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QT n. 10, novembre 2009 Trentagiorni

Il grande architetto e le case popolari

“Saranno case per ricchi. E l’edilizia popolare?” - chiedevano i giornalisti a Renzo Piano al termine della conferenza stampa di presentazione dell’ex-Michelin “Non sarebbe favorevole a una quota di case popolari dentro al nuovo quartiere?”

“Ma certo!” rispondeva l’architetto. E che doveva rispondere? Il giorno dopo i quotidiani si scatenano: “Michelin, non solo per ricchi” titola L’Adige, “Case popolari all’ex Michelin” il Trentino, con occhiello “Piano: ‘Mi piacerebbe se ci vivessero i meno abbienti’”.

Dopo un carosello demagogico in cui si intervista Tizio e Caio sulla felice opportunità, attraverso un opportuno acquisto da parte dell’Itea, di creare un quartiere interclassista, con Vip e proletari che vivono fianco a fianco, il giorno dopo ci pensa l’assessore Ugo Rossi a mettere bruscamente le cose in chiaro: “L’Itea all’ex-Michelin? Non se ne parla”.

Infatti sarebbe scandaloso se l’Itea comperasse appartamenti a 5-6.000 euro a metro quadro quando le realizzazioni in proprio costano molto ma molto meno (1.028 euro le ultime case a Meano, prezzo del terreno incluso). A meno che compito dell’ente pubblico non sia dare casa ai non abbienti, ma comperare l’invenduto alle immobiliari, specie se, come in questo caso, la Castello ex Iniziative Urbane raccoglie il Gotha dell’imprenditoria locale contigua al governatore. E del resto su questa strada si è già altrimenti avviati, con Dellai che ha “prenotato” nell’area sud del nuovo quartiere un “centro multimediale” di cui nessuno sentiva il bisogno, ma il cui costo di sicuro darà ossigeno ai bilanci della Castello.

Tutta la vicenda, per quanto maldestramente imbastita dai quotidiani, ha tuttavia un pregio: rilevare, ancora una volta, le contraddizioni e i costi della colpevole scelta, nel ‘98, di Dellai sindaco, che non volle acquistare - per 49 miliardi di lire - l’area, bensì cederla ai locali poteri forti. Se l’ente pubblico l’avesse acquistata, oggi vi si potrebbe realizzare un parco fluviale ben più ampio di quello previsto da Piano, costruirvi (sulla propria area e ai propri costi e non a quelli della Castello) il Muse e il Centro multimediale (se proprio ce n’è bisogno), e se lo si voleva, un quartiere in cui potessero vivere fianco a fianco ricchi e poveri. Dellai decise altrimenti, e ne ricavò il consenso della Trento bene e quello della stampa. D’accordo, non è andata così; però adesso, per favore, non si intonino perorazioni, tanto tardive quanto penose, in favore del “quartiere non di élite, non quadrilatero dorato riservato ai soliti noti, ma aperto anche ai cittadini meno abbienti”.