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QT n. 12, dicembre 2020 Monitor: Libri

Avere cura della montagna. L’Italia si salva dalla cima. L’ambientalismo del sì e le sue proposte

Un’enciclopedia dell’ambientalismo di montagna. Un libro di Luigi Casanova. Prefazione di Paolo Cognetti. Altreconomia, 2020, pp. 192, € 14.

Avere cura della montagna. L’Italia si salva dalla cima. L’ambientalismo del sì e le sue proposte. Un libro di Luigi Casanova. Prefazione di Paolo Cognetti. Altreconomia, 2020, pp. 192, € 14.

Nella sua bella prefazione, lo scrittore Paolo Cognetti illustra, con due episodi che lo hanno riguardato, quanto in Italia sia spesso aspro e inconcludente il dibattito sui temi ambientali. Un suo intervento pubblico che contrastava l’ennesimo progetto di “sviluppo” sul Monte Rosa “provocò due conseguenze nella mia vita pubblica: da una parte, i movimenti ambientalisti mi riconobbero come uno di loro, mi cercarono e mi arruolarono; dall’altra molti dei miei vicini di casa smisero di guardarmi con simpatia, e cominciarono a evitarmi”.

Poco dopo, una vicenda uguale e contraria: azzardatosi a raccomandare, in un’intervista, un’azione di contenimento della presenza dei lupi, che cominciavano a fare troppi danni alla fragile economia di montagna... “Apriti cielo! Ci fu chi arrivò a chiedere la mia espulsione da Mountain Wilderness”.

II libro si propone appunto di “laicizzare” le questioni ambientali, dimostrando che i movimenti ambientalisti non sono il partito del No a tutti i costi e che le loro proposte, nel corso degli anni, hanno sempre mirato a coniugare la conservazione e il progresso sociale ed economico dei territori. Un progresso diverso, però, nel quale la tutela della natura deve essere “funzionale a costruire lavoro, in particolare importanti connessioni con il settore del turismo e il mondo dell’agricoltura”. Nella prospettiva di “un’altra società, un altro modo di vivere, un’altra comunicazione reciproca, un’altra convivenza fra noi umani e le diverse forme di vita”.

La conferma di questo intento si ritrova in trent’anni di attività dell’ambientalismo, concretizzati in convegni, incontri, documenti (riguardanti soprattutto le montagne del nord-est), che il libro pubblica con esaurienti introduzioni e commenti. Insomma, una sorta di enciclopedia dell’ambientalismo di montagna, che mentre raccoglie una ricca documentazione preziosa per i futuri storici della materia, dimostra quanto sia vasto il campo di azione dei movimenti ambientalisti, sia sul versante dell’opposizione che della proposta.

Difendere un territorio di montagna significa, oltre che lottare contro le speculazioni e gli scempi del territorio, contrastare gli eccessi nello sfruttamento idroelettrico dei corsi d’acqua, tutelare la fauna selvatica, contestare tutto quanto altera la naturalità di quell’ambiente – dai raduni di fuoristrada agli elicotteri in quota -, fino a rendere consapevoli gli imprenditori e gli amministratori pubblici che i cambiamenti climatici in atto dovrebbero sconsigliare la prosecuzione di un turismo basato sulla monocoltura dello sci.

Ma dopo i tanti No, i Sì, le proposte tese a una rinascita dell’agricoltura di montagna e allo sviluppo di un turismo diverso, che interrompa il progressivo spopolamento di tanti piccoli centri.

Ci sono tante situazioni, quasi dimenticate - scrive Casanova - che presentano aspetti di naturalità rilevanti, luoghi che hanno mantenuto viva la loro identità. Sono da un lato le zone che si stanno spopolando, che vengono abbandonate. Ma dall’altro sono zone che potrebbero diventare appetibili in tempi anche brevi per accogliere il turismo dolce. Si stanno moltiplicando esempi virtuosi”. Una “riconversione” su cui ci ha fornito numerosi suggerimenti l’impegno instancabile di Francesco Borzaga nei suoi frequenti interventi su questo giornale, e di cui ci propone un bell’esempio lo stesso Casanova in questo numero di QT (vedi a p. 6-7).

Le difficoltà dell’azione ambientalista sono ben esemplificate nella vicenda relativa all’inserimento delle Dolomiti nell’elenco dei grandi monumenti naturali e culturali del mondo redatto dall’UNESCO (World Heritage). La proposta, avanzata nel 1993 da Mountain Wilderness, richiese 16 anni per essere accolta. Una vittoria, certo: ma mentre la proposta originaria prevedeva che il “monumento” comprendesse l’intero territorio dolomitico, compresi i fondovalle e gli abitati, “si sono poste sotto la custodia dell’UNESCO quelle stesse aree parco già protette, le zone più in quota, le punte dell’iceberg, riducendo la proposta a un marchio di qualità, una DOC internazionale commercialmente sfruttabile. Come se anziché preservare i cervi dalla caccia si proteggessero solo i loro maestosi palchi, lasciando il resto dell’animale al libero utilizzo per la pasta al sugo”. La Fondazione Dolomiti UNESCO sembra insomma essersi ridotta, in questo caso, ad un semplice “strumento di promozione territoriale e turistica”.

Ricordiamo, in conclusione, che il libro raccoglie contributi di don Luigi Ciotti, Giuseppe Dematteis, Carlo Alberto Pinelli, Lucia Ruffato, Vanda Bonardo, Federica Corrado”.