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QT n. 3, marzo 2016 Servizi

Dai DICO alla legge Cirinnà

I tempi cambiano, la famiglia anche

L’8 febbraio del 2007 nascevano i DICO (“DIritti e doveri delle persone stabilmente COnviventi”), una proposta finalizzata al riconoscimento dei rapporti di convivenza registrati all’anagrafe. Una ipocrisia volta a mascherare, parlando di persone conviventi, l’idea di allargare l’istituto del matrimonio agli omosessuali.

Dai DICO si passò al CUS (“Contratto di Unione Solidale”) per finire al classico NdF (“nulla di fatto”), vuoi per la caduta del Governo Prodi, vuoi per la interferenza del Vaticano, vuoi per la incapacità della politica di interpretare la società sui temi dei diritti civili e della libertà.

Dopo otto anni, la rapida evoluzione della società e i continui richiami europei, la necessità di disciplinare il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso è diventata consapevolezza maggioritaria. Ed allora la battaglia è stata spostata su un diverso piano: impedire le adozioni da parte di persone dello stesso sesso, perché se oggi permettiamo ai gay di “sposarsi” come si potrà un domani impedire loro di adottare dei bambini? Così, dopo vari ghiribizzi parlamentari, il Senato ha votato una legge che di fatto riconosce agli omosessuali il diritto al matrimonio, però stralciando la norma che avrebbe permesso un primo embrione di adozione, permettendo al coniuge convivente dello stesso sesso di adottare il figlio dell’altro/a.

Da questo dibattito sul matrimonio gay e l’adozione per le coppie omosessuali emerge il problema più ampio, relativamente ai diritti civili, della doppia libertà: quella inviolabile e assoluta perché non incide sulle libertà altrui e quella relativa, che incide sui rapporti con gli altri e cambia con il cambiare dei tempi.

Dovrebbero far parte della libertà “assoluta” diritti come il matrimonio gay e la gestione del proprio corpo (prostituzione, utero in affitto, testamento biologico, eutanasia). In questi campi il solo limite imponibile dovrebbe essere da un lato il divieto dello sfruttamento (della prostituzione come dell’utero in affitto) e, per converso, lo Stato non dovrebbe imporre obblighi (eutanasia per tutti i malati terminali). Tutto il resto andrebbe considerato paternalismo, di Stato o imposto dalla religione, una violazione inaccettabile del diritto di ognuno di noi di vivere e morire come meglio crede.

Sono cambiati nel tempo invece, e continuano a cambiare, il riconoscimento e l’esercizio dei diritti che riguardano la libertà “relativa”. Nella Roma antica la famiglia basata sul matrimonio come lo intendiamo oggi era impensabile. In America negli anni Cinquanta non era vietato che una bianca sposasse un “negro”, ma la cosa era inimmaginabile persino per gli americani più aperti: basta ricordare la faccia del padre quando la figlia gli presenta il fidanzato di colore nel film di Kramer “Indovina chi viene a cena?”. In Italia, fino agli anni ‘70, vigeva il principio del “delitto d’onore” per cui se il marito (non la moglie) trovava la consorte a letto con l’amico poteva ucciderla restando di fatto impunito. In questi campi la frontiera si sposta e la battaglia dei “frenatori” è sempre stata una battaglia persa. Gli omosessuali potranno sposarsi e quello che era inimmaginabile venti anni fa sarà normale da qui ai prossimi vent’anni e così sarà per le modalità con cui i bambini verranno al mondo e per come faranno parte e/o saranno inseriti in una famiglia.

Al tempo del divorzio si citavano i bambini che ne avrebbero sofferto, il che in parte è vero, ma lo è anche perché i genitori separati venivano messi all’indice e i loro figli si sentivano discriminati. In una prossima società il concetto di famiglia non sarà lo stesso dei nostri nonni e nessuno si porrà il problema se un bambino è stato concepito dietro il cavolo, in una Fiat 500 o in provetta. E nessuno si porrà il problema se un bambino ha due papà o due mamme o il colore della pelle diversa da quella dei genitori. Sarà normale così. Può piacerci come non piacerci, ma questo è il futuro e cercare di frenarlo servirà solo a far soffrire chi, per sposare il suo compagno, dovrà recarsi in Spagna o chi, per avere un figlio, adottato e/o in provetta, dovrà girare mezzo mondo.

I soli a non capirlo sonola Chiesae, in parte, la politica, ma per fortuna la maggioranza della società civile e la voglia di libertà prevarranno certamente, perché è la libertà il bene più grande.