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Un tormentone vecchio di 500 anni

Accattoni, sindaci e trentini dalla “mano contratta”

Trento, 1545-Trento, 2009. Sono passati 464 anni e si ritorna al punto di partenza. Parliamo di quella imbarazzante pratica chiamata accattonaggio, che pare non aver smesso di infastidire i buoni cittadini trentini.

Leo Lucassen, importante studioso olandese di storia delle migrazioni, in un suo saggio (Eternal Vagrants? State Formation, Migration, and Travelling Groups in Western-Europe) spiega come l’evoluzione del controllo sociale sui vagabondi, i poveri, i mendicanti, i migranti sia stato un elemento essenziale nel processo di formazione degli stati nazionali europei. E cita, quale esempio di legislazione in questo campo, il caso di Trento: per tutta la durata del concilio - iniziato nel 1545 e continuato fino al 1563 con varie interruzioni - le autorità cittadine avevano stabilito il divieto di mendicare nei pressi del luogo di svolgimento dei lavori.

Come stupirsi, dunque, se oggi, e con una certa soddisfazione da parte degli abitanti, cittadine come Borgo Valsugana e Arco stabiliscono il divieto di chiedere la carità sul suolo comunale? Era solo questione di tempo, potrebbe ironizzare qualcuno.

Eppure in mezzo ci sono cinque secoli di storia, durante i quali nel loro sviluppo le nazioni hanno avuto bisogno di definire i proprio confini e determinare chi era cittadino e chi no; chi poteva legittimamente chiedere la carità e chi no; chi era un povero buono e chi era un povero cattivo. I primi essendo essenzialmente i poveri locali, i secondi i foresti: non sia mai, fare la carità a uno che viene da fuori...

Per controllare migranti, vagabondi e mendicanti nascono le polizie e i passaporti, le prigioni, i manicomi, i ghetti: il confine tra povero e criminale si assottiglia e si confonde nella comune paura delle classi pericolose, incubo della borghesia ottocentesca. Dentro c’erano tutti, ma soprattutto il nuovo strato sociale nato dalla rivoluzione industriale: il proletariato. Anche lui migrante, vagabondo, povero, sporco. E pericoloso.

La “lotta agli accattoni” é tornata di moda ed é stata il tormentone dell’estate in Trentino: “Sono organizzati”, spiega quello con scandalo; “È un lavoro da gente che non ha voglia di lavorare”, scrive quell’altro, sottolineando il bel gruzzoletto giornaliero guadagnato con la questua. Roba vecchia.

Piero Camporesi pubblicò nel 1973 il Libro dei vagabondi (da poco ripubblicato da Garzanti), che metteva insieme due testi, uno del ‘400 e uno del ‘600, entrambi incentrati sul vasto e colorato mondo dei questuanti del tempo (“bianti”, “accattosi”, “alacrimanti”, “accadenti”, e chi più ne ha più ne metta). Scriveva lo studioso a commento: “La storia dei falsi vagabondi è storia eminentemente letteraria, quindi fantastica, fortemente irreale e, inoltre, tendenziosa e classista”. Ma se la storia non é maestra, allora forse la fede potrà aiutare chi é più duro d’orecchi. “Stendi la mano tua, perché non resti contratta”, scriveva Giovanni Crisostomo e aggiungeva: “Non è nostro compito esaminare la vita degli altri”.

E se ancora non bastasse, invochiamo allora il meno sacro ma pur sempre stringente giudizio del Tar, che il 21 aprile 2009 ha bocciato l’ordinanza anti-accattoni del comune di Merano.

Come in Trentino, a Merano si giustificava la misura con la lotta contro “l’accattonaggio organizzato” e lo “sfruttamento di minori o le molestie”. Tutti reati da codice penale, che non é possibile presumere come fanno le ordinanze, ma che necessitano di essere provati davanti ad un giudice.

A promuovere il ricorso presso il Tar l’ex direttore della Caritas altoatesina, Franz Kripp, che intervistato dalla redazione trentina di Radio Onda d’Urto (sui 105.5 a Trento e sui 99.5 nel Basso Sarca) ha spiegato: “Si vuole ‘ripulire’ la città. Anche da quello che potrebbe essere per noi uno stimolo per pensare che il mondo non è solo una facciata bella”.

Tutto il contrario della filosofia del sindaco di Arco Veronesi: secondo lui i mendicanti “concorrono a creare una percezione di insicurezza e disagio”. Si tratta, appunto, di percezione; siamo dunque nella sfera delle emozioni, del soggettivo, non del reale. Un modo di fare politica che ben si addice a questa era dell’apparenza.

Intanto il sindaco di Verona Flavio Tosi ci manda i suoi accattoni via treno. E noi a chi li manderemo? E quando non potranno più andare da nessuna parte? Troveremo ben un qualche posticino dove rinchiuderli.