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QT n. 5, maggio 2018 Cover story

Alla fine ce l’abbiamo fatta: siamo entrati

Il racconto della nostra visita al campo profughi di Rovereto, dopo l'iniziale diniego del presidente Ugo Rossi

Vi avevamo segnalato, nel numero di marzo, come il Presidente della Provincia di Trento, Ugo Rossi, avesse deciso di impedire l’accesso alla stampa (nello specifico a noi di Questotrentino) al campo profughi di Marco, perché seccato dal come e dal quanto se ne fosse parlato sui giornali.

Ebbene noi non ci siamo arresi, convinti che una decisione del genere fosse una vera e propria censura, emblematica di un potere che non riesce a dialogare nemmeno più con se stesso. Né avremmo potuto, volendo far bene il nostro lavoro, accettare il diktat del presidente, perché non può certo essere lui a decidere di cosa può o non può parlare la stampa.

Abbiamo deciso, come prima cosa, di convocare una conferenza stampa, per informare gli altri giornali, le tv, le radio, le testate internet della decisione di Rossi, ritenendo che la cosa potesse interessare gli operatori del settore.

Alla conferenza stampa qualcuno si è presentato, qualcun altro no; il giorno dopo qualcuno ha dato rilevanza alla notizia (Corriere del Trentino, Rai 3, Rttr, La Voce del Trentino, il Dolomiti, Sambaradio); e qualcun altro no.

C’è stato chi tendeva a minimizzare: “Potete entrare lo stesso, basta entrare dai campi e non dire nulla a nessuno”; ma c’è stato anche chi non ha avuto difficoltà a cogliere la questione di principio: “È intollerabile, dobbiamo fare in modo che se ne parli, non possiamo accettare una cosa del genere”. Qualcuno ha forse travisato e non ha colto che si trattava di una decisione che riguardava tutta la stampa e non solo noi che siamo notoriamente dei rompiscatole (eppure, avesse riguardato solo noi, non sarebbe stato forse ancora più grave? Ci sarebbe stata una discriminazione tra i vari organi di informazione oltre che censura).

Insomma, abbiamo deciso di farne una questione di principio, pronti anche ad una disobbedienza civile, nel caso in cui fosse continuato il silenzio da parte del Presidente.

Abbiamo informato l’Ordine dei giornalisti, abbiamo chiesto che battesse un colpo, che si interessasse della questione. Abbiamo rintracciato (a fatica, al telefono non si degna di rispondere) il Presidente Fabrizio Franchi, e dopo aver minimizzato (“Altri giornalisti sono però entrati”, il che non era vero, se non prima del divieto di Rossi), ha rinviato ogni presa di posizione (“Siamo sotto Pasqua”), per poi non farne niente. Abbiamo inviato una denuncia scritta dei fatti via pec, ma non è venuta nessuna risposta, e sì che Pasqua è passata da un pezzo!

Così non va bene: la fiducia nell’Ordine è ai minimi storici, una struttura ormai percepita come parassitaria, che pretende le quote obbligatorie di iscrizione, e poi nulla fa, nemmeno sul tema fondamentale della libertà di stampa. Invece il sindacato dei giornalisti ha faticato un po’, ma alla fine, al suono del gong, una posizione l’ha presa, per quanto non abbia brillato per chiarezza e forza.

La solidarietà (e la condanna più netta) è arrivata da chi, nel panorama politico trentino, ha un ruolo di opposizione: ruolo svolto bene da Claudio Cia in particolare, che con parole chiare, ha espresso con un comunicato stampapreoccupazione per questi segnali di decadimento dello stato di salute della nostra democrazia, dove l’informazione sembra essere ritenuta buona solo quando conviene”. Si dirà che questo è il compito dell’opposizione: è vero, però ci sono altri che il loro compito non lo svolgono.

La questione poi si è risolta, e finalmente ci è stato “concesso” di entrare nel campo profughi per poter svolgere il nostro lavoro di informazione.

La sensazione è che il Presidente si sia convinto di quanto strampalato fosse il suo diktat, anche grazie all’intervento dei suoi stessi compagni di coalizione del PD (di Luca Zeni, che è l’assessore competente, e del neo segretario Giuliano Muzio su tutti) che, probabilmente anche imbarazzati dal comportamento di Rossi (che in questo periodo sembra non imbroccarne una, vedi anche il rifiuto di patrocinare il Gay Pride), pubblicamente hanno preferito non commentare, ma dietro le quinte hanno lavorato per far scendere il Presidente a più miti consigli.

Ci teniamo a ringraziare chi in queste settimane ha, a parer nostro, svolto con coscienza il suo lavoro: chi ha dato rilevanza alla notizia; chi ha colto la gravità dell’atto di Rossi, chi ne ha denunciato e sottolineato l’assurdo, sprezzante atteggiamento.

A chi ha fatto finta di nulla possiamo solo dire una cosa: se mai dovesse capitare a voi, se mai vi doveste trovare al nostro posto, noi non faremo come voi. Saremo al vostro fianco, a difendere la libertà di stampa e di informazione, che è una e indivisibile. E le censure non vanno mai sottovalutate, per quanto piccole e sciocche possano sembrare.