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QT n. 10, ottobre 2022 Seconda cover

L'acqua finisce nel turbine (elettorale)

La legge che proroga le concessioni idroelettriche vittima della resa dei conti tra giunta e Fratelli d'Italia

Ma la legge che proroga la scadenza delle concessioni idroelettriche partorita dal duo Fugatti-Tonina, è buona o cattiva per il Trentino? Per una volta eravamo pronti a dire che Fugatti aveva fatto anche cose buone, che questa legge andava nella direzione giusta. Arrivava un po’ troppo al foto-finish, forse sarebbe stato meglio prendere la strada della proprietà piena fin dall’inizio, ma dato lo stato delle cose (di cui vi facciamo un riassunto a parte), era l’unica toppa possibile da mettere sul futuro abisso in cui le nostre centrali rischiano di precipitare se vengono messe a gara.

I nostri lettori sanno che da almeno due anni battiamo il chiodo sul fatto che il Trentino deve almeno provare a mantenere il controllo sui propri impianti idroelettrici. Per tante buone ragioni, in primis il controllo dell’acqua e poi una manovrabilità maggiore sull’energia.

Fugatti e Tonina sembra l’abbiano capito solo dopo che il cielo gli è caduto sulla testa, solo ora che rischiamo di stare al freddo perché ci manca l’energia e solo dopo un’estate in cui abbiamo intuito - per ora solo intuito - cosa vuol dire non avere acqua. Ma non c’è stato neanche il tempo di dire “finalmente hanno avuto una buona idea!” che si è scatenata l’iraddidio.

Vi facciamo un riassunto. Appena chiuso il voto nazionale, i vincitori vanno all’incasso in Trentino e vogliono, per ora, la testa di Tonina (reo di tradimento per non aver sostenuto il centrodestra in campagna elettorale), ma in prospettiva contano di mettere un’ipoteca sul prossimo presidente della giunta provinciale che andremo ad eleggere giusto di qui ad un anno. E che - si capisce nei sottotesti - secondo i Fratelli di Giorgia non dovrà essere Fugatti. Sempre dando per scontato che il voto provinciale sia fotocopia di quello nazionale appena svolto. Cosa per niente certa, ma nell’euforia della vittoria si sono fatti prendere la mano.

Quindi hanno preso al balzo la prima palla che gli è passata davanti (le urne erano ancora tiepide, la mattina di martedì 27 settembre) per affondare i denti nella giugulare di Mario Tonina: la sua richiesta, alla conferenza dei capigruppo consiliari, di una corsia preferenziale accelerata per la sua legge sulla proroga delle concessioni dei grandi impianti idroelettrici ha ricevuto in risposta un sonoro no, condito da accuse di aver partorito questa legge col suo partito e il suo capo, Silvano Grisenti, invece che come prodotto della giunta. Cosa sulla quale, anche fosse vero, non vediamo dove stia il problema. Cosa dovrebbe fare un partito di governo se non produrre idee per il governo stesso?

Tuttavia il merito delle questioni, in questa giostra post-elettorale, sembra essere del tutto secondario. Non importa se la legge è buona o cattiva per il Trentino, l’importante è il regolamento di conti interni alla maggioranza. E tutti infatti l’hanno capita così. Quindi niente corsia di approvazione rapida per la legge proroga e incertezza su quel che succederà al momento del voto in Consiglio.

Per una volta però la giunta pensa di avere un piano. La proroga delle concessioni - Fugatti dixit - consentirebbe di mettere in moto un meccanismo che “anticipa” le ricadute finanziare della stessa e quindi produrre fondi per tamponare le bollette pazze di questi tempi. Da qui, dice sempre Fugatti, la necessità di far partire la legge a razzo.

Abbiamo qualche corposa perplessità sul fatto che la cosa possa funzionare in questo modo perché la legge dovrebbe passare le forche caudine di una (molto probabile) impugnazione governativa. Con conseguente conflitto di attribuzione in Corte Costituzionale e relativo mercanteggiamento con governo e Bruxelles. Tempi epici.

Quello che a noi, soprattutto, pareva positivo era lo spiraglio che con questa legge si teneva aperto per provare ad arrivare, tra qualche anno, a una futura definitiva proprietà consolidata dell’idroelettrico in mano al Trentino.

C’è chi dice no.

Lo stop alla procedura accelerata, a dire il vero, è arrivato anche dalle opposizioni, PD in testa. Rischiamo di farci bocciare la legge dal governo (PD), rischiamo di fare una brutta figura come in altri casi (Fratelli di Giorgia), dobbiamo valutare, pensare, capire.

Tecnicamente hanno tutti “quasi ragione”. L’attuale assetto normativo ci chiude le porte soprattutto a causa delle recente legge di concorrenza - condizione pretesa da Bruxelles per darci i soldi del PNRR - che impone le gare. E l’ipotesi di farci una società in house è stata considerata finora solo una possibilità teorica (ma se c’è la volontà politica…)

Politicamente infatti la cosa ha un altro aspetto. Primo: il controllo statuale dell’energia non è più un tabù in Europa, visto quel che sta succedendo. Francia e Germania, con strumenti tecnico-finanziari diversi, hanno di fatto nazionalizzato i loro grandi produttori/gestori energetici negli ultimi tre mesi. Chi potrebbe in realtà mettersi davvero di traverso è il governo.

Ecco, il governo. Perché la nostra legge deve essere approvata dal governo prossimo venturo, se vogliamo che passi (non siamo uno stato, nonostante tutto). E qui tutto potrebbe incartarsi negli interessi di partito.

L’interesse del Trentino è che venga approvata (anche se non è certamente la migliore delle soluzioni, ma, lo ripetiamo, una toppa messa da Fugatti e Tonina sui passati quattro anni in cui sono andati allegramente per la strada opposta). Quello del governo a guida Fratelli di Giorgia non lo sappiamo. Per ora i Fratelli trentini l’hanno usata come ariete per consumare una vendetta post-elettorale.

Ma a noi, che non siamo complottisti ma proviamo a ragionare, viene in mente che forse nemmeno al governo in pectore piaccia poi molto che sia il Trentino in prima persona a controllare la propria energia. E che abbia bisogno di tempo per capire come riportare a Roma il controllo delle nostre centrali. Un sospetto che, come è venuto a noi, può venire a molti, considerata anche l’incerta reputazione autonomista dei vincitori elettorali.

Per questo, forse, gli stessi hanno cominciato da almeno due settimane (ben prima del voto e questo potrebbe dirci qualcosa sui veri obiettivi, in questa vicenda) a dire che loro si sono “messi subito contro la svendita delle nostre centrali idroelettriche perché sappiamo quanto sia importante per il nostro territorio l’indipendenza energetica” (Alessia Ambrosi, dichiarazione a L’Adige, 18 settembre).

Del fatto che si siano “messi contro la svendita delle nostre centrali”, però, nei voti in Consiglio non c’è traccia. Le due leggi che governano il sistema, quella sul cosiddetto grande idroelettrico dell’ottobre 2020 - quando ancora non esisteva un gruppo politico dei Fratelli in consiglio - e quella sulle piccole centrali, di aprile 2021, sono state approvate in Consiglio provinciale con i loro convinti sì (i verbali dei lavori “cantano”). Anche se a parole si erano scagliati contro la legge sulle piccole centrali, ma poi, al momento del voto…

Questa fola del “noi siamo sempre stati contrari” viene ormai ripetuta costantemente e anche il consigliere Cia ha tentato di rifilarcela nel corso dell’intervista che pubblichiamo in altra pagina. Quando gli abbiamo contestato la realtà dei loro voti è andato leggermente in confusione. Ci domandiamo, quindi, a cosa serva questo tentativo di rifarsi una verginità autonomistica sull’idroelettrico.

Detto tutto questo, non siamo ancora arrivati a dire “salvate il soldato Tonina”, ma a onor del vero va detto che Tonina aveva cominciato in tempi non sospetti a provare a sfondare il muro delle scadenze ravvicinate per le concessioni. In una sua audizione in decima commissione del Senato, del 22 febbraio scorso, chiedeva per il Trentino esattamente la proroga delle grandi concessioni. Praticamente un pentimento sulla via di Damasco, dopo aver forzato la mano per mettere, primi in Europa, le piccole centrali sul mercato.

La partita è aperta e ogni passaggio futuro - dal prossimo voto in Consiglio alle mosse del governo - è irto di pericoli. Per la giunta Fugatti certamente, ma anche per il Trentino, che meriterebbe una visione più chiara e determinata di quel che si vuole fare con la nostra acqua.

"Meglio modificare lo statuto"

Ad Alessio Manica (Partito Democratico) abbiamo chiesto qual è la posizione del suo partito sulla proroga delle nostre concessioni idroelettriche.

La proposta non è nuova. Era girata col piano Colao e con gli emendamenti Borghi. Mai arrivati nemmeno in discussione. Per varie ragioni. La prima è questa impostazione, almeno fino ad oggi, fortemente inclinata verso la concorrenza sul libero mercato; l’altra, che non va sottovalutata, è che noi vediamo il mondo dal punto di vista del nostro territorio dove le società che hanno in mano le grandi concessioni sono fondamentalmente a controllo pubblico. Se usciamo dal Trentino la cosa cambia: in altri territori vedono questa scadenza come un’opportunità per riportarla sotto il controllo pubblico.

Quando discutevamo di grandi concessioni a ottobre 2020, abbiamo cercato di stare il più lontano possibile dalle gare: pensavamo al partenariato pubblico-privato, o all’idea di un azionariato diffuso per riprenderci le quote di Dolomiti Energia in mano ai privati. In quella fase la giunta ha alzato un muro dicendo che non si poteva fare altro che le gare e che questo andava bene perché avremmo ottimizzato il canone, stante il fatto - diceva la giunta - che a differenza degli altri territori, noi abbiamo degli impianti ottimi, tenuti bene, con le migliori tecnologie.

Oggi la proroga. Che può anche essere un modo di prendere tempo per attendere che maturi un quadro normativo diverso: vediamo già cosa hanno fatto il Portogallo e la Francia. Ma ha una grande debolezza: il rischio di impugnativa è altissimo. L’attenzione sull’energia è massima adesso, ma lo è in un’ottica di sovranità nazionale. Io mi chiedo: lo stato, con la curvatura che ha adesso il governo, è disposto a lasciare che la piccola Provincia di Trento goda di una situazione che gli altri non hanno?

Dalla giunta mi arriva una risposta di questo genere: questa legge è una “provocazione”, un modo per dialogare con lo Stato. Ma se poi la perdi in Corte Costituzionale, hai perso un altro pezzettino di credibilità punto e basta, anche se magari qua hai fatto la figura di quello che ci è andato giù duro a battere il pugno…

Noi pensiamo che sarebbe più corretto lavorare sullo statuto di autonomia, sull’articolo 13 che definisce le nostre competenze in materia energetica.

Alessio Manica

Ma anche con l’art. 13 avremmo lo stesso problema, se abbiamo a che fare con un governo che non vuole lasciarci le centrali.

È anche una questione di metodo: noi oggi non stiamo chiedendo al governo di valutare una proroga. Stiamo facendo una legge ritenendo di averne la competenza. E una volta che la mandi a Roma, lo Stato si trova a valutare, anche dal punto di vista formale, se potevi farla. Diverso è se tu con gli strumenti che ci sono, come la Commissione dei 12, instauri una dialettica (come abbiamo già fatto in passato), concordi in via pattizia l’obiettivo, ne sviluppi l’ossatura e poi se arrivi all’accordo vai in modfica dello statuto o fai una norma di attuazione. Allora hai creato i presupposti per portarla a casa. Così sembra quasi un guanto di sfida. E io su questo starei molto attento, perché in questa legislatura a Roma guanti di sfida ne abbiamo mandati una dozzina. E ci sono quasi tutti tornati indietro con una pacca sui denti.

Ma le tempistiche sono che, allo stato delle cose, siamo costretti ad emanare i bandi a marzo 2024. Ci sono i tempi?

Il percorso pattizio ha certamente bisogno di più tempo. La battuta che mi viene è “hanno avuto quattro anni”.

Però i danni sono fatti, possiamo provare a tamponare?

Certo. Io capisco il senso della la manovra, ma per quello che ho visto in questi anni, secondo me ci svegliamo tra sei mesi con la legge che ci è tornata indietro. Sei mesi di tempo perso. Se poi apriamo il conflitto in Corte Costituzionale, il tempo aumenta ancora. Dovremmo almeno pensare di fare entrambe le cose, sia la legge che l’apertura di un dialogo attraverso la Commissione dei 12.

"Il governo dovrà bocciarla"

A Claudio Cia (Fratelli d’Italia) abbiamo chiesto un parere sul merito della proposta di proroga delle concessioni.

Questa legge prevede un piano in due fasi, la prima entro il 2024 e la seconda fino ad aprile 2029. Piani che dovrebbero essere valutati dal NAVIP entro venti giorni. Ma se il Navip ci ha messo più di un anno a valutare il progetto dell’ospedale di Cavalese, figuriamoci cosa succede su qualcosa di così complesso come le grandi d erivazioni. L’obiettivo in realtà è anche nobile. Quello che ci preoccupa è capire se questa norma è compatibile con la normativa nazionale e con il diritto costituzionale perché, dicono gli esperti, qui si va a cozzare con le competenze statali in materia di concorrenza.

Quindi, al di là della bontà delle intenzioni, vogliamo avere la certezza di non andare a fare figuracce come già in passato. Se poi vogliamo solo fare una forzatura, a che fine? Motivi elettorali? Abbiamo battuto un pugno per rimarcare il diritto all’autonomia? Stiamo attenti, perché non dobbiamo neppure far passare il messaggio, a livello nazionale, che per noi autonomia è fare quello che si vuole. L’autonomia deve essere una sinergia con lo stato. Altrimenti viene percepita come un bubbone.

Ma il contesto attuale è cambiato, fluido, quindi magari si possono fare cose che prima erano considerate impossibili. Voi ritenete che il governo sarebbe contrario a una legge che dica: le centrali il Trentino se le tiene?

Il Trentino le centrali deve far di tutto perché restino sempre in mano al Trentino. Anche se sappiamo che attualmente la partita è gestita da soci che col Trentino non c’entrano niente.

Sono soci di minoranza.

Dobbiamo far di tutto perché il Trentino possa vantare la maggioranza all’interno di questa società, però dobbiamo farlo in modo intelligente. Se l’obiettivo di questa norma, che può essere anche condivisibile, è di prenderci il tempo per creare quelle condizioni sia legislative a livello nazionale, sia a livello locale sia di rapporto con il governo, una base di rapporti che ci consenta di avere la certezza che rimangano in Trentino, io sono d’accordo. Però allora mi chiedo: perché mettere l’acceleratore adesso? Quando il governo non è ancora costituito? Quando sappiamo che questa norma, se entro 60 giorni non è impugnata, diventa legge? Però magari qualcuno più avanti la può impugnare a livello costituzionale. Perché non è detto che una norma che non è impugnata dallo stato, non possa essere impugnata più avanti e direttamente alla Corte Costituzionale.

Perché invece non cominciare da subito, tanto più che a Roma abbiamo un governo…definiamolo “amico” a creare questi rapporti e le condizioni perché questa legge non venga impugnata? Perché se la materia della concorrenza è in capo allo stato non possiamo far finta che questo non esista. Se a Roma gli mandiamo una legge che cozza con questo principio, anche lo stato italiano non può far finta di niente e quindi anche il cosiddetto governo amico è tenuto ad applicare le norme.

Secondo gli uffici provinciali lo spazio giuridico per trattare su questa proroga c’è. La vostra posizione può dipendere anche da rapporti interni alla maggioranza?

Assolutamente no. Non è che perché abbiamo vinto ci mettiamo ad essere pignoli. Noi su questa materia ci eravamo incaponiti.

Ma quando questa legge arriverà in consiglio, cosa pensate di fare?

Fatte le dovute valutazioni e che non ci esponga a fare una figuraccia, noi la votiamo.

Però, in questo momento, voi avete modo di interloquire in maniera, diciamo più “confidenziale” col governo. Siete disposti ad aiutarla questa legge oppure no?

Al governo, oltre a noi, ci sono la Lega e Forza Italia e dal momento che il governo provinciale è composto dalle stesse forze io credo che, anche per questioni di rispetto istituzionale, sia giusto che sia la giunta a relazionarsi. Poi noi non ci mettiamo di traverso.