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QT n. 9, settembre 2015 Trentagiorni

Croci e Grande Guerra

Gli Schützen hanno raggiunto il loro obiettivo: hanno disseminato sulle montagne trentine le loro croci, ben 46: croci che ricordano solo i morti di una parte, gli Standschützen. La targa sottostante recita, in tedesco e ladino: “In ricordo dei nostri Standschützen Tirolesi”. Firmato: gli Schützen del Tirolo.

La polemica è divampata forte sulla stampa trentina, i quotidiani sono stati inondati da decine di lettere con pareri favorevoli e contrari. Ma la figuraccia opportunistica, priva di sensibilità e rispetto, è stata quella caduta sulla Provincia di Trento. Già nella tarda primavera il CAI, la SAT e gli alpini si erano opposti alle croci, una imposizione che divide. La Provincia aveva detto che era necessario discutere e condividere prima di decidere. Ed invece ha tenuto il silenzio fino a quando le croci sono state portate sulle vette.

Il PATT sostiene l’iniziativa senza distinguere ambienti e situazioni. Mentre, all’opposto, il PD ricorda la plurale identità delle vittime e che la montagna “sta meglio libera da simboli” (Olivi). Certo è che la messa in opera delle croci si è autoimposta, in assenza di ogni esplicita e preventiva autorizzazione provinciale o del Comitato per il centenario.

Ma in realtà la Provincia si è espressa, anche se indirettamente: un unico ente, la Comunità dell’Alto Garda, aveva negato l’autorizzazione; ma la Provincia, su ricorso della locale compagnia degli Schützen, ha rovesciato la decisione.

Certo è che nelle decine di interventi letti non si riscontra un minimo di sensibilità sul valore della montagna: al di là dei siti internet, non vi è una sola posizione che chieda di liberare la montagna da ogni simbolo e lasciare che sia l’escursionista a leggerla secondo la sua sensibilità. C’è anche da riflettere su quanto sta avvenendo nei percorsi della celebrazione della Grande Guerra: sui soldi spesi, a chi sono stati devoluti, sul come si manterrà il patrimonio che è stato rivisitato, sui chilometri di sentieri riaperti e sulle trincee lavorate (come, sulla base di quale studio e approfondimento?) e su chi dovrà curare la manutenzione e avere la responsabilità della gestione e della sicurezza delle nuove infrastrutture.

Un esempio eclatante della superficialità con cui si interviene e della credibilità di alcuni attori.

Quattro anni fa in località Costabella (Passo San Pellegrino) viene ritrovato lo scheletro di un caduto italiano nei combattimenti. Chi fa il ritrovamento ricompone in un sacco le povere ossa più uno scarpone e lascia poco distante, nascosto, quanto ritrovato. In modo opportunistico un operatore della zona quest’anno finge il ritrovamento, ricompone come e dove ha voluto lo scheletro, lo circonda di altri ritrovamenti che nulla hanno a che fare con il caso e lo dà in pasto ai media coinvolgendo nella sceneggiata perfino organi preposti alla polizia. Il circo mediatico è stato servito, il comitato per il Centenario ha sottoscritto l’accaduto e l’associazione locale si è ritrovata coperta di gloria. Non servono commenti.

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Commenti (1)

Un po' di chiarezza .. Roberto Avanzini

Meno male che c'è Questotrentino a dare qualche notizia. Il ritrovamento al Passo San Pellegrino mi era parso un po' strano per le modalità e l'entità dei reperti; adesso, dopo mesi, per la prima volta leggo qualcosa che spiega un po' meglio la vicenda.
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