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QT n. 1, gennaio 2013 Servizi

Quale sviluppo per Fassa?

La distanza tra gli auspici dei cittadini e la politica miope ed asservita. Ma, forse, qualcosa si muove.

Foresta e vette del Latemar, patrimonio mondiale dell’UNESCO

Con grande sorpresa, in valle di Fassa, cittadini ed operatori economici cercano di rispondere alla crisi con riflessioni nuove. Da anni, dai tempi dell’attività di SOS Dolomites (siamo negli anni ‘80), non si sentivano slanci ideali tanto forti, motivati. Il rapporto sullo sviluppo costruito attraverso settanta interviste, un documento che dovrà sollecitare le linee guida del futuro piano urbanistico del Comun Generale, afferma che quantità e qualità delle offerte devono convivere, che i 60.000 posti letti presenti sono un limite che fanno subire le scelte e quindi privano il territorio di autonomia decisionale e la popolazione di identità. Gli operatori chiedono di investire in Dolomiti UNESCO come lettura di un territorio unico e diversificato, riconversione del patrimonio edilizio, chiedono specialmente tempo. Tempo per poter riflettere sulle famiglie, sul futuro dei loro giovani, tempo per vivere e offrire un senso al lavoro, superando il disagio vissuto dai ragazzi. Si tratta di 160 pagine che con continuità mettono finalmente al centro dello sviluppo la persona e quindi un nuovo welfare, il bisogno di servizi, pubblici, e di sostegno alle aziende. Per l’ampiezza, unanime, del riscontro ottenuto da queste tesi, si tratta di un passaggio culturale estremamente innovativo per la valle. Mai era accaduto di ascoltare ambientalisti, operatori sociali, imprenditori dello sci e albergatori parlare la medesima lingua e specialmente concordare sui medesimi obiettivi.

Ma il mondo istituzionale non raccoglie. Sindaci ed amministratori della comunità di valle sono ancora fermi al passato. Mentre l’assessorato alla sanità sta smantellando di fatto l’operatività dell’Ospedale di Cavalese, mentre si accentra a Trento il potere decisionale sul Museo-pinacoteca della Magnifica Comunità di Fiemme, si tengono bloccati tutti i progetti formativi, l’assistenza sociale soffre di mancanza di personale e di fondi a sostegno delle famiglie, la politica risponde con un piano stralcio del Comun Generale che prevede nuove circonvallazioni e specialmente nuovi collegamenti sciistici: Moena - Passo di Costalunga, Moena - Lusia, Pera - Gardeccia, un pistone di rientro su Col Rodella verso Campitello e l’arroccamento in Marmolada da Fedaia a Punta Rocca.

Il piano si guarda bene dal verificare la sostenibilità sociale, ambientale, e men che meno economica delle varie opere proposte; come continuano a ribadire alcuni sindaci, “si pretende - la Provincia deve dare” perché, a sentire loro, in valle di Fassa non è mai arrivato niente.

Prendiamo un solo esempio: il collegamento fra Moena e la Ski area di Carezza.

Due anni fa un gruppo di imprenditori di Moena, allarmati dal basso tasso di utilizzo degli alberghi (inferiore al 40% delle potenzialità), dalla crisi degli affitti degli appartamenti turistici, intravedeva in questo collegamento la risoluzione di tutti i problemi della ex fata delle Dolomiti, oggi Perla alpina.

Non hanno lasciato spazio al dibattito, né aperto alcun confronto, preferendo sommare a cinquant’anni di errori urbanistici una nuova scellerata scelta.

Foto spettacolare del lago di Carezza, novembre 2012

Per sostenere il collegamento, non certo casualmente, alle assemblee interviene, oltre ai dirigenti e proprietari degli impianti di Carezza, l’assessore provinciale al turismo della Provincia di Bolzano Widmann. La nuova area sciistica di Carezza, dopo aver devastato l’ambiente del passo di Costalunga, aver portato sul Comune di Nova Levante la bandiera nera di Legambiente (2010), imposto un severo, continuo e ancora attuale conflitto con il mondo alpinistico ed ambientalista dell’Alto Adige, oggi soffre deficit spaventosi. Si individua un unico modo per recuperare: attingere passaggi dai 60 alberghi di Moena e dai 18 di Soraga, proponendo un collegamento funiviario discutibile, facendolo passare per mobilità alternativa. Senza paura del ridicolo, i proponenti arrivano a spiegare che perfino le casalinghe di Soraga prenderanno l’impianto per venire a fare la spesa alla famiglia cooperativa di Moena, grazie a 12 minuti di funivia.

Il costo previsto è di 35 milioni di euro circa, 20 dei quali pubblici. Si prevedono 650.000 passaggi tra estate ed inverno (la funivia di Siusi, con la strada chiusa al traffico, raggiunge 550.000 passaggi annui, quelle locali si aggirano attorno a 100-120.000), la ricaduta sul valore degli immobili dei due Comuni porterà un incremento sostanziale del 20%, e, come in un sogno, la stagione estiva si protrarrà a tutto ottobre.

Nella prima stesura del progetto non si fa minimamente cenno al valore paesaggistico rappresentato dai prati di Sorte (Moena), o ad un bosco, il più importante dal punto di vista strutturale e paesaggistico presente in tutta Fassa, che sarà inciso da cinque chilometri di funi causando il taglio di oltre diecimila piante. Nessuna attenzione verso un ambiente forestale che è il più frequentato della valle, che offre passeggiate serene che portano in poco tempo, meno di due ore, da Moena al lago di Carezza, oltre ad un territorio ricco di funghi e fauna selvatica: uno dei pochi ambienti oggi liberi da infrastrutture.

Sull’insieme del progetto la società che si è formata ha comunque raccolto importanti adesioni, specie a Soraga; altri hanno sottoscritto le quote solo per evitare di portarsi in conflitto con i poteri forti del paese (albergatori e singoli commercianti); sono stati raccolti oltre un milione di euro con una sottoscrizione sociale che arriverà a cinque milioni. Tutto questo costituisce un segnale di malessere del settore turistico, che va ascoltato. Come va positivamente valutata la volontà della nuova società di mantenere aperto il confronto con una buona parte del diffuso dissenso presente a Moena, interpretato non solo dalle associazioni alpinistiche o ambientalistiche. È una potenziale dialettica, che non aveva trovato spazio alcuno in altre realtà (Pinzolo, Folgaria, San Martino) dove invece potere politico e albergatori hanno solo imposto, e con arroganza, e senza sottoscrivere alcun aumento di capitale sociale privato; un passaggio, questo, che costituisce una novità nella nostra provincia.

Il bosco colonnare di Palue, verso Costalunga, che sarà inciso in modo definitivo dall’eventuale funivia.

Infatti, anche chi rifiuta questo collegamento riconosce la sofferenza del settore turistico nella bassa valle di Fassa ed è convinto che si debbano ricercare vir d’uscita. Ma con un metodo nuovo. Anche in questo caso, come altrove, Marmolada o Folgaria, si è comunque sbagliato nel metodo: sono sempre i poteri forti, o peggio singole persone, che impongono la loro volontà ad amministratori locali e provinciali deboli e legati al miope clientelismo del passato. Se due anni fa, invece di imporre, fosse stato aperto un tavolo con i cittadini, probabilmente la risposta ai veri problemi del turismo e della qualità sarebbe venuta da un processo di condivisione e di unità che avrebbe evitato ogni conflitto. E probabilmente le scelte, più incisive e durature nel tempo, avrebbero comportato previsioni di spesa molto più leggere.

Va comunque ribadito che anche questa proposta, negativa nel suo insieme e non accettabile, ha aperto segnali positivi che si sommano ad altri recenti. Quanto riassunto nel documento che precede l’elaborazione del piano urbanistico della Comunità di valle, gli accordi sulla Marmolada, l’avvio del confronto sulla rete delle riserve naturali, lasciano intravvedere un percorso culturale che sta incidendo in modo innovativo nel mondo imprenditoriale e sociale locale.

Siamo ancora costretti ad attendere il superamento di una inadeguatezza culturale del mondo politico, sempre più insostenibile.