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Un nuovo battesimo

La proposta è che il sindaco di Trento ogni mese inviti a un incontro tutti i genitori con i loro neonati, una festa (civica) favorisce la conoscenza, il rispetto, la collaborazione

Nei lunghi secoli della “cristianità” in Europa si nasceva, e si viveva, in famiglie cristiane. Fu la Rivoluzione francese a introdurre il matrimonio civile e il divorzio, a separare cioè la dimensione contrattuale (umana) da quella sacramentale (divina). In Italia il processo di secolarizzazione è stato lento e contrastato. Oggi, anche a Trento, i matrimoni civili superano quelli religiosi. Le coppie che chiedono di sposarsi in chiesa solo per tradizione, è il prete che le indirizza, per coerenza, in Comune. Nel 2018, su 906 bambini neonati, i battezzati nella Chiesa cattolica sono scesi a 404, cioè meno della metà. Crescono gli agnostici e gli atei, che al battesimo rinunciano per coerenza: a farne richiesta si sentirebbero ipocriti, quasi un’offesa verso chi crede con serietà. Aumentano le famiglie immigrate, di confessioni e religioni diverse: in città sono presenti cristiani ortodossi e protestanti, musulmani, induisti, buddisti, e altri ancora. Ci sono credenti che non si sentono di appartenere alla Chiesa. Anche fra i cristiani crescono le persone in ricerca, che ritengono opportuno aspettare, affinché siano i figli a decidere, liberamente, quando saranno cresciuti. Le famiglie sperimentano sempre più che non sono loro a trasmettere la fede, la annunciano e ne danno testimonianza, come sono capaci.

Assistiamo a un cambio di paradigma nel rapporto fra la società e le comunità di fede. Meglio: ne siamo protagonisti, perché tutti noi oggi scegliamo pensandoci, con consapevolezza crescente. Ottant’anni fa per i nostri genitori era naturale battezzare i figli neonati. Per noi, quarant’anni fa, fu una scelta, problematica però. Avevamo scelto il matrimonio non concordatario, prima in municipio, poi in chiesa.

Oggi, nel rispetto di chi decide diversamente, non battezzeremmo più i nostri figli bambini.

Quando Chiara e Franco si sono sposati civilmente, in Comune, per spiegare il significato mondano del matrimonio, lessero ai partecipanti la Lettera di nozze che il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer scrisse dal carcere nel 1943 alla nipote Renate e all’amico Bethge, a riprova che sono di vario colore i fili nel tessuto della laicità. E, da nonni, nei giorni difficili del lockdown, ci sentiamo coinvolti emotivamente dall’arrivo di Andrea, il loro “bambino portato dal vento, uno spirito divino”.

Oggi, in Occidente, siamo tutti eredi degli anabattisti, che per primi, in età moderna, praticarono la separazione fra appartenenza (per nascita) alla società e adesione (per scelta) alla comunità di fede. Per questo loro radicalismo anticipatore furono condannati dalla Chiesa cattolica al Concilio di Trento, e furono perseguitati dalle Chiese protestanti. La nostalgia del regime di cristianità si trascina nell’istituzione ecclesiastica, in credenti tradizionalisti, ma anche in non credenti, per forza d’inerzia. Il processo in corso è però di maturazione crescente sia sul piano antropologico che religioso. E può esserlo anche sul piano politico, se nella società plurale vedremo non un pericolo, ma un arricchimento impegnativo. Quanti oggi, nel dibattito politico per l’elezione del sindaco a Trento, si riconoscono nell’accusa che bolla Franco come “sociologo ateo”?

In queste settimane ci siamo confrontati con parecchie persone. Ne abbiamo tratto fiducia e speranza. Il parroco di Sant’Antonio, don Severino Vareschi, nell’omelia sulla parabola del “seminatore”, ha spiegato che il battesimo non è un rito magico, e che la fede cristiana, nella tensione irrisolta fra dono e scelta, non assicura nessuna superiorità etica rispetto ad altre fedi e culture. Rinunciando al battesimo si perde la festa, ha osservato qualcuno.

La Chiesa ha infatti saputo, nei secoli, organizzare i riti di passaggio con grande maestria. La società civile è in ricerca: in questi ultimi anni abbiamo però partecipato in Comune a matrimoni e a funerali laici celebrati con grande dignità.

Quando l’identità di una città da omogenea diventa plurale, come accompagnare politicamente il processo? La nostra proposta è che il sindaco di Trento, ogni mese a Palazzo Geremia, inviti a un incontro tutti i genitori con i loro bambini. Una festa (civica) dei nati favorisce la conoscenza, il rispetto, la collaborazione. Pronunciando il nome a voce alta, come è scritto all’anagrafe, diversi per appartenenza religiosa e culturale, ci riconosciamo cittadini uniti nello stesso Comune.

Silvano Bert e Laura Mollari (nonni materni) insieme a Wilma De Nadai e Pier Luigi Ianeselli (nonni paterni)

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