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Forza Italia e un Malossini deludente

Le grottesche bugie dell'ex-presidente della Provincia: non è pentito, e non riesce a superare il trauma delle passate vicende.

Avevamo visto come un processo potenzialmente positivo la candidatura di Mario Malossini a capolista di Forza Italia: l’ex-presidente, dopo un periodo di purgatorio per le colpe passate, avrebbe potuto portare nello sconclusionato centro-destra trentino una certa razionalità politica, una maggiore aderenza alla realtà, un minimo di progettualità. Il che, scrivevamo, "sarebbe un bene per l’insieme della politica trentina".

C’eravamo sbagliati. Il primo operare del Malossini redivivo ci sembra abbia spazzato via queste aspettative. Su tre aspetti; il primo è quello della questione morale e del passato dell’ex-presidente. Già nel numero scorso avevamo rilevato come "Malossini sia il peggior nemico di se stesso: invece di dichiarare con sincerità le proprie colpe, chiedere scusa, e solo dopo cercare di voltar pagina, insiste nel voler sorvolare sul passato, o nel darne versioni edulcorate e insostenibili".

Orbene, l’uomo pervicacemente persevera, anzi peggiora: ora, con faccia tosta incredibile, si mette a rivendicare i propri atti più nefasti, compreso quel progetto della metropolitana che proprio perché evidentemente scandaloso gli costò il seggio di presidente (alcuni mesi prima della vicenda della villa di Torbole che lo avrebbe portato in carcere).

"L’idea della metropolitana di superficie ha un nome e cognome, vale a dire Mario Malossini - afferma il nostro su L’Adige il 17 settembre di quest’anno - Un’idea più che mai attuale, visto che la Provincia ha proseguito con lo stesso progetto e gli stessi progettisti".

Di fronte a tanta impudenza non possiamo fare a meno di puntualizzare (vedi "Metropolitana" su QT n° 22 del 29.11.91). I progettisti incaricati da Malossini erano cinque professionisti trentini, di sicurissima fede DC e inveterati lobbisti di piazza Dante, che mai avevano progettato un metro di ferrovia. Per un compenso di 3.300 milioni (del 1991) presentarono un progetto di massima incredibile: per una spesa di 3.500 miliardi (!!!) una metropolitana sotto il centro storico di Trento (non di superficie, come oggi millanta il Mario). Il partito repubblicano (che pure era in maggioranza) fece due conti: secondo le stesse pur poco attendibili stime dei progettisti, ogni passeggero, pur pagando il suo biglietto, sarebbe in più costato alla Provincia in deficit di gestione della megastruttura (quindi oltre i 3.500 miliardi iniziali) ben 13.000 lire per ogni singolo viaggio!

Il progetto era così evidentemente irrealizzabile, da far nascere il sospetto che la sua finalità non fosse la realizzazione della metropolitana, ma la maxiparcella ai progettisti: 3.300 milioni per iniziare, cui ne sarebbero seguiti molti altri se la cosa non fosse naufragata causa l’indignazione generale. E di questi giochini tra politici e progettisti amici si ebbe la prova provata non molto tempo dopo, quando la magistratura scoprì (e una sentenza definitiva condannò) una tangente pagata da uno studio di progettazione all’assessore Virgilio Nicolini (braccio destro di Malossini) sulla parcella per la progettazione di una fantomatica metropolitana a Campiglio.

Questo era lo stile di Malossini, che oggi, ben lungi dallo scusarsene, ha la faccia tosta di rivendicare, pensando di abbindolare la gente smemorata.

Oppure la spiegazione è più complessa. L’autolesionismo di queste dichiarazioni dell’ex-presidente si può forse spiegare non come un’astuzia malaccorta, bensì come lo sbandamento di un uomo che non ha superato il trauma della propria caduta in disgrazia.

Ma in un caso come nell’altro, il Malossini si dimostra sommamente inadatto ad un ritorno al governo.

C’è poi un secondo aspetto: i contenuti programmatici. Pensavamo che il Malossini forzista avrebbe portato nel centro-destra una delle peculiarità positive del suo stile di governo: la capacità e la voglia di ascoltare, di prendere decisioni dopo aver assunto una molteplicità di dati ed opinioni, la moderazione. Invece, al primo esame vero, la PiRuBi, Malossini inciampa. Non tiene conto (e probabilmente non li ha neanche letti) i dati che dicono che la PiRuBi non serve alla Valsugana e non affronta nemmeno il tema del modello di sviluppo collegato (vedi nostro servizio d’apertura); ribalta senza serie giustificazioni, anzi con motivazioni fasulle ("i dati sulla Valsugana") il proprio operato da presidente, e dà il via libero all’inutile autostrada. Evitando di mettere in discussione l’umorale posizione di Forza Italia, per principio favorevole ad ogni cosa in odore di asfalto e cemento, e quindi incapace di una visione autonoma e condannata ad essere sempre a rimorchio della coppia Dellai-Grisenti.

Quest’incapacità di introdurre la razionalità e la moderazione nel centro-destra (anche quando sarebbe politicamente conveniente) la ritroviamo anche nel candidato presidente Carlo Andreotti. Il quale, oltre a cambiare anch’egli posizione sulla PiRuBi, non riesce nemmeno – vedi nostra intervista sul numero scorso – a prendere le distanze dalle intemperanze leghiste che vorrebbero discriminare i musulmani sul piano dell’insegnamento della religione a scuola.

Insomma, i Malossini e gli Andreotti non sembrano avere forza, carisma e convinzione per rigenerare un centro-destra poco presentabile: al momento della verità si appiattiscono sulle posizioni sbracate e sulle aspettative delle lobby.