Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 9, settembre 2019 Servizi

Pesticidi: siamo gli ultimi della classe

Nonostante i dati siano inequivocaboli, le autorità - tecniche e politiche - avanzano risibili smentite, e le cose non cambiano, anzi peggiorano.

Sergio Deromedis

Come ogni anno l’uscita del Rapporto nazionale pesticidi nelle acque dell’ISPRA (Istituto Superiore Per la Ricerca Ambientale), suscita scalpore nella cronaca locale, in quanto conferma il Trentino come la regione con il maggior consumo di pesticidi ad ettaro.

Tale situazione è nota da anni ed è confermata anche da altre banche dati. Infatti, in base ai più recenti dati ISTAT, nel 2017 in Italia sono stati distribuiti quasi 117 milioni di kg di pesticidi, e all’interno di questa cifra ci sono i 2,176 milioni della provincia di Trento e l’1,839 di quella di Bolzano.

Il dato di per sé non dice molto. Più significativo è il quantitativo di consumo ad ettaro di superficie coltivata. Orbene, in Italia nel 2017 il consumo di pesticidi è stato pari a 6,3 kg/ettaro. E i valori di picco in questa poco lusinghiera classifica si sono registrati nella Provincia Autonoma di Trento, con oltre 51 kg/ettaro nel 2017 e addirittura (vedi tabella) 84 kg/ettaro nel 2016.

Pesticidi distribuiti per unità di superficie (kg/ettaro) nel 2016 (Fonte: ISTAT)
RegioneTotale
Piemonte7,67
Val d’Aosta30,67
Lombardia4,28
Liguria9,72
Bolzano39,6
Trento83,89
Trentino-A.Adige62,22
Veneto14,29
Friuli-V. Giulia8,69
Emilia-Romagna8,86
Toscana4,52
Umbria2,32
Marche2,19
Lazio6,53
Abruzzo5,98
Molise0,63
Campania11,42
Puglia5,53
Basilicata2,34
Calabria3,22
Sicilia7,05
Sardegna1,16
Italia6,63

Non basta. Come si vede dal grafico 1, Trento è risultata la peggiore provincia tra le Regioni d’Italia dal 2007 al 2017.

Una delle giustificazioni addotte per giustificare questi risultati, è la particolarità delle nostre condizioni territoriali, e il tipo di cultura (vite e soprattutto melo) che abbisognerebbe di maggiori protezioni attraverso i pesticidi. I dati dell’Istat però, come evidenziati ancora dal grafico, rivelano come nella provincia di Bolzano, che è territorialmente e colturalmente molto simile al Trentino, sono stati distribuite quantità molto inferiori, circa 40 kg/ettaro negli anni 2016 e 2017.

Non solo. Come si può ulteriormente notare, nel 1999 Trento usava meno pesticidi di Bolzano; ma mentre i sudtirolesi ne hanno nel corso degli anni ridotto l’utilizzo (anche grazie alla diffusione della frutticoltura biologica), passando da 62 kg/ettaro nel 1999 a 40 kg/ettaro nel 2016, i trentini, al contrario, lo hanno aumentato. E questo, francamente, è inescusabile.

Anche perché in tutta Italia si è percorso il – virtuoso - cammino inverso, con un continuo calo, dagli oltre 160 milioni del 1999 ai 120 milioni del 2017, meno 26% in 18 anni.

Una politica fallimentare

I dati dunque parlano chiaro: le politiche agricole di riduzione dei pesticidi attuate negli ultimi diciotto anni si sono dimostrate fallimentari, anche causa la scarsa attenzione (quando non l’aperta ostilità) nei confronti di metodi di coltivazione sostenibili come l’agricoltura biologica, biodinamica, familiare, ecc.

Questi eccessi nell’uso di pesticidi di sintesi si sono inevitabilmente riversati sull’ambiente e sulla popolazione, con l’inquinamento di numerosi corsi d’acqua, le contaminazioni diffuse nelle abitazioni private e le contaminazioni delle urine dei residenti non esposti professionalmente, come dimostrano parecchie analisi pubbliche e private.

Una recente ricerca scientifica su DNA svolta su alcuni residenti in Val di Non in prossimità di frutteti trattati con pesticidi e non esposti professionalmente (Organic honey supplementation reverses pesticide-induced genotoxicity by modulating DNA damage response, Molecolare nutrition & food research, by Renata Alleva et al. Research 2016, 1-13) ha dimostrato che:

  • dopo i trattamenti nei frutteti i metaboliti (sostanze esterne assunte dall’organismo, che vengono dallo stesso trasformate per renderle più assimilabili) dei pesticidi nelle urine aumentano proporzionalmente. Prova che c’è esposizione;
  • i metaboliti dei pesticidi nelle urine si trovano anche in residenti in abitazioni ad oltre cento metri di distanza dai frutteti trattati (vedi grafico 2),
  • l’esposizione cronica ai pesticidi riduce l’attività enzimatica di riparazione del DNA proporzionalmente all’intensità di esposizione.
Presenza del metabolita del pesticida chlorpirifos etil nelle urine di residenti in Val di Non, in funzione della distanza dell’abitazione dal frutteto (Fonte: Organic honey supplementation reverses pesticide-induced genotoxicity by modulating DNA damage response Renata Alleva et al. Molecolare nutrition & foodo researc 2016, 1-13.)

I tecnici e la politica

Purtroppo le risposte della politica sono deboli e poco convincenti, è da oltre un decennio si parla di atomizzatori antideriva (che non favoriscono il disperdersi nell’aria degli inquinanti) e di varietà colturali resistenti (che non necessitano di trattamenti).

Bene, l’assessore all’ambiente Mario Tonina, intervistato dal Trentino su questi dati disastrosi, ripropone le annose contromisure su atomizzatori e colture resistenti, come se fossero novità.

Quel che è peggio, però, è il solito tentativo di minimizzare la portata dei dati stessi, con i soliti discorsi delle particolarità delle colture trentine rispetto al resto d’Italia, come se non fossero evidenti – e sommamente preoccupanti – le crescenti differenze, in peggio per noi, con Bolzano, che ha le stesse nostre colture, in cui però si sta progressivamente riducendo l’uso di pesticidi.

E non è ancora finita. Il Trentino, che ci sentiamo di elogiare per l’inchiesta, intervista anche la Fondazione Mach, che dovrebbe essere il caposaldo per l’innovazione in agricoltura. A rispondere è il dirigente del trasferimento tecnologico della Fondazione Mach. Il quale, nello sforzo di minimizzare, semplicemente straparla. “I problemi si evidenziano - dice - perché qui si fanno controlli”: ma i dati Ispra e Istat sono riferiti alle vendite di fitofarmaci, non ai controlli sugli inquinamenti.

E su questo, cosa risponde Ioriatti? “Il dato si riferisce alla vendita, non per forza al loro impiego”. Vale a dire, i contadini trentini comperano tonnellate di veleni, ma non per usarli, bensì per accatastarli in cantina.

È evidente che se la Fondazione Mach ha questa impostazione, di riduzione dei pesticidi non si preoccupa proprio. E FEM va avanti sugli input della politica, che evidentemente non è interessata alla questione.

Servirebbero invece rimedi forti, come l’ipotesi di trasformare il Trentino in un biodistretto. Ma non ci sembra proprio che l’attuale giunta abbia tali intenzioni.