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QT n. 17, 16 ottobre 2004 Servizi

Proposte per i musei

Un solo museo provinciale, possibilmente a Rovereto; e che pensi in grande.

E’ da tempo che a Rovereto si discute, anche aspramente, sulla scelta (e sulla spesa) del restauro di Palazzo Parolari quale sede del Museo di Rovereto. Ora, lo spostamento di Michelangelo Lupo dalla gestione dei musei provinciali ad altro incarico, si è posto come un ulteriore motivo di discussione e di preoccupazione.

Non voglio entrare nel merito delle due situazioni, anche perché le considero soltanto dei segni di un problema più ampio, che non mi pare sia mai stato affrontato nei termini adeguati alla sua importanza. Infatti, il futuro dei musei e della loro gestione sarà, probabilmente, il nodo più significativo della vita culturale della nostra provincia nei prossimi anni.

A questo proposito vorrei fare alcune considerazioni e una proposta, riferite esclusivamente al settore dell’arte contemporanea, al Museo Depero e alla raccolta del Palazzo delle Albere.

1) Il Museo Depero vanta un fondo, artisticamente disuguale, spesso esteticamente non esaltante, ma molto ricco documentariamente. Ad esso vanno aggiunte alcune decine di opere della quadreria comunale, tra cui alcune stupende di Iras Baldessari, che costituiscono, nell’insieme, un fondo molto interessante, che può essere ulteriormente arricchito, anche attraverso l’acquisizione della documentazione architettonica di Libera, Pollini, Baldessari, ecc.

2) Il Museo delle Albere si è costituito attraverso mosse incomprensibili, che l’hanno dotato di singole opere di un qualche pregio, ma insignificanti in quanto prive di un qualsiasi contesto. Nessuno si recherà a Trento per vedere un quadro di Dova, o un quadro di Rotella, anche se panneggiati in un allestimento sacralizzante. Ma anche lì possiamo trovare alcuni nuclei interessanti (Garbari, ecc.), e anche singole opere che, in un diverso contesto, possono trovare una loro ragione.

3) Il Museo non può avere una funzione esclusivamente conservativa, che pure è fondamentale, o didattica, che pure è importantissima, ma deve essere un centro di produzione culturale in cui le opere esposte possano entrare in tensione viva con altre esperienze: proposte critiche, particolari percorsi di lettura mobili e variabili, diverse esperienze figurative attraverso mostre, il rapporto con le nuove generazioni artistiche non solo trentine.

4) Perché questo sia possibile è necessario che il Museo abbia una direzione svincolata dal potere politico, dall’intelligenza parziale o dalla cecità dei vari assessori che possono avvicendarsi. Per questo è necessario aprire un concorso nazionale, che permetta la scelta di un direttore che possa rispondere del suo operato con il suo prestigio, con le sue riconosciute capacità.

5) Questo non è possibile per la piccola raccolta del Palazzo delle Albere, e non è possibile nemmeno per il Museo Depero, a meno di non scegliere come direttore una strana figura di un critico artistico di un solo artista.

6) A questo punto l’unica soluzione possibile sarebbe l’unificazione dei due musei in un unico museo provinciale, con sede a Trento o a Rovereto, anche se preferibilmente a Rovereto, che dispone del fondo più cospicuo, e che può vantare, in questo senso, il fatto di aver generato (non si sa se casualmente o per altri motivi, mancando qualsiasi studio in questo senso) una generazione di artisti di valore europeo e mondiale, forse senza precedenti nella nostra regione.

Il museo unificato avrebbe dimensioni e potenzialità tali da autorizzare la scelta di un direttore di valore sicuro, e da rendere accettabile la proposta.

Finora il museo Depero, per mancanza di spazio, non ha fatto pressoché nulla. Il museo delle Albere ha avuto un’attività discontinua, dispendiosa, e per lo più deludente. L’ultima "grande" mostra, quella del quadro di Renoir, per quanti visitatori possano essere vantati, era sinceramente ridicola: un percorso di testi illeggibili (si legge seduti, e non in piedi!) per arrivare a un quadro di mediocre fattura, inalberato come una pala su di un altare, suggerendo una lettura acritica e sacrale dell’unico capolavoro.

Solo un arcaico campanilismo potrebbe essere di ostacolo ad una proposta che potrebbe rendere accettabile, a tutta la cittadinanza, la spesa preventivata per il restauro di palazzo Parolari e che potrebbe dotare la nostra provincia di un organismo culturale di importanza tale da diventare uno dei poli nazionali della lettura, ma anche dell’intervento sull’arte del ‘900: una delle poche Gallerie d’arte contemporanea degna di questo nome.

22 aprile 1983