Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Ballardini e il Craxi travisato

Risposta di Nicola Zoller all'articolo di Ballardini sull'esponente socialista

Nicola Zoller
Bettino Craxi

L’articolo di Renato Ballardini su QT di febbraio dedicato al Craxi “spregiudicato e anticomunista” è in piccolo una rappresentazione di come possa essere travisata la realtà al fine di creare un capro espiatorio. Possiamo prendere le mosse dal modo con cui Ballardini rappresenta la sua “espulsione” dal Psi. Racconta che lui ed altri compagni avrebbero scritto un “appello” pubblicato il 4 ottobre 1981 da Repubblica per esortare i socialisti ad insorgere contro la “deriva affaristica e autoritaria” del Psi: eppure non si trattò di un “appello” ma di una mini-scissione, come esattamente riporta la citata Repubblica sotto il titolo “Lascia il Psi un gruppo anti-Craxi”; situazione confermata da Ballardini in un articolo pubblicato il 7 ottobre 1981 dal giornale Alto Adige col titolo inequivocabile “Perché lascio il Psi”.

Si trattò dunque di un irritato abbandono al termine di ben 5 legislature fatte grazie al Psi, non di una espulsione. Ma a Ballardini è sempre piaciuto dipingersi come vittima del Craxi autoritario, per poterlo meglio colpevolizzare affiggendosi sul petto una sorta di medaglia. Quanti travisamenti sono stati compiuti a questo fine e in modo ambiguo. È sgradevole infatti constatare che quel Craxi tanto “degenerato” e “autoritario”, era stato trattato invece col dovuto rispetto solo due mesi prima, quando il 3 agosto 1981 Ballardini inviò una lettera al “caro Craxi” con una richiesta: sarebbe stato “ben lieto di diventare giudice costituzionale su designazione del partito”! Peccato che due mesi dopo questo stesso partito, da comodo e apprezzato interlocutore per acquisire una nomina, si sia trasformato in un “partito senza principi, spregiudicato e intollerante” e quindi da abbandonare sdegnosamente. Ancora molti fanno finta di ignorare questi passaggi, che sono invece documentati con lettera e articoli citati sul sito www.socialistitrentini.it alla voce “Renato Ballardini, perché lascia il Psi dopo essersi detto lieto di poterlo rappresentare”.

L’amara conclusione è politica: Ballardini abbandonò il partito, che invece – pur con tanti problemi ma anche grandi meriti – continuò dopo questa sua defezione a restare fino alla fine il partito di Pertini, Lombardi, Bobbio, personaggi che non lesinarono critiche a Craxi ma si considerarono partecipi della medesima storia ideale e partitica come esponenti della sinistra riformista.

Questa considerazione ci permette di riferirci all’altro argomento citato nell’articolo di QT e cioè all’anticomunismo di Craxi, che ci fu realmente e che era in linea con quello di tanti altri leader socialdemocratici e laburisti europei. In Italia questo sentimento era più intrigato che altrove, perché doveva confrontarsi con un Pci il cui leader Berlinguer attestava ancora nel 1981 la sua riverenza al fondatore della tradizione totalitaria sovietica, affermando testualmente che “alcune delle lezioni di Lenin conservano una loro validità”. Un Pci che qualche anno dopo, al XXVII congresso del 1986, vedeva confermato dalla stragrande maggioranza dei delegati che l’URSS fosse “il paese più vicino, nonostante errori e difetti, ad una società ideale e giusta”: si era alla vigilia del crollo del vessatorio sistema sovietico, eppure i comunisti italiani – lo rammenta una insospettabile Miriam Mafai, compagna di Pajetta, nel suo sconsolato libro “Dimenticare Berlinguer” – la pensavano così.

L’anticomunismo di Craxi, come quello di tanti altri democratici, poteva essere dunque ben giustificato. Ma – a differenza dell’ostilità di Ballardini – sono giunti a Craxi attestati di stima da parte di esponenti dello stesso exPci-Pds-Ds che testimoniano la sua appartenenza più coerente di altri al mondo progressista. È Marcello Sorgi – l’editorialista de La Stampa autore del fresco libro su Craxi “Presunto colpevole” – a ricordare che perfino D’Alema “ha riconosciuto il valore dell’aiuto di Craxi… per aprire tra il 1990 e 1991 la strada dell’ingresso dell’Internazionale Socialista ai cugini separati del Pds”.

Oggi addolora che la sinistra democratica lasci alla destra la possibilità di incunearsi tra le memorie craxiane, quando dovrebbe essere ricordato che le berlusconiane reti Mediaset tra il 1992-94 fecero un tifo sperticato contro i socialisti, tanto che Rete 4 trasmetteva Mani pulite minuto per minuto; e poi per il primo governo Berlusconi venne addirittura contattato il magistrato Di Pietro per proporgli il ministero degli Interni!

Sarebbe dunque naturale ribadire il profilo riformista di sinistra di Craxi sulla scia di quanto osservato dagli esponenti più aperti dello stesso ex-Pci.

È stato Piero Fassino nel suo libro del 2003 “Per passione” a definire Craxi “uomo profondamente di sinistra”, aggiungendo in schietta autocritica che “il Pci negli anni ‘80 non appare capace di affrontare il tema della modernizzazione dell’Italia, spingendo così ceti innovatori e produttivi verso chi, come Craxi, dimostra di comprenderli”. Altro che criminale!

E tutt’altro che uomo pronto a porsi nella mani di una deriva di destra, secondo l’affermazione di taluni; un altro ex dirigente comunista come Claudio Petruccioli la considererà una malevola insinuazione: in una intervista alla rivista Mondoperaio del 2012 dichiarerà che “Craxi è sempre stato un uomo della sinistra”. E anche tra i più capaci: il suo governo - asserirà un leader storico del Pci come Macaluso in una intervista a La Stampa - va considerato “fra i migliori che abbia avuto l’Italia”. Anche il presidente della Repubblica Napolitano – con un intervento del gennaio 2010 che creò scompiglio nei giustizialisti benpensanti, tra cui si segnalò (occorre dirlo?) Ballardini – riconobbe a Craxi i suoi alti meriti in politica estera e per il tema delle riforme istituzionali. Aggiungiamo ora che l’intellettuale progressista Gianni Amelio – regista di “Hammamet” – conferma, rispetto a chi per polemica o per satira vorrebbe piegare a destra la figura di Craxi (notissimi gli stivaloni fascistoidi fattigli indossare da Forattini), di aver “sempre pensato che il partito di Craxi fosse un partito di sinistra”: non a caso vennero sostenuti in tante parti del mondo movimenti di resistenza e liberazione, da quelli della sinistra spagnola, portoghese e cilena sotto le dittature fasciste, ai palestinesi, ai dissidenti sovietici, a Solidarnosc, tanto che Craxi nel 1990 venne nominato rappresentante personale del Segretario ONU.

In conclusione – lo chiediamo come solitari ma coerenti compagni che fuori da pretese di potere militano ancora nel Psi – Craxi meriterebbe più considerazione e anche più gentilezza da parte dei suoi detrattori che si autodefiniscono di sinistra: aveva già cominciato a farlo un inappuntabile magistrato come Gerardo D’Ambrosio, viceprocuratore di Milano, che in una intervista del 23 febbraio 1996 – demolendo un intero palco di invettive – dichiarò: “La molla di Craxi non era l’arricchimento personale, ma la politica”. Era la politica di “un riformista di sinistra”.

Nicola Zoller, segretario regionale Psi del Trentino-Alto Adige

* * *

Sono contento di aver involontariamente provocato la reazione di Nicola Zoller in difesa di Bettino Craxi. Che sia stato un personaggio autorevole nella politica italiana lo ho scritto anch’io: con il 14% dei voti fu a lungo capo del governo e il personaggio dominante in una coalizione con la DC di gran lunga più dotata di voti. Ma anche Zoller deve ammettere che, nonostante la diffusa buona disponibilità presente nel PCI come egli ricorda, Craxi impedì l’unità della sinistra e portò alla fine, con se stesso, anche del Partito Socialista.

Apprendo dall’intervento di Zoller che il PSI esiste ancora, e che egli ne è il segretario regionale. Francamente lo ignoravo. Lo ringrazio della rivelazione, anche se purtroppo devo constatare quanto poco conti il PSI nella situazione odierna a tutti i livelli, locale e nazionale, della politica italiana. A questo risultato fu davvero estraneo il ruolo di Craxi? La sua politica distrusse la sinistra ed aprì la porta a Berlusconi. Mi pare che ciò basti per qualificare un uomo politico. Non so cosa ne pensi Nicola.

Renato Ballardini