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QT n. 18, 27 ottobre 2007 Monitor

Brachetti: un attore da poco, ma con tanto di cappello

Brachetti è attore e mago dilettante, bravo trasformista e straordinario teatrante di strada. E il suo spettacolo è molto leggero, se ne esce con il sorriso sulle labbra.

Arturo Brachetti deve gran parte della propria popolarità a qualche spettacolare comparsata alla televisione che ogni giorno perde di qualità ma che mantiene inalterato il proprio potere pubblicitario e propagandistico. Questo il motivo per cui la gente ha fatto la coda per accaparrarsi un biglietto per il suo spettacolo "L’uomo dai mille volti" e il Centro Santa Chiara ha dovuto aggiunte due ulteriori date al suo spettacolo.

Spettacolo leggero, leggerissimo il suo, da cui si esce con un lieve sorriso sulle labbra. Eppure il buon Brachetti non sa recitare (in alcuni momenti è addirittura di un dilettantismo imbarazzante), non sa cantare, i numeri di magia sono elementari e il suo spettacolo non è supportato da buona sceneggiatura. La sindrome-Benigni cioè dell’attore con velleità d’autore continua dunque a fare vittime. Ma Brachetti è "un artista trasformista, l’unico al mondo che è capace di coniugare la magia del teatro con l’arte del trasformismo" . Cosi recita la pomposa guida alla stagione del Centro S.Chiara.

In realtà cosa è Brachetti? Un attore dilettante, un mago scarso, un bravo trasformista (supportato da una sfarzosa scenografia e da oscuri ma bravissimi tecnici dietro le quinte ) e un ottimo teatrante di strada.

La trama dello spettacolo è semplicemente un pretesto, una cornice per mostrare al pubblico tutta l’abilità dell’uomo dai mille volti: Arturo ormai adulto ritorna nella soffitta della propria infanzia e lì ritrova oggetti e ricordi e personaggi che hanno popolato la sua infanzia e adolescenza, compresa una fastidiosa borsetta-madre parlante. E partono le trasformazioni mirabolanti nel corso delle quali il nostro si trasforma in cow-boy, principessa, Barbie e, nella seconda parte dello spettacolo, in King Kong, Liza Minelli, Judy Garland, Humphrey Bogart, Federico Fellini, eccetera.

Va detto che dopo un po’ il vortice del trasformismo, così fine a se stesso, annoia tutti (esclusi, naturalmente, i sempiternamente entusiastici giornalisti dei quotidiani L’Adige e Trentino). Brachetti invece si diverte un mondo, soprattutto quando il travestimento è al femminile (complimenti per le gran belle gambe da donna!).

Lo spettacolo raggiunge i momenti migliori quando il trasformista Arturo, manipolando un semplice pezzo di stoffa che dovrebbe essere un cappello, riesce ad assumere le sembianze di ben 25 personaggi: un cardinale, un pirata, un samurai, un laureato, Arlecchino Capitan Uncino, Carlo d’Inghilterra, ecc… O quando riesce a ricreare con straordinaria maestria il misterioso mondo delle ombre cinesi.

Insomma il bravo Brachetti è quello che usa e sa usare con grandissima abilità un banale cappello e le mani. Come ogni tanto si vede fare negli angoli delle piazze e per la strada.

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