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QT n. 10, novembre 2009 Trentagiorni

Il grande architetto, il fiume, il Comune

Renzo Piano

Ha difeso il suo progetto sull’area ex-Michelin, Renzo Piano. Come da copione, un serio professionista non si può certo mettere a dire che quello che sta licenziando è un lavoro di bottega, fatto dal suo studio, di cui si è disamorato, come noi avevamo a suo tempo scritto. Anzi, evidentemente a conoscenza di queste nostre riserve, ci ha assicurato del contrario.

E come mai in decine e decine di interviste lei non parla mai dell’ex-Michelin?”

“Io ne parlo, poi i giornalisti scrivono quello che vogliono; e ritengono più eclatante un grattacielo di 300 metri a un piccolo quartiere in riva al fiume. Ma quando sarà realizzato si vedrà che è una cosa significativa, e non tema, se ne parlerà”.

Staremo a vedere il risultato finale. Ma al di là dei giudizi delle riviste di architettura (che pur sarà importante, e non tanto per il quartiere, ma per il nuovo Muse, per il cui contenitore sarebbe oro sonante una pubblicizzazione tipo quella del Guggenheim di Frank Gary a Bilbao), il lavoro di Renzo Piano potrà influenzare l’assetto di una parte di città. Perché una cosa ci sembra acclarata: il progetto è stato ideato nell’ottica di ricucire il rapporto tra la città e il suo fiume. Su questa idea di fondo, tanto cara a Renato Bocchi, uno dei tre “saggi” dell’urbanistica trentina a suo tempo silurati perché poco inclini a favorire la speculazione, si sono indetti convegni, finanziati studi, perfino un concorso di idee cui hanno partecipato decine di progettisti. Il che si è riversato nel lavoro di Piano, ma solo in quello.

Per il resto ci se ne è subito dimenticati. Clamoroso il caso della nuova biblioteca universitaria, in riva all’Adige a piazzale Sanseverino. Il progettista di grido, Mario Botta, non si è neanche accorto della presenza del fiume, non lo disegna nemmeno, il suo manufatto volta la schiena all’Adige. E questa è solo in parte colpa di Botta: la responsabilità maggiore è della committenza, l’Università, e del Comune, che su tutto il lungofiume rivendica la “cabina di regia”.

C’è solo da sperare che quando il quartiere nel parco disegnato da Piano sarà realtà, anche a Palazzo Thun si accorgano che dentro la città esiste un fiume di nome Adige, di cui tener conto non solo quando fa le bizze o quando si tratta di spendere soldi in chiacchiere fumose, ma soprattutto quando si tratta di disegnare la città che su esso si affaccia.