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I Pacs e l’Unione

Giovanni Dall’Orto

A chi sta scrivendo alla "Fabbrica del Programma" di Prodi per protestare per l’esclusione dei Pacs dal programma dell’Unione, sta arrivando una risposta che afferma:

"Caro XY, ci spiace che la mancanza di una sola parola dal Programma rischi di cancellare, come sostieni, un lungo percorso di condivisione e vicinanza su principi e valori tanto importanti. Le semplificazioni e le drammatizzazioni servono per i titoli ad effetto dei giornali, ma non bisogna lasciarsi ingannare dalle polemiche e dalle critiche pretestuose.

Se nel testo non si trova la parola ‘Pacs’, non si trova neppure il no ai Pacs, anzi. L’impegno per il riconoscimento pieno delle unioni civili e delle scelte individuali è totale, sia chiaro.

E’ paradossale, scusaci, che si mettano in dubbio le politiche sociali del centrosinistra di fronte all’esperienza subita dagli italiani in questi cinque anni di governo del centrodestra, tutti incentrati sulla ghettizzazione dei diritti altrui. Il Programma dell’Unione rappresenta, come detto da Romano Prodi, i pilastri attorno al quale costruire l’edificio di governo dei prossimi cinque anni. E in questo edificio non ci saranno stanze chiuse e senza finestre. Ma spazi aperti per tutti. Sul sito della Fabbrica trovi il testo integrale del programma e forse troverai anche qualche chiarimento in più. Vedrai che non si parla mai a proposito di questi argomenti di una semplice abolizione dell’esistente per un ritorno ottuso al passato, si tratta di riformare in modo profondo e strutturale una realtà che così non può che portare al disastro per il nostro Paese.

Senza la volontà di costruire qualcosa per il futuro, senza dare a nessuno la possibilità di rimboccarsi le maniche e di ricostruire quello che è andato distrutto, non ci rimetterà soltanto la classe politica, ma soprattutto ci rimetteranno tutti i cittadini. Il confronto democratico e la sintesi tra le varie anime riformiste della coalizione è l’unica speranza per ridare un futuro all’Italia.

Rimaniamo a tua disposizione per qualsiasi esigenza e ti ringraziamo in anticipo se vorrai continuare a seguirci e a sostenerci. Un caro saluto".

Ora, è palese che qui stiamo parlando due lingue diverse, che dimostrano che l’Unione non ha neppure iniziato a capire cosa ha combinato. In primo luogo, dal programma non manca "una parola", bensì quattro leggi:

- Manca una legge sul riconoscimento delle convivenze di persone che non hanno accesso al matrimonio, ivi incluse le coppie dello stesso sesso. L’Italia è fra gli ultimi tre Paesi europei (assieme alla Grecia, e all’Irlanda, che però ne sta dibattendo) a non avere nessuna legge di questo tipo.

- Manca una legge contro la discriminazione delle persone omosessuali e transessuali basata sul loro orientamento sessuale, sulla quale l’Italia è inadempiente rispetto all’Europa.

- Manca una legge che protegga contro i crimini d’odio le persone omosessuali e transessuali. La legge promulgata dal primo governo di centrosinistra escluse, per richiesta espressa della Margherita, dall’applicazione della legga Mancino (contro i crimini d’odio), l’applicazione alle persone omosessuali. Anche in questo caso l’Italia è inadempiente.

- Infine, manca una legge sulla procreazione assistita che consenta l’accesso a questo servizio anche alle donne single o/e lesbiche.

Di tutte queste rivendicazioni, il movimento italiano s’era accontentato di concordare l’inserimento nel programma, dopo cinque anni di governi (effettivamente) beceramente omofobi, dei soli Pacs, che risolvono solo il primo dei quattro problemi. E che oltre tutto lo risolvono in modo insoddisfacente e complicato, rispetto alla sospirata pura e semplice parità di diritti che offrirebbe il banale allargamento del matrimonio civile anche alle coppie dello stesso sesso.

Ebbene, neppure la singola richiesta minimale e insoddisfacente dei Pacs è stata accolta, e a loro parere dovremmo addirittura fare i salti di gioia per il fatto che il programma non contiene un "no" puro e semplice ai Pacs, e questo sarebbe addirittura un segnale di grande apertura e disponibilità! Se è per questo, il programma non contiene neppure la condanna a morte o il ripristino della tortura per le persone omosessuali, ma chissà perché fatico egualmente a fare i salti di gioia. Sarà davvero che sono un incontentabile? La rabbia oggi nasce dunque non dall’assenza d’una stupida parolina, bensì dall’assenza di qualsiasi cenno a qualsiasi delle quattro grandi questioni che sono la ragione d’essere del movimento gay e che toccano la discriminazione, la violenza e i diritti civili di alcuni milioni di esseri umani.

Per finire, se si trattasse davvero del problema di una parola, come oggi ipocritamente ci viene detto, non ci sarebbe alcun problema: battezziamo pure in altro modo la tutela delle coppie dello stesso sesso.

Che ne dite di "Unioni Registrate"? Oppure di "Riconoscimento giuridico delle coppie di fatto?" Preferite magari "Partnership registrata"?

Scegliete pure il nome che preferite: non credo che a nessuno la cosa importerebbe un fico, vero? Il problema è che la "Fabbrica del Programma" ha in effetti ragione, solo che stanno facendo i finti tonti, e sanno benissimo, ma non lo dicono, che la parola la cui mancanza sta suscitando la ribellione non è affatto la parola "Pacs", di cui possiamo tutti fare volentieri a meno. È la parola "coppia". Promettere il vago riconoscimento di non meglio precisati diritti agli individui che compongono le coppie di fatto significa che una volta di più, dopo dieci anni di attesa vana e per altri cinque anni ancora, è escluso un riconoscimento delle coppie di fatto. Le quali non hanno bisogno di ottenere diritti individuali: a quelli pensa già la Costituzione della Repubblica. Hanno bisogno che si riconosca che esistano in quanto coppie.

Cari amici della "Fabbrica": il programma fino al 24 febbraio 2006 non è ancora chiuso. Lasciatene pure fuori la parola "Pacs", se vi serve a non scannarvi a vicenda, e chiamate la cosa come vi pare meglio.

Però esigiamo che appaia la parola "coppie". E se vi dà fastidio pronunciarla, ditecelo...

Se volete il nostro voto, adesso sapere come conquistarvelo.

Giovanni Dall’Orto
direttore del mensile gay "Pride"