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Fra timori e sfottò

Quando il Cavaliere “scese in campo”

26 gennaio 1994: Berlusconi annuncia in TV il suo ingresso in politica

Nel 1993, suscitando sorpresa e indignazione a sinistra, Silvio Berlusconi aveva sostenuto la candidatura di Gianfranco Fini a sindaco di Roma; ma il botto lo fece il 26 gennaio successivo, annunciando in televisione il suo impegno in politica.

Sul nostro - allora - quindicinale, nelle non molte pagine dedicate alla politica nazionale, si nota un curioso alternarsi di preoccupazione e di sottovalutazone del fenomeno. Uno dei primi commenti si dimostrerà il più azzeccato: “Nel convertirsi da imprenditore in politico, Berlusconi resta un imbonitore, un piazzista di prodotti avariati, un venditore di torbide fumosità. Il pericolo è grande”.

Poi, con l’avvio della campagna elettorale (il voto era previsto per il 27-28 marzo 1994) i toni populisti - di cui evidentemente ci sfuggiva l’appeal - e il dilettantismo di un personale politico esordiente, ci ridiedero fiducia: “Non è poi difficile - scrivevamo in un “fondo” redazionale - far capire ai cittadini che Forza Italia è una truffa ai loro danni; che, se vince Berlusconi, ci ritroveremo con gli stessi problemi moltiplicati, con una seconda Repubblica peggiore di prima”.

Anche se qualche dubbio restava: “Sarà una bella battaglia, e non è detto che i migliori la spuntino”.

A ridarci speranza intervenne il pathos religioso con cui il leader e i suoi seguaci coloravano la propria impresa, che ci sembrava ridicolo prima ancora che inefficace. Se Salvini bacia rosari e invoca il cuore immacolato di Maria, Berlusconi si dimostrò in più stretta intimità con il Padreterno. Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, gli aveva detto: “Il destino ti ha fatto diventare l’uomo della Provvidenza”, e lui ci credeva, tanto da presentarsi, nel corso di un incontro con i sostenitori, con queste parole: “Chi è scelto dalla gente è come unto dal Signore: c’è del divino nel cittadino che sceglie il suo leader”.

Per cui la campagna elettorale diventava una predicazione del Verbo, e i candidati degli apostoli.

In un articolo del 23 marzo ‘94, intitolato appunto “Così parlarono gli apostoli”, facevamo una divertita cronaca degli interventi di alcuni candidati di Forza Italia presentatisi ad un incontro con la stampa.

Ecco Gianfranco Spisani (diventerà senatore, n.d.r), già vicesindaco di Riva, che parla evangelicamente di ‘una grande chiamata’, alla quale, come fossero aspiranti apostoli, hanno risposto 350 persone abbandonando tutto ‘per seguire il richiamo di Berlusconi, e già questo è stato un piccolo miracolo’”.

È poi la volta di Paolo Odorizzi (sarà deputato, n.d.r.), che racconta: “Nel giro di 6 ore ho raccolto nel mio paese 320 firme per la mia candidatura: una persona anziana e gravemente malata, che da mesi non usciva dal letto, si è alzata ed è venuta a firmare”. Questo entusiasmo, concludeva Odorizzi citando l’inno di Forza Italia, “ha fatto nascere un fuoco che brucia dentro di me’”, anche perché l’’incontro con Berlusconi è stato “un’università della vita in un sol giorno”.

Sergio Chiesa (pure lui sarà eletto alla Camera), dopo aver curiosamente avvertito che “la demagogia non paga più”, affermava: “Abbiamo un programma di uno spessore che fa venire il mal di testa”. E siccome le verità di fede non si discutono, Odorizzi si congedava dai giornalisti invitandoli a farsi megafoni del Cavaliere: “Scuotete le menti della gente!”.

Come potevano siffatte persone diventare classe dirigente?

E invece stravinsero, e noi la prendemmo male. Titolando “E il modo ancor ci offende”, ci diffondevamo in una lamentosa filippica non molto politica: “L’aspetto irrimediabile e offensivo della vicenda - ancorché di secondaria importanza - è la razionalità irrisa, il buongusto sconciato, l’evidenza ignorata, la desolante banalità di questi arroganti carneadi”.

E ancora, naturalmente, non sapevamo quanto sarebbe durata...

* * *

Le citazioni sono tratte da articoli di Renato Ballardini, Claudio Di Blasi, Carlo Dogheria, Ettore Paris.