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QT n. 3, marzo 2020 Cover story

Chiusa la parentesi Mattarei

I notabili delle coop isolano e depongono la Presidente. Decisivi i suoi errori, ma soprattutto lo scontro, paradigmatico, con Cassa Centrale Banca. La cooperazione non sa affrontare il 2000?

Marina Mattarei

Con le dimissioni a raffica dei consiglieri del Cda della Federazione (16 su 23) il 21 febbraio è finita la presidenza di Marina Mattarei, automaticamente decaduta. Si è così esaurito, e malamente, tra accuse di dilettantismo, verticismo, personalismo, il tentativo di Mattarei di innovare il movimento cooperativo. Innovare sì, ma come e perché?

Dell’importanza di un profondo rinnovamento indubbiamente c’era e c’è consapevolezza nel vastissimo ed ancor forte mondo cooperativo trentino, egemone nel settore agricolo, fortissimo nel credito, nel consumo, nella solidarietà sociale. Un gigante insomma, ma con i piedi malfermi. Perché le dinamiche al suo interno rischiano di minarne l’essenza. La competizione economica infatti, che postula efficienza ed economie di scala, è stata affrontata attraverso le fusioni tra cooperative, e soprattutto attraverso il loro convergere in consorzi (Cavit per le Cantine sociali, Cassa Centrale per le Rurali, Sait per le Famiglie Cooperative ecc.) che ne curano, centralizzandoli, i servizi (commercializzazione, approvvigionamenti ecc.) non gestibili dalla singola cooperativa. Tale architettura societaria, caratteristica del Trentino, ha permesso di raggiungere risultati brillanti.

Ma ha anche indotto nuove dinamiche sociali. Ha via via spostato il potere decisionale dalle cooperative, spesso di valle, al consorzio, dal socio ai manager. Col conseguente rischio crescente di un appannamento delle ragioni di fondo del mutualismo. Il fenomeno si è aggravato con il progressivo consolidarsi di un ceto di dirigenti cooperativi, più boss che manager, esperti nel tessere relazioni, nell’imbonire e all’occorrenza intimorire, nell’assicurarsi reciprocamente appoggi e poltrone, e pretendere, dai subordinati, “fedeltà” (in proposito notiamo l’apparire, nei discorsi ma anche negli statuti del nuovo concetto di “fedeltà cooperativa”, che significa sottomissione al livello superiore, con un ribaltamento di quella che dovrebbe essere la gerarchia cooperativa: il socio che determina gli amministratori, le coop che guidano i consorzi).

Questa dinamica, talvolta negata a parole, talaltra presentata come indispensabile per fronteggiare la concorrenza, ha indotto un vasto disagio nei cooperatori, che da una parte mal sopportano i boss anche quando si presentano melliflui, dall’altra si interrogano sul futuro della propria impresa, sul senso del proprio lavoro.

Giugno 2018: l’assemblea della Federazione da cui Marina Mattarei ?uscì vincitrice.

Da qui l’inaspettata vittoria alla presidenza della Federazione, nel giugno 2018, di Marina Mattarei, espressione degli “innovatori”. Complice un sistema elettorale strampalato (il presidente eletto a voto segreto dall’assemblea dei presidenti delle coop; il cda dai comitati di settore, dove sono preponderanti i consorzi e le società di sistema), le cooperative, libere di esprimersi, hanno votato per il rinnovamento; i maggiorenti, egemoni nei comitati di settore, l’ hanno cinturata con un cda in cui hanno la maggioranza.

Un esito quindi contradditorio. Il rinnovamento aveva sì vinto, ma ora doveva convincere, per aver ragione delle resistenze radicate negli stessi organi dirigenti.

Il fatto è che gli innovatori erano giunti esausti al traguardo. O meglio, ci era arrivata solo Mattarei. Geremia Gios, già uomo di punta dell’innovazione, si era perso nel maldestro tentativo di giocare una propria personalissima partita alle elezioni provinciali di quell’autunno. Giuliano Beltrami, una vita per il rinnovamento cooperativo, si era messo a correre da solo alla presidenza in contrapposizione alla storica compagna di lotta Mattarei, finendo bocciato e isolato. Marina non aveva più tanti punti cui appoggiarsi. E così iniziò subito sbagliando.

Gli errori della presidente

Dapprima non si ridusse (mettendo insieme le varie voci) lo stipendio da presidente, allineandosi così, nello spirito se non nelle cifre, alle pratiche dei notabili. Peccato veniale, forse, ma grave come danno d’immagine.

Poi fece di peggio. Si rifiutò di condannare le xebofobe politiche anti-immigrazione (e anti cooperative sociali, descritte come parassitarie) del presidente della Giunta provinciale Fugatti. Ancora oggi Mattarei non rinnega quella posizione, descrivendo come “correttezza tra istituzioni” quella che è stata subalternità rispetto a principi fondamentali e come “fuffa, pretesti” le corali, indignate proteste incontrate nel movimento.

Sta di fatto che i maggiorenti si trovarono servita su un piatto d’argento l’occasione per il contrattacco. “Fu una gogna mediatica durata quattro mesi” – ci dice Mattarei - sfociata in aprile in un documento di 17 consiglieri del cda che imponeva una serie di diktat, a iniziare dalle nomine nelle società di sistema” e il posizionamento di altre persone in posti chiave. “Si puntava alle mie dimissioni, ma io rispondo ai soci che mi hanno eletto, non al cda e non mi sono dimessa”.

La presidente, dopo aver respinto in giugno un ulteriore assalto in cda (questa volta di 11 consiglieri su 23, quindi – per pochissimo – una minoranza) che puntava a negarle qualsiasi margine di autonomia, passava a concretizzare il buon rapporto intessuto con Fugatti: “Abbiamo definito una vision per il movimento, anche lavorando con la Giunta provinciale sugli Stati generali della montagna. È il tema di come sostenere, nella realtà, il vivere in montagna. Sono orgogliosa di dire che lì la cooperazione ha presentato un proprio pensiero, elaborato da tutti i consiglieri, attraverso diverse riunioni in gruppi di lavoro. Un importante metodo partecipativo, e un buon risultato, con la definizione di piani strategici settoriali, su formazione, lavoro, vigilanza ecc. Si è detto che è stata una mera operazione di marketing. In realtà con la Giunta abbiamo definito un protocollo d’intesa articolato in 15 obiettivi e 62 azioni concrete, rendicontabili. Quando si dice che questo Consiglio non ha prodotto niente, è un falso, c’è invece stata sostanza, linea strategica, abbiamo prodotto tanto, a supporto della cooperazione e della popolazione, vedi le azioni per mantenere vive le cooperative nelle terre alte”.

Non sappiamo come valutare questa convergenza e questi obiettivi. A noi la Giunta Fugatti non è sembrata un partner molto solido; di sicuro, comunque, si è impegnata e si impegna nel sostegno alle valli, che ha individuato come il bacino elettorale da privilegiare, magari con “vision” discutibili (indifferenza verso l’ambiente), ma sicuramente con un’attenzione non occasionale; che abbia declinato questo impegno in sinergia con la cooperazione, ci sembra positivo.

Le piccole banche e la grande banca

Ma Mattarei non ha potuto godere di alcuna ricaduta di questo lavoro. Perchè allo stesso momento iniziava a bussare alle porte il grande problema della cooperazione, quello per cui lei era stata votata: la sfida a mantenere la modernizzazione delle aziende cooperative all’interno dei principi cooperativi.

Il punto era il credito cooperativo. Con una grande domanda: le Casse Rurali ora nel Gruppo Cassa Centrale Banca, appartengono ancora al sistema cooperativo o sono meri sportelli di un gruppo nazionale? Quando i consigli di amministrazione delle Casse (anche quelle virtuose, non solo quelle in deficit) possono essere revocati dal centro (ora in via Segantini, domani chissà) cosa contano? E cosa contano i soci?

La domanda è importantissima per la stessa CCB. “La norma nazionale prevede che nel gruppo permangano mutualità e territorialità – afferma Mattarei - e quindi ora i vertici hanno una certa preoccupazione, sia dal punto di vista normativo che da quello dell’immagine”. E non stentiamo a crederlo: se la gente non si identifica più con la Rurale, perchè dovrebbe effettuare lì i depositi invece che su una banca on line?

Ma la questione è basilare anche per l’insieme del movimento cooperativo: come si risponde alle nuove leggi dell’economia, all’avanzare dell’internazionalizzazione, alle spinte spesso incontrollate verso le grandi dimensioni? Si rimane al piccolo è bello? Si consegna il potere ai manager, o peggio, ai plenipotenziari? E come si fanno convivere, oggi, le ragioni della mutualità con le attuali convenienze economiche?

Come si vede, il test delle banche si rivelava importantissimo per il sistema non solo perchè le Rurali ne sono il pezzo economicamente più pregiato.

Partendo da questi presupposti si creava un gruppo di lavoro, presieduto dal vice-presidente per il credito Marco Misconel e con i consiglieri, Trainotti, D’Andrea e Pilati. Si è arrivati a gennaio con una bozza di lavoro sui temi veri, i rapporti tra le Casse e il gruppo nazionale, tra le Casse e la Federazione e quindi il movimento cooperativo.

In parallelo montava la feroce polemica sull’assemblea della fusione della Rurale di Lavis con quella di Trento (“Al di là degli esiti giudiziari, è stato comunque un danno reputazionale enorme per il non rispetto dei regolamenti – denuncia durissima Mattarei – C’è stata una gestione dell’assemblea indegna, per non parlare delle menzogne propalate a maggio sulla non esistenza di progetti di fusione, per poi presentarsi con la fusione come dato irrevocabile”).

Ma anche prescindendo da questi giudizi, è stato comunque l’ascolto che hanno trovato i contrari alla fusione prima e dopo l’assemblea, anche fuori dalle Rurali interessate, ad evidenziare come il problema del gigantismo incontrollato, della crescente perdita di potere della base, sia ormai un tema sentitissimo, lacerante dentro il movimento. Su cui si è inserita la stessa Provincia, che in tribunale si è schierata dalla parte dei contestatori presentando un discorso ad adiuvandum.

C’è poi il mondo imprenditoriale. Che ripetutamente ha espresso disagio rispetto alle prospettive del credito se le Casse finiscono con il fare riferimento non al territorio, ma alle logiche nazionali di un grande gruppo. In particolare hanno sollecitato la Provincia a mantenere una propria quota dentro Mediocredito, l’istituto specializzato nel credito alle imprese, le cui quote sono in predicato di passare alla cooperazione, cioè a Cassa Centrale Banca. Su questo si è realizzata una convergenza eterogenea e molto ampia: gli imprenditori, la giunta Fugatti, l’ex ministro (grillino) Fraccaro oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. E la Federazione, cioè Mattarei. “Ho ripetutamente spinto, e si è realizzato, un incontro tra Cassa Centrale e il Coordinamento Imprenditori, per ragionare su come si pone il piano strategico di Ccb a supporto dello sviluppo economico locale. Doveva esserci un secondo incontro, il 20 dicembre, ma è stato fatto saltare da Mario Sartori (amministratore delegato e uomo forte di Cassa Centrale, n.d.r.) e, nonostante l’irritazione degli imprenditori e le mie sollecitazioni, non si è riusciti a riconvocarlo a tutt’oggi. Su Mediocredito gli imprenditori erano d’accordo nel mantenerlo nell’ambito cooperativo, conservando però una quota pubblica. Io mi chiedo: Sartori vuole la quota pubblica?

La lettura dell’ex presidente è chiara: Cassa Centrale si è sentita accerchiata. Da una parte le Rurali che attraverso il gruppo di lavoro Misconel potevano ridefinire i rapporti con la Federazione, e una rumorosa dissidenza di base che contestava la politica centralizzatrice del gruppo; dall’altra la giunta Fugatti e gli imprenditori, scettici sulle politiche territoriali di Ccb; in mezzo Mattarei, a saldare il fronte. Di qui la decisione di far fuori Mattarei, prontamente supportata dai maggiorenti. Insomma, secondo questa lettura, è stato proprio l’aggregarsi di forze e di idee attorno alla presidente ad affrettarne la rimozione.

Riportiamo i vari passaggi. Il 17 gennaio Mario Misconel si dimette da vicepresidente con delega al credito (e a ruota lo seguono gli altri consiglieri del credito Dandrea e Pilati) per “dare un segnale forte al movimento di credito cooperativo per rilanciare il ruolo delle Casse Rurali e della Federazione che le rappresenta”, insomma per spronare le Rurali a non cincischiare sul processo di definizione dei rapporti con Cassa Centrale. Il gruppo di lavoro su cui Misconel lavorava va avanti, affina il documento di Misconel (vi lavora Franco Senesi, presidente di Mediocredito e della Rurale Alta Valsugana) e ne calendarizza discussione ed approvazione per il 14 febbraio. Ma non ci si arriva, perché prima, il 10 febbraio; si dimette dalla Federazione Paolo Spagni (già stimato dirigente della PAT, e portato nella cooperazione dal boss del Sait Rentato Dalpalù) denunciando l’inerzia (“nella migliore delle ipotesi”) della Federazione nella controversia giudiziaria tra Provincia e Rurale di Trento e Ccb sulla controversa fusione; e la “particolare attenzione a vari focolai di dissenso (riforma del credito, Carige, fondo comune, fusioni, abbandoni del Sait...)”. Insomma, lo stimato dirigente stila (“nelle motivazioni delle dimissioni sta tutto il mio pensiero” ci conferma per telefono) un inappuntabile manifesto della conservazione cooperativa (non manca il brusco invito a “una più leale collaborazione da parte di tutte le Famiglie Cooperative nell’ambito del sistema coop”, vale a dire la sudditanza delle cooperative ai consorzi).

A quelle di Spagni seguono a ruota altre dimissioni per un totale di 16. Così finisce la presidenza Mattarei.

Tre domande a Fracalossi

Giorgio Fracalossi

Sul terremoto in Federcoop avremmo voluto riportare il punto di vista di Giorgio Fracalossi, presidente di Cassa Centrale Banca. Fracalossi, in giro per l’Italia, non è riuscito a risponderci in tempo utile. Pubblichiamo comunque le domande e confidiamo nei prossimi numeri di riportare le risposte.

1. Uno dei temi che ha più ha lacerato la Federazione è stato il rapporto tra le Casse rurali e il gruppo nazionale da una parte, tra le Casse e la Federazione dall’altra. All’uopo si era formata una commissione (Misconel, Trainotti, D’Andrea e Pilati) che aveva formulato un primo documento. Mai reso pubblico. Un documento su un tema centrale (se le Casse appartengono al sistema cooperativo o sono sportelli di un gruppo nazionale) e per il gruppo CCB e per il sistema mutualistico trentino. C’è chi sostiene – la stessa Mattarei tra questi – che le dimissioni dei membri del cda della Federazione siano state indotte per impedire l’approvazione del documento Misconel e il ricompattamento delle Casse al movimento cooperativo. Che dice in proposito?

2. Può esprimere una valutazione (sia come presidente della maggior Cassa del Trentino, che del gruppo nazionale Ccb) sul documento Misconel, sul quale a questo punto è disdicevole la segretezza?

3. E in ogni caso, può esprimere in sintesi il suo pensiero su quali dovrebbero essere i rapporti CR\Ccb e CR\Federazione? Cioè, ritiene che le Casse debbano essere interne alla Federazione trentina oppure no?