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QT n. 1, gennaio 2017 Servizi

La vicenda del “vallo tomo” di Mori

Un masso potenzialmente pericoloso, un intervento protettivo sbagliato che distruggerebbe un pregiato bene ambientale, e la reazione compatta dei cittadini

Cerco di riassumere la storia di questa struttura, fino alla data odierna, per chi non ha seguito la fitta successione degli interventi sui giornali in questi mesi d’autunno e d’inverno, per chi non ha partecipato ad almeno uno dei numerosi incontri pubblici promossi dal “Comitato da Vicolo a Vicolo”, per chi non è salito sui terrazzamenti, per rendersi conto del valore di quel sito o per incontrare la tribù delle Fratte.

Premessa

Un pilastro roccioso, chiamato pomposamente diedro, sovrasta l’antico abitato di Mori. Il masso presenta alcune fessure subverticali che destano una certa preoccupazione. Tale situazione, nota da parecchi anni, a seguito della recente caduta di alcuni massi in prossimità del sobborgo a nord di Mori, ha reso urgente l’interessamento dell’Ufficio Geologico e della Protezione Civile Provinciale per motivi di sicurezza. Il quale, in accordo con l’Amministrazione Comunale, decise nell’estate scorsa di eseguire a monte dell’abitato, a ridosso di questo, una profonda trincea chiusa verso valle da un alto muro, il cosiddetto “vallo tomo”, proprio nel mezzo della zona terrazzata delle Fratte.

Contemporaneamente pensarono di porre in opera un sistema di controllo ottico saltuario tra il masso roccioso in esame ed il campanile della chiesa di Montalbano. Infine prevedevano, a vallo tomo realizzato, di demolire la massa rocciosa sospetta con l’esplosivo.

Le Fratte rappresentano un territorio di grande valore storico, tradizionale, affettivo e di straordinaria importanza paesaggistica ed ambientale. Visitando le balze, si respira un’aria di sapienza secolare, ci si stupisce per la varietà delle coltivazioni, la pulizia, la cura, la proprietà aperta, indivisa. Queste campagne coltivate fino dai tempi antichi, sofferte ed amate dai cittadini di Mori, fanno parte intimamente dell’ambiente fisico e sociale della cittadina.

Fu quindi logica conseguenza l’opposizione di buona parte della popolazione della cittadina alla distruzione di questo amato sito, tanto più che non convinceva per nulla la metodologia dell’intervento proposto. La gente, infatti, si domandava come mai se c’erano problemi di sicurezza, e di conseguente somma urgenza, non si intervenisse subito con il bloccaggio della massa rocciosa di dubbia stabilità e successivamente con l’intervento lineare di lenta realizzazione, là dove fosse necessario, localizzando vallo ed attrezzature paramassi nell’ampia fascia boscata presente sotto le rocce, evitando così la distruzione della pregevole, insostituibile area e limitando l’impatto paesaggistico.

La possibilità di operare il bloccaggio della massa rocciosa probabilmente instabile è stata dichiarata da tecnici e da ditte esperte nel settore; io stesso, ancora nel giugno scorso, proponevo un’azione diretta sul masso, condotta con estrema cautela, eseguendo fori di ancoraggio lungo i lati della roccia con carotatrici a punta diamantata a sola rotazione, bloccando nei fori robusti anelli di ancoraggio e tendendo da questi sopra il masso una ragnatela di potenti funi d’acciaio. Successivamente si indicava inoltre la possibilità di chiodare il pinnacolo alla parete, come già realizzato sulla Paganella a monte di Zambana Vecchia. Naturalmente era necessario, preliminarmente, porre in opera sulle fessurazioni degli strumenti di monitoraggio e di allarme.

Non si comprendeva infine come si potesse realizzare il vallo tomo in sicurezza durante il grande lavoro di scavo e riporto nella paleofrana che ricopre il versante, senza produrre pericolose vibrazioni e azioni dinamiche sul masso in esame, nelle operazioni di scavo, spostamento, sollevamento, scarico dei blocchi ciclopici esistenti.

La reazione dei cittadini

Il comportamento dei moriani e della tribù delle Fratte è stato di calma esemplare, sempre improntato alla forza della ragione e fortemente determinato a sostenere la battaglia per salvaguardare il loro territorio. Le Fratte hanno unito i moriani in un fraterno, ritrovato incontro.

Ma purtroppo il comportamento dei politici e dei tecnici provinciali è stato diametralmente opposto, chiuso a qualsiasi discussione o confronto. E anche la nomina del superperito del Politecnico di Torino non convince affatto. Troppe volte i cosiddetti luminari sono stati chiamati per ribadire pareri tecno-politici locali già decisi, e c’è voluto un tenace e generoso sforzo collettivo per far prevalere la ragione. L’aver levato dal cappello il nome di questo tecnico, senza alcuna ricerca o discussione, non fa ben sperare.

Speriamo di sbagliare.

Gli errori del passato

Purtroppo, per chi abbia memoria storica, questo comportamento ottuso di tecnici e di politici, ha seguito spesso le vicende trentine e solo il generoso e tenace intervento di cittadini, di gruppi spontanei, di associazioni ambientaliste, di movimenti d’opinione locale e nazionale, ha bloccato iniziative del tutto illogiche e fortemente negative.

A titolo di esempio:

- In Val di Genova si era progettata la captazione dell’acqua delle famose cascate ed i lavori erano in forte avanzamento.

- A Piedicastello, a seguito di piccoli franamenti, fu ordinato lo sgombero delle antiche case sotto il Doss Trent.

- A San Lorenzo in Banale, venne prevista la costruzione di un’acciaieria e tutti erano d’accordo, dai democristiani ai comunisti. Per bloccare l’illogico progetto ci volle una sentenza del Consiglio di Stato.

- A Trento era previsto un aeroporto commerciale, con utenza di 500.000 abitanti, che non teneva conto di quella assorbita dagli aereoporti limitrofi. Dopo qualche anno si tornò alla ragione.

- A Capriana venne autorizzata una grande discarica nell’alveo dell’Avisio, con relativa strada d’accesso. Una donna, innamorata del suo fiume, riuscì ad affondare la corazzata di tecnici e politici

- In Provincia i politici ed i tecnici, anche a livello universitario, ritenevano necessario realizzare un grande inceneritore, inizialmente per ben 330.000 tonnellate annue di rifiuti. La tenace opposizione, e la contemporanea spinta verso la raccolta differenziata, portarono a negare la necessità di costruzione della grande macchina energivora e produttrice di inquinamento.

I casi citati sembravano ormai irrimediabilmente decisi e finanziati, ma si riuscì a bloccarli, anche se erano ormai in itinere.

* * *

L’ing. Paolo Mayr è un esperto nel consolidamento di strutture pericolanti.

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