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Cosa stiamo imparando

Silvano Bert

(Intervento pronunciato all’assemblea del 31 gennaio a Mezzolombardo, organizzata dal PD della Piana Rotaliana, con l’assessore Luca Zeni, Andrea de Bertoldi, Raffaele Crocco. Alla fine, parecchie persone mi hanno lasciato la mail per corrispondere alla mia proposta)

Sono Silvano Bert. Lo dico ad Andrea de Bertoldi, preoccupato per le sorti della civiltà greco-romana-cristiana, minacciata dalle folle di migranti invasori.

Il mio cognome discende dai Longobardi, che hanno non distrutto, ma trasformato la civiltà antica. Noi discendiamo da quell’incontro, faticoso certo, come lo è l’incontro con i migranti di oggi.

È una proposta che voglio fare ai presenti. Io vado ogni mercoledì, due ore, a conversare con alcuni giovani africani ospiti per la prima accoglienza alla Residenza Fersina a Trento. Non è la scuola regolare, che avviene in un’altra stanza e in altro orario. Io li aiuto a imparare la lingua italiana. Loro mi aiutano a scoprire l’Africa. Oggi ho promesso a Lassine e a Bobo che a voi avrei parlato di loro, e adesso sono in attesa.

Quei giovani mi pongono problemi da un punto di vista diverso da quello dei miei studenti di un tempo. Oggi, davanti a una cartina dell’Italia, dono di una famiglia della Valle di Cembra, mi domandano: “Perché, se diciamo Emìlia e Sicìlia, poi non diciamo Lombàrdia? Perché, se le regioni settentrionali si chiamano Piemonte e Veneto e Lombardia, poi, la nostra, ha due nomi, Trentino-Alto Adige?”. È una storia lunga - rispondo - ne parleremo la prossima volta.

Lassine, il giovane partito dal Mali, legge sul libro che la speranza di vita nel suo paese è di 45 anni. Riconosce con dolore che è drammaticamente lontana dai (quasi) 80 anni dell’Italia, ma mi fa notare con orgoglio che quel libro è vecchio, che oggi in Mali la speranza di vita è cresciuta a 55, perché muoiono meno bambini.

Il colloquio di oggi in quella caserma riadattata è un’esperienza umana che io non avevo mai fatto. E in questo momento provo a trasmetterla a voi. Anzi, vi chiedo di farmi avere qualche libro di storia e geografia che avete a casa, anche di un’edizione passata, in dono ai giovani africani che vogliono imparare. Scriveteci il vostro nome di donatori. È un modo di essere collaboratori in questo scambio. E se qualcuno vuole accompagnarmi in qualche occasione alla conversazione, mettiamoci d’accordo. Io chiederò il permesso a Noemi, la responsabile, non è che uno si presenta alla porta e può entrare.

È la conoscenza diretta che riduce la paura. Vedete, se io oggi dovessi incontrare il sindaco di Mezzolombardo, Girardi, avrei non dico paura, ma un poco di ansia sì, perché non lo conosco, mentre sono sereno se devo incontrare Andreatta, il sindaco della mia città. Quarant’anni fa, invece, da consigliere comunale in questa sala, non mi faceva nessuna paura Severino Moreni, il sindaco di Mezzolombardo di allora, con il quale battagliavo in continuazione, perché lo conoscevo, siamo dello stesso paese. Allora mi avrebbe fatto paura il sindaco di Trento che non conoscevo.

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