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QT n. 9, 3 maggio 2003 Servizi

Ambiente: il danno è fatto

Il presidente Dellai nel suo conflitto con l'ambiente: ha collezionato solo sconfitte. Ma anche una grande vittoria, ha affermato il suo modello: nessuna riforma, contributi, pesanti opere pubbliche. E chi vuole un futuro diverso non ha, oggi, rappresentanza politica.

Come termina la Valdastico. Almeno per ora.

Che ne è di quattro anni e mezzo di aggressione al territorio, di demolizione e di delegittimazione degli strumenti preposti a tutelarlo, di tentativi di realizzare opere pubbliche devastanti per l’ambiente? Che ne è, insomma, di quattro anni e mezzo di governo provinciale di centrosinistra?

Il collegamento Pinzolo-Campiglio (economicamente inutile e in pieno Parco Adamello-Brenta), per essere realizzato ha bisogno, anzitutto, della variante al Piano Urbanistico Provinciale. Nelle intenzioni della maggioranza la variante doveva essere approvata nei primi sei mesi della legislatura: a sei mesi dal termine, non è ancora iniziata la sua discussione in Consiglio provinciale. Stessa sorte per il collegamento Rolle-San Martino (in pieno Parco di Paneveggio-Pale di San Martino, oltre tutto in zona di tutela integrale).

Il completamento dell’autostrada della Valdastico (che avverrebbe in palese violazione della Convenzione internazionale delle Alpi, ratificata anche dal Parlamento italiano) è tuttora campata per aria, nonostante l’accanimento della Giunta provinciale: manca la previsione urbanistica (non c’è neppure nella variante al Pup che entrerà in Consiglio nelle prossime settimane) e soprattutto mancano i soldi, non solo quelli necessari per realizzare l’autostrada, ma anche quelli per mantenerla, essendo certo che sarà economicamente in perdita.

Il folle progetto di realizzare un gigantesco inceneritore di rifiuti di valenza provinciale, in un Trentino che è fanalino di coda in Italia nella raccolta differenziata, sarà sottoposto a referendum comunale il prossimo settembre, a ridosso delle elezioni provinciali: tutto lascia prevedere che la stragrande maggioranza di coloro che andranno a votare si esprimerà contro.

Perfino il roccolo, il medievale strumento di cattura dei volatili che la Provincia di Trento ha realizzato coi soldi pubblici, per regalare uccellini da richiamo ai cacciatori (finanche su una volgarità del genere il centrosinistra trentino ha voluto dare prova della propria linea politica), si è rivelato un fallimento: 25 milioni di vecchie lire spesi per catturare 10 (dieci!) uccellini.

Infine, è di questi giorni il nuovo stop del Tar agli impianti sciistici in Val Jumela: dopo tre anni e mezzo dalla prima delibera della Giunta provinciale, contro la quale si è mobilitato mezzo Trentino, siamo ancora punto e a capo.

In definitiva, il conflitto tra il Presidente Dellai e l’ambiente assomiglia a quello tra Previti e la Magistratura: più ci si comporta in maniera arrogante, più si collezionano sconfitte.

Eppure, il problema rimane.

Perché al di là di queste singole vicende, che hanno diviso l’opinione pubblica, è il governo complessivo emerso in questi anni che ha finito per orientare il Trentino verso uno sviluppo non compatibile con l’ambiente e di bassa qualità.

Nelle economie di mercato, il potere della politica di incidere sui processi economici è limitato. Tuttavia la politica, indicando delle direzioni di marcia, può richiamare determinati investimenti piuttosto che altri. E le scelte della politica sono tanto più incisive in Trentino, dove è massiccio il peso dell’ente pubblico nell’economia privata. Sullo scorso numero di QT il professor Goglio concludeva la propria intervista sostenendo che "il nuovo modello promesso nell’ultima campagna elettorale non si vede: non si sono viste le riforme, non è diminuita la centralità del contributo, non si è attenuato l’accentramento della popolazione verso il capoluogo".

Al termine di questa legislatura il modello emerso è l’opposto: nessuna riforma, contributi a pioggia, comuni al guinzaglio. E l’idea di futuro che la Giunta Dellai ha in mente per il Trentino è ben rappresentata dal numero speciale della rivista che la Provincia ha spedito in questi giorni a tutte le famiglie: viadotti, asfalto, ruspe. Insomma, in una provincia con un ente pubblico sovietico ed un’economia sovietizzata, alla fine è emersa un’idea stalinista di progresso: il mito dell’uomo che doma la natura, grazie alla realizzazione di pesanti opere pubbliche. Quale privato, in questa situazione, vorrà rischiare i propri capitali sullo sviluppo di qualità, ecologicamente sostenibile?

Un secondo elemento problematico è quello della rappresentanza politica. Perché quella parte di Trentino che aspira ad un futuro diverso da quello prospettato da questa Giunta provinciale non trova riferimenti nella politica provinciale. La sinistra, che sarebbe l’interlocutore naturale, è vista come traditrice, ed oggi appare anche debole e divisa. Cosicché, gli unici strumenti che si hanno per far valere le proprie ragioni sono i ricorsi alla giustizia amministrativa e i referendum. Ma non sempre questi strumenti sono utilizzabili e, soprattutto, possono servire tutt’al più per bloccare qualche singola scelta, non per modificare la complessiva direzione di marcia.