegato Dellai agli operai Lowara e al Consiglio comunale del capoluogo solandro - non valgono i ragionamenti tradizionali. Il punto nodale è la natura di queste imprese. Anche per l’Autonomia è difficile intervenire sulle scelte delle multinazionali. Quello che è successo qui, può accadere facilmente altrove. Nulla e nessuno può metterci al riparo da questa evenienza”. Ormai, conclude il presidente, il supporto economico e immobiliare è totalmente ininfluente.

INTERVENTI A SOSTEGNO DI PROGETTI DI RICERCA
(L.P. 6/99 - 1 gennaio 2006 – 15 settembre 2006)
Comprensorion. interventiSpesa ammessaContributo% contributo su spesa
C1136.7447.34920,00%
C2
C322.637.4401.383.53252,46%
C437.908.7004.007.83050,68%
C565.376.9113.096.74657,59%
C6
C7
C81240.13948.02820,00%
C9
C10813.795.7199.143.82566,28%
C11
Totale2129.995.65317.687.31058,97%
INTERVENTI A SOSTEGNO INVESTIMENTI FISSI
(L.P. 6/99 - 1 gennaio 2006 – 15 settembre 2006)
Comprensorion. interventiSpesa ammessaContributo% contributo su spesa
C1132.818.709404.69214,36%
C24872.857120.28013,78%
C32115.742.6943.770.43223,95%
C4378.077.7551.635.76820,25%
C512531.728.9894.901.09415,45%
C6143.537.371727.33320,56%
C771.293.621214.53516,58%
C8347.129.5141.210.06616,97%
C9177.823.4131.489.74619,04%
C106747.148.5277.886.85216,73%
C113276.27734.53312,50%
Totale342126.449.71822.395.33017,71%

Morale della favola: i contributi non bastano. E qui non c’entrano solo i bilanci provinciali, sempre più ristretti, ma anche i severi custodi della concorrenza a Bruxelles. La Provincia ha dovuto dotarsi di nuovi strumenti. Con la legge 6 del 1999 si è chiusa l’epoca dei contributi a pioggia sulle grandi imprese, che nel corso degli anni hanno richiamato in Trentino le multinazionali accollando però gran parte dei costi all’ente pubblico. Con la nuova legge i finanziamenti devo essere selettivi e premiare gli investimenti in innovazione tecnologica e in ricerca (vedi le tabelle). Ma che fare ancora per sostenere l’industria in Trentino? A Malè Dellai ha buttato lì un esempio concreto. “L’accordo sulla filiera Dana di Arco – ha detto il presidente – può essere un punto di partenza”.

Lungo il corso del Sarca, da qualche anno, si è insediata questa multinazionale americana. In Trentino la Dana non ha solo uno stabilimento produttivo, ma il cuore della divisione europea, leader nella produzione di assali e differenziali per veicoli pesanti e fuoristrada. Qui progetta e sviluppa in proprio i prodotti, innova e fa ricerca. Così se il gruppo in America è in amministrazione controllata (è notizia di questi giorni la cessione, voluta dal fondo di investimenti che controlla la multinazionale, di un ramo d’azienda alla tedesca Mahle per ripianare i conti), in Trentino Dana va a gonfie vele occupando quasi 800 persone tra Rovereto ed Arco.

Ma torniamo all’accordo citato da Dellai. L’intesa, siglata da Provincia, Confindustria, azienda e sindacati, porta la data dell’8 novembre di quest’anno ed è stata preceduta da una delibera di Giunta, la 1325 del giugno 2006, che approvava il progetto. In sostanza l’accordo riguarda le aziende della filiera, quella miriade di imprese piccole e grandi – tra le altre la Sata di Castelnuovo, la Mariani di Tiarno, la Cainelli di Rovereto - che lavorano a stretto contatto con la capofila, producendo semilavorati sulla base dei progetti pensati ad Arco ed assemblati poi nello stabilimento Dana di Rovereto. Una rete già pienamente operativa che il progetto mira a far emergere in tutte le sue potenzialità. Lo scopo è quello di radicare la grande impresa straniera nel nostro territorio cercando allo stesso tempo di favorire ricadute sulle aziende locali.

Trento, 27 novembre: presidio davanti all’Associazione Industriali, dove si sta svolgendo il primo incontro con la proprietà.

Ma come pensa la PAT di raggiungere quest’obiettivo?

In primo luogo aumentando i finanziamenti. Infatti su tutti gli investimenti dentro la filiera - non solo quella targata Dana, ma anche quella del porfido e del legno – saranno garantiti contributi più alti del 7,5%. Ma, come detto, i soldi di mamma Provincia non sono più sufficienti ad attrarre le imprese, tanto meno a radicarle in Trentino. Così viene introdotto un altro principio, quello del consolidamento della struttura produttiva, inglobando in essa anche le imprese terziste. In questo modo la Dana, a fronte di specifici accordi con i sindacati per tutelare l’occupazione e i diritti dei lavoratori, potrà decentrare la lavorazione nelle aziende della filiera cedendo in cambio le tecnologie e il know how. Allo stesso tempo la Provincia finanzierà la riqualificazione degli addetti per la quale saranno impiegati i tecnici Dana. Il tutto si tradurrà in 500.000 euro di investimenti pubblici, di cui un quinto a favore della formazione professionale.

Salutata da tutti gli attori dell’economia trentina come un’operazione innovativa, dalla fase di sperimentazione sindacati e Provincia si aspettano molto. E’ ancora troppo presto per dire quali saranno gli effetti nel tempo. Ma la filosofia pare quella giusta: finanziamenti pubblici selettivi, coinvolgimento della media impresa locale, incentivazione alla nascita di nuove aziende, collegamento con la ricerca svolta sul territorio e formazione professionale permanente. Il tutto sfruttando il patrimonio tecnico di una grande multinazionale americana. E non è un caso che in casa Cgil qualcuno volesse estendere questo accordo ad un’altra rete di aziende, questa volta locali, particolarmente innovativa, quella della produzione di macchine per l’industria. In Trentino infatti ben 342 aziende – con 3.500 addetti, il 12,6% del settore - producono impianti e apparecchi meccanici utilizzati poi nell’industria di tutto il mondo. Non se ne è fatto nulla, ma in futuro se ne dovrà riparlare.

A conti fatti il destino delle multinazionali con cuore e cervello fuori dal Trentino è in bilico. A trattenerle non bastano né i finanziamenti pubblici, né le braccia di operai qualificati e laboriosi.

Ma l’esperienza Dana dice anche che è possibile “rubare” il mestiere agli americani trasferendo tra le valli e i monti della nostra terra il sapere racchiuso nelle grandi imprese straniere. E non sarebbe un brutto modo per “vendicarsi “ dei tradimenti a stelle e strisce.