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Una recensione ideologica?

Attilio Fronza

Che dire, signor Niro, sono amareggiato per la recensione del mio libro sulla sua rivista (QT n. 3, marzo 2010), almeno poteva avvertirmi o per lo meno dirmi certe cose, prima di pubblicarla. Purtroppo Lei ragiona da uomo di sinistra e non vede le cose fuori da questa sfera: nel 1946, quando la DC estromise la sinistra dal governo, per compensazione lasciò la cultura in mano al PCI e a distanza di sessant’anni e più si leggono articoli o recensioni come la sua.

Io non sono e non sarò mai di destra, anzi sono sempre stato di sinistra, ma a livello storico non sopporto l’invadenza politica e un certo vocabolario che rasenta il volgare, e la volgarità è la sola arma che usate voi, carta stampata politicizzata e non distinguo fra destra o sinistra, siete tutti uguali. La Storia deve essere raccontata nei fatti e non come vuole la segreteria di partito, dobbiamo essere più obiettivi nel raccontare periodi tragici e drammatici, e invece l’odio partitico va ancora a svilire le più semplici testimonianze, “sciatte” come dice Lei.

Non sono uno scrittore di professione, sono pienamente consapevole di come è stato scritto il libro, scritto né per scagionare né per criticare coloro i quali fecero parte del Corpo di Sicurezza Trentino; il suo intento era quello di riportare una testimonianza, vissuta da chi suo malgrado dovette stare dalla parte “sbagliata”; sicuramente doveva essere letto anche da persone semplici senza condizionamenti politici e culturali, da gente che in vari casi ha conosciuto quei momenti, e molti di loro hanno avuto frasi di stima nei miei confronti.

La disciplina, il terrore, la paura di portare altre sventure nell’ambito familiare non hanno fatto del protagonista un eroe, ma uno dei tanti italiani o trentini che subirono gli avvenimenti. Accetto più la paura del popolo trentino (in quel momento numerosa era la presenza tedesca nel nostro territorio e il rischio di rappresaglie nei confronti dei reticenti e delle loro famiglie) che l’opportunismo di certe popolazioni (lei potrebbe obiettare che i trentini sono stati opportunisti), le quali prima si fanno belle e generose ai tuoi occhi e poi (scusi il termine) ti fottono.

Non si offenda se scrivo questo, Lei, dopo tutto, è stato sincero e non vigliacco a dire certe cose alle spalle come fanno molti, ma volevo farle capire (e sono sincero pure io) che la storia, se viene interpretata politicamente, non potrà mai insegnarci nulla.

Io pecco ancora per essere nuovo in questo ambiente, e se ho capito alcune cose, altre faccio ancora fatica a comprenderle, ad accettarle per meglio: a volte sono più utili certe critiche sincere rispettando l’altro.

Mi sarebbe piaciuto avere con lei un incontro di persona e forse sarebbe uscita un’intervista dove poteva esserci una vera dialettica sull’argomento.

Signor Niro, ecco tutto. Spero di essere stato compreso, come ho compreso la sua recensione: prima di tutto la schiettezza e la sincerità. Cordiali saluti.

* * *

Gentile Attilio, la ringrazio per le sue osservazioni, anche io apprezzo la sua sincerità. Purtroppo, la deontologia e le dinamiche del mestiere giornalistico sconsigliano di far leggere i pezzi agli autori o agli interessati prima della pubblicazione. Se così facessimo, il nostro lavoro sarebbe continuamente bloccato, credo lo capisca.

Rispetto al merito delle sue critiche, pensi che anche io rifiuto ogni ideologia, e del suo sforzo ho apprezzato molto l’assenza di letture ideologiche. Non ho letto il testo con lenti particolari, glielo assicuro. Il giudizio storico - come ha letto - lo sospendo: troppo approfondite erano le conoscenze storiche richieste per poterne dare uno definitivo, e probabilmente anche per chi quelle conoscenze le ha, la delicatezza della scelta - disertare col rischio di rappresaglie sulle famiglie - suggerisce per ragioni di umanità di sospenderlo comunque.

 Diverso il discorso sulla forma, rispetto alla quale parlo di stile “sciatto”. Il termine non è gentile, ma il giornalismo richiede talvolta l’uso della spada piuttosto che del fioretto. E, perdoni la franchezza, qualunque testo, anche quelli storici, specialmente le biografie, si leggono più agevolmente e più volentieri se la narrazione avvolge, incalza, ha ritmo. Purtroppo non ho rilevato queste caratteristiche nel suo testo. Il che, comunque, non pregiudica l’encomio per lo sforzo da lei fatto. Né penso che dalla mia breve recensione trasparisse un qualunque intento dispregiativo. Un caro saluto,

 Marco Niro

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