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QT n. 1, gennaio 2016 Servizi

Un’Italia sempre più “secolare”

Crollano battesimi, matrimoni religiosi e studenti che “fanno religione”. Resistono i medici “obiettori”, ma la fede c’entra ben poco...

“Fenomeno per il quale la società si allontana da schemi, usi e costumi tradizionali, nonché da posizioni dogmatiche e aprioristiche, specialmente in campo religioso” e anche “Passaggio di cose o istituzioni dalla dipendenza del potere ecclesiastico a quella del potere civile”. Sono le definizioni dei dizionari del concetto di “secolarizzazione”, più ampio, in quanto più profondo di quello di “laicizzazione”. In parole crude, sta ad indicare il declino della religione e della Chiesa nella società moderna.

% di studenti non frequentanti l'ora di religione Media nazionale: 11.5% (anno scol. 2013/2014)

Il fenomeno è stato indagato dalla Fondazione Critica Liberale, che assieme alla Cgil Nuovi Diritti, annualmente elabora un “Rapporto sulla secolarizzazione in Italia” utilizzando dati statistici di Istat, Cei, Ufficio Statistico del Vaticano, Ministeri dell’Economia, dell’Istruzione, della Salute. Giunto alla decima edizione, è stato presentato in provincia dai “Laici trentini”.

Quali le conclusioni di questo studio? In sostanza si conclude che la strada è segnata. Il processo di allontanamento dalla Chiesa cattolica (di questo stiamo parlando, l’Islam è un’altra cosa, ma non crediamo che, oltre alle tragiche fiammate dei fanatismi, le dinamiche di fondo siano tanto diverse) è in atto da anni nella società italiana, e prosegue senza soste.

In venti anni sono calati i battesimi: in valore assoluto (di circa 82.000 unità) e in percentuale (dal 92% dei nuovi nati del ‘94 all’80% scarso di oggi); le comunioni (-63.339); le cresime (-135.418). Il sacramento che subisce il crollo maggiore è il matrimonio religioso: dai 291.000 del ‘94 ai 194.000 del 2013 (-97.000 unità). Ancor più illuminanti le percentuali: oggi solo il 33% dei matrimoni è religioso, mentre il 43% è civile. Se consideriamo poi la diffusione non contabilizzata delle coppie di fatto, è evidente il crollo dell’istituto sacramentale negli ultimi decenni: nel lontano ma assolutamente comparabile 1961, i matrimoni esclusivamente religiosi erano l’80%, quelli solo civili un misero 2%, una nicchia di laici irriducibili.

Interessante è poi la variabile territoriale. Come si vede dalle cartine, nelle regioni del nord i matrimoni civili sono in netta maggioranza (a Siena e nella nostra Bolzano superano l’80%), mentre nel sud accade il contrario. Da notarsi che storicamente il sud non è mai stato più religioso del nord; a nostro avviso è il più lento e contraddittorio procedere della modernizzazione a spiegare, nel Meridione, la maggior tenuta delle tradizioni e quindi anche della religione. E se sommiamo le coppie di fatto risulta chiaro come il matrimonio religioso sia oramai un feticcio difeso dalla Curia e da politici conservatori e genuflessi, peraltro in larga misura separati o divorziati.

Se la nostra regione è avanti nella scelta del rito con cui convolare a nozze, altrettanto non può dirsi per l’istituto dell’obiezione di coscienza che consente ai ginecologi ospedalieri di non praticare l’aborto nei casi in cui la legge dello Stato lo consenta. È incredibile che la legge permetta una opzione (nata al momento dell’approvazione della legge sull’aborto per quei medici entrati in ospedale prima della sua approvazione) anche per i medici che oggi, scegliendo la sanità pubblica, sanno della esistenza di tale normativa, e che invece all’atto pratico rifiutano la sua applicazione, mescolando servizio pubblico e orientamento religioso, con il risultato che in Trentino il 67% dei medici per convenienze di carriera (l’aborto è considerato poco qualificante) e di carichi di lavoro, all’uopo si trasformano in cattolici rigorosi. Ridicolo, se non fosse che negli ospedali di intere province in Italia non vi sono medici che pratichino l’interruzione di gravidanza (per fortuna in calo come tipo di scelta), come anche nell’ospedale di Tione, dove su sei medici ginecologi tutti sei si dichiarano obiettori.

% di matrimoni civili sul totale Media nazionale: 43% (anno 2013)

Calano gli studenti nelle scuole cattoliche (mantenute con i soldi pubblici in barba al dettato costituzionale che prevede la presenza di scuole private ma “senza oneri per lo Stato”) e soprattutto calano gli studenti che scelgono l’ora di religione. L’ora di religioni, al plurale, sarebbe molto istruttiva, purché non insegnata da appartenenti di stretta osservanza di una qualche religione. Come invece è configurata attualmente, con gli insegnanti pagati dalla Provincia e/o dallo Stato ma scelti dal Vescovo, è nella sostanza un’ora di catechismo (come se i corsi di Scienze Politiche fossero tenuti da funzionari di partito, anzi di un solo partito).

Il gioco però non funziona: non solo per i dati riportati dal rapporto, a dire il vero non sconvolgenti (gli studenti non avvalentisi dell’ora di religione nelle scuole superiori sono raddoppiati in vent’anni, passando dal 9,7% del ‘95 al 18% del 2014), ma per la realtà pratica di queste ore, che non sono di insegnamento, ma di discussione su temi generalissimi se va bene, di ricreazione e gazzarra nella grande maggioranza dei casi.

Infine due parole sui soldi. La raccolta (obbligatoria nella sostanza) dell’8 per mille, anche grazie a ben congegnate campagne pubblicitarie, si è stabilizzata attorno ai 1.100 milioni, ed è cresciuta invece - questo il dato più interessante - come numero di soggetti fiscali che hanno effettuato la scelta, oggi il 45,8%. Una dinamica che forse spiega come il ruolo della Chiesa erogatrice di assistenza, vicina agli ultimi (ampiamente propagandato dalle campagne pubblicitarie) sia quello più popolare e gradito; che poi anche questi soldi vadano a finire per altri scopi, come sembrano indicare gli ultimi scandali, è tutto un altro discorso.

Contemporaneamente assistiamo ad una parallela diminuzione delle donazioni spontanee, probabilmente più legate a un’immagine di Chiesa istituzionale, che dal 1993 al 2013 passano da 22,5 milioni di euro a 11,2 così come cala il numero dei donatori da 152.362 a 88.309. Come spiegare i due dati? A nostro avviso è una riprova della popolarità della Chiesa non più istituzione globale bensì ridotta a “ospedale da campo”, come espresso da papa Francesco con un’immagine efficace, anche nella sua portata limitativa, perché un ospedale non è certo l’Assoluto.

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