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I masochisti

Dopo la batosta elettorale i leghisti trentini continuano a litigare.

La storia della Lega Nord, in Trentino (ma non solo) è una lunga sequela di contrasti senza apparenti motivazioni politiche, di accuse di tradimento, di espulsioni. Ma in passato ci sono pure stati dei momenti di tranquillità: cacciato il venduto di turno, per un po’ si andava d’accordo. Ma da oltre due anni non c’è un momento di tregua: accuse e insulti sono la sola forma di un dibattito interno privo peraltro di contenuti visibili.

In un momento di lucidità, nella primavera del 2002, Sergio Divina aveva avvertito: "La questione è arrivare alle elezioni senza massacrarci. Altrimenti si arriva alla distruzione della Lega". Poi lo stesso Divina si è tuffato nella baruffa, e in attesa della distruzione della Lega, si è arrivati intanto ad una bella batosta elettorale, che sarebbe stata ancor più pesante se il segretario del partito Bertolini non avesse raccolto un bel po’ di voti personali presentandosi agli elettori non tanto come esponente della Lega, ma come patriota solandro. Un comportamento politicamente discutibile, ma senza dubbio fruttifero; che però ha ulteriormente inasprito la rissa. Ormai fuori gioco (si spera definitivamente) i Fontan e i Boso, i duellanti di turno sono ora i due consiglieri eletti, lo stesso Bertolini e Divina.

La cosa, un po’, stupisce: il primo è un personaggio decisamente smorto, dall’apparenza accomodante, mentre l’altro è il solo della compagnia a saper dire due parole in croce e a saper esporre con pacatezza delle argomentazioni pur discutibili; è ben vero che ha firmato con Boso le provocazioni più invereconde in tema di immigrazione, ma ingenuamente pensavamo che a sviarlo fossero le cattive compagnie. E invece, anche con questi due personaggi dal look più rassicurante, la Lega continua a dilaniarsi. A proposito delle ultime puntate, il Trentino scrive: "La lotta interna allo sparuto gruppo della Lega Nord passa senza soluzione di continuità dai toni farseschi a quelli, più accesi, del melodramma". Cos’è successo stavolta?

Succede che, all’indomani delle elezioni, il centro-destra deve nominare i propri rappresentanti (tre) all’interno dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio. Nessun problema per i posti spettanti a Forza Italia (Giovanazzi) e all’Udc (Morandini). Ma per la Lega il compito si rivela impossibile. Dei due consiglieri leghisti, infatti, uno deve entrare come questore nell’Ufficio di presidenza e l’altro deve fare il capogruppo; ma è quest’ultima la carica cui entrambi aspirano. E così - citiamo dal Trentino - "’Fai tu il segretario questore, Milano vuole me capogruppo’ - attaccava Divina. ‘No, no, tu poi non mi lasci lavorare nel gruppo. Lo faccio io, tu fai il questore’… Queste e altre amenità, con un continuo passare di mani di uno al cellulare dell’altro. Ma intimi di Bossi e papaveroni del partito non sono riusciti via cellulare a mettere d’accordo i due litiganti, divisi anche sull’assunzione delle segretarie per il gruppo".

E siccome le nomine non potevano aspettare che Umberto Bossi sciogliesse il nodo, è finita con la Lega esclusa dall’Ufficio di Presidenza, a vantaggio di An.

E il capogruppo? Incapaci di accordarsi, tutti e due presentano la propria nomina alla carica, e Bertolini ci aggiunge la minaccia di passare al gruppo misto, se non sarà lui il prescelto.

E il gran capo finalmente decide: siccome Bertolini ha preso mille voti più di Divina, sarà lui il prescelto.

La mazzata per il povero Divina, che confidava nelle sue amicizie in alto loco, è duplice: aspirava infatti non solo a fare il capogruppo, ma anche il commissario del partito, visto che il segretario Bertolini si è dimesso all’indomani del voto. A guidare la Lega fino al congresso di primavera sarà invece un seguace di Bertolini, il presidente Lorenzo Conci.

Il quale Conci rimedia alla distrazione dei compagni di partito, troppo impegnati nella lotta intestina, per prendere posizione sulla vicenda della moschea di Trento, richiesta dall’imam Breigeche. Ed è una posizione che, per i concetti come per i toni impiegati, è talmente pervasa di spirito autenticamente leghista che dovrebbe, finalmente, mettere tutti d’accordo: "Gli islamici qui sono ospiti – ha ricordato Conci - e pertanto devono rispettare le nostre tradizioni". Quindi, se hanno il problema "della mancanza di spazi e di luoghi di ritrovo, se ne possono tranquillamente tornare nel loro paese d’origine".