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“Pale blue Dot”

Un invito a reagire

“Pale blue Dot - Pallido pallino blu”

Il tuo diploma in fallimento è una laurea per reagire”, cantano gli Afterhours in “Non è per sempre”. Penso si possa partire da queste parole per analizzare uno spettacolo denso di dati e di provocazioni come “Pale blue Dot”, ultima produzione della Compagnia Arditodesio/Jet Propulsion Theatre, che dopo aver debuttato a Bordeaux e toccato diversi teatri italiani, sabato 28 maggio ha replicato in quel teatro Cuminetti che lo scorso ottobre gli aveva riconosciuto il “Premio Nuova_scena.tn”.

Andrea Brunello, autore e attore, guidato dalla regia di Christian Di Domenico, comunica con urgenza un disperato, quasi impotente grido di allarme sul collasso ambientale e sociale che stiamo vivendo, lanciando al tempo stesso un appassionato appello per reagire davanti a questa drammatica evidenza.

La scenografia disegnata da Roberto Abbiati riproduce un ambiente da osservatorio scientifico: una moltitudine di telecamere, proiezioni di riprese spaziali, un tavolino con una rosa e una boccetta, una sedia. Andrea Brunello/Mike, in tenuta e casco bianchi da astronauta, da qui monologa e dialoga con Major Tom, un simpatico robot (realizzato da Roberto Tiella e “umanizzato” da Salvatore Crisà) che gli fa da amico e spalla, accentuandone tuttavia la solitudine.

La parte inaugurale dello spettacolo è dedicata a raccontare con meraviglia la Terra, l’Universo, le conquiste e le invenzioni dovute all’ingegno umano; su tutte, quella del Voyager 1, che nel 1990 scattò una fotografia del pianeta Terra, quando si trovava a una distanza di 6 milioni di km da essa, facendola risultare, per usare le parole di Carl Sagan, “un granello di polvere sospeso su un raggio di sole”, “un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica”, un pallido pallino blu che contiene ogni forma di vita conosciuta.

Dalla consapevolezza di dover preservare le condizioni che permettono ciò, il registro cambia; lo stupore della prima parte lascia il campo alla denuncia e alla divulgazione. Nel mirino finisce l’ipocrisia della politica e dell’economia, incapaci di prendere decisioni reali, delle pseudoreligioni e pseudofilosofie che sfruttano la credulità della gente, che cade facilmente nell’inganno di soluzioni di facciata. A un certo punto, Andrea/Mike scende in platea e si rivolge direttamente agli spettatori, imprimendo una decisa svolta da conferenza, snocciolando dati scientifici circa l’immissione di anidiride carbonica e gas serra nell’atmosfera, il surriscaldamento globale, l’acidificazione degli oceani. Una spiegazione puntuale che fa capire quanto sia necessaria un’imminente rivoluzione, sociale ancor prima che ambientale. Brunello propone un catalogo di soluzioni suggerite da scienziati e ricercatori e raccolte grazie alla collaborazione del Laboratorio di Comunicazione delle Scienze Fisiche dell’Università di Trento.

Il finale lascia una sensazione di impotenza di fronte all’incoscienza del genere umano, ma lancia un invito a reagire, se non a parole (i toni apocalittici dominano), almeno attraverso la lucente “Here comes the Sun” dei Beatles (le musiche sono composte ed eseguite da Enrico Merlin). Una volontà che deve partire dal piccolo, da ognuno di noi, con un personale proposito per salvaguardare quel pallido pallino blu.

Uno spettacolo urgente, che difficilmente lascia indifferenti. Ancor più che nel limpido “Il principio dell’incertezza” e “Torno indietro e uccido il nonno”, Brunello usa un teatro di parola diretto, volto ad andare al nocciolo della questione. L’efficacia comunicativa è al solito molto chiara, anche se la feroce critica agli archetipi di comportamento sbagliati può suonare a primo acchito come un cliché, scadendo nel delirio inascoltato di un visionario solitario. Tuttavia è bene ripetere certi concetti, a beneficio della scienza.

Più che dare un messaggio di speranza, Brunello vuole informare e invitare ad una riflessione, in modo che, imparando dai fallimenti passati, le nuove generazioni possano trarre insegnamento e cercare un’inversione di tendenza.

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