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Le cave: cosa nostra?

Carlo de Giovanelli

Come spesso accade, il capogruppo della Lega Nord Savoi usa slogans secchi e semplici, per attirare l’attenzione e conquistare il consenso, ma ormai le persone un attimo più accorte capiscono che i problemi sono sempre più complicati, che le soluzioni uniche e categoriche non esistono, ma si devono trovare partendo da tante e complesse angolazioni.

Lo slogan di recente conio “le cave sono cosa nostra” (l’Adige, 25 marzo) si presta a una curiosa interpretazione: infatti, se evidenziamo quel “cosa nostra”, non possiamo che pensare a luoghi e metodi sicuramente non tradizionali del Trentino, e che il connesso disprezzo per le regole (in questo caso comunitarie) sia più di tipo levantino che tirolese.

 C’è da chiedersi se procedere attraverso forzature come quella del Comune di Albiano per 26 anni di moratoria alla libera concorrenza (deliberata con 36 votazioni per eludere le troppe incompatibilità dei consiglieri) rappresenti veramente una politica lungimirante e non invece come io penso, il colpo di coda di un sistema immobile, che da più di quarant’anni passa di padre in figlio, in perenne lotta interna tra cava e cava, tra artigiano e artigiano, e che a causa della crisi, ma oltre la stessa, sta mostrando sempre più la corda. Le sollecitazioni della Provincia, peraltro accettate correttamente dai Comuni di Cembra, Lona Lases e Capriana, non servono solo a evitare procedure d’infrazione da parte della Comunità Europea, ma credo intendano mettere il comparto porfido di fronte ad una sfida più avanzata. In tempo di crisi è obbligatorio pensare a soluzioni diverse da quelle percorse prima; l’urgenza di rispondere alle sfide della globalizzazione, impone anche al settore porfido la necessità di sollecitare nuove idee, accorpare le energie, permettendo anche a nuovi soggetti, non necessariamente “arabi e cinesi”, di affacciarsi al mercato alzando il livello e la qualità delle strutture aziendali e mettendole in grado d’investire in ricerca tecnologica e in formazione di quadri qualificati.

Una rinascita aziendale nella quale il porfido rappresenti solo uno degli ingredienti di un’offerta variegata di lavorazioni Occorre passare dal sistema attuale di semplice estrazione e vendita (sempre più possibile e competitivo ad altre latitudini), alla sperimentazione di nuovi livelli di progettazione e ad un utilizzo integrato di tecniche di valorizzazione del territorio, con l’ambizione di diventare un polo di eccellenza della pietra e dell’arredo urbano, del ripristino e del risanamento territoriale: Albiano per le pietre come S. Michele per l’agricoltura.

Gli imprenditori più avveduti si stanno già muovendo in questa direzione, e la politica deve favorire e incoraggiare questi processi.

Cavalcare i malesseri di una classe imprenditoriale costretta al cambiamento, non aiuta le imprese e nemmeno le prospettive economiche della nostra valle.

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