Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 1, gennaio 2021 Trentagiorni

Il Recovery Fund di Zaia e Fugatti

Nessuna modernizzazione dei territori, solo idee vecchie ed interessi consolidati

Zaia e Fugatti

Sono stati resi pubblici gli elenchi degli interventi che le Regioni propongono al governo per attingere ai fondi europei del Recovery Fund. Ci soffermiamo con una veloce analisi su quelli del Trentino e del Veneto, perché interessano il nostro territorio o perché fanno riferimento ad alcune opere previste per le prossime olimpiadi invernali Milano/Cortina 2026.

Una riflessione complessiva ci porta ad alcune considerazioni: le due istituzioni non prevedono una modernizzazione dei territori, non è visibile una ricaduta reale delle opere previste per recuperare emergenze vecchie di anni. In Veneto è chiaro l’intento clientelare: un tentativo di offrire soddisfazione a tutti i bacini elettorali che hanno fatto maturare il 75% dei consensi a Zaia. Non c’è che dire: da questo punto di vista il politico è geniale. Ovviamente sono state trascurate situazioni di emergenza: la marginalità sociale della montagna bellunese e dei Lessini (se si esclude la cartolina turistica di Cortina) e l’emergenza idrografica della Regione; assenti i riferimenti di investimento cari all’Unione Europea, la lotta ai cambiamenti climatici e l’innovazione.

Certo, leggendo le 153 schede emerge una fotografia realistica del Veneto: una Regione che da 50 anni ritarda gli interventi emergenziali sul territorio per dare invece priorità alla cementificazione, alle opere stradali e sostegno alle cave e alle zone del prosecco. Per il Trentino la sintesi più efficace è stata del presidente di Confindustria Fausto Manzana: una lenzuolata. Anche da noi balza agli occhi l’assenza di ogni riferimento alla Convenzione delle Alpi o ad Agenda ONU 2030, o a progettazione innovativa. Ambedue i territori sono privi di una visione internazionale, specie sul tema mobilità. Ambedue le istituzioni hanno inserito in Recovery Fund opere già previste in altri capitoli di spesa o su altre situazioni come le Olimpiadi. Si preannuncia l’apertura di un intenso tavolo di lavoro per le diverse Corti dei Conti. Si tratta di un insieme di opere prive di una visione del futuro dei territori, molte delle quali saranno stralciate dal governo. Così, come sempre accade a chi dell’autonomia fa una bandiera senza assumersene le responsabilità, le accuse sugli inevitabili stralci ricadranno sul Governo.

Per la nostra Provincia si sono richieste opere per un totale di poco oltre i 2 miliardi. (l’1% dei fondi complessivi) sparsi su 32 progetti e in 8 aree tematiche. Nessun accenno al tema ambiente e natura o alla formazione e alla ricerca. Fugatti ha impostato come centrali gli interessi delle società impiantistiche e i grandi collegamenti fatti passare come mobilità alternativa, quindi ecosostenibili, innovativi, green: Trento-Bondone, Monte Baldo, Funivia Rovereto-Serrada, funivia Caldonazzo-Altipiani. Altri 90 milioni sono destinati alle “strutture olimpiche”, che come detto sono finanziate anche su altri capitoli di spesa, altri ancora in infrastrutture viarie, circonvallazioni, strutture sanitarie e scolastiche per un importo che supera i 300 milioni. Solo due opere sembrano inserirsi in una proiezione di lungo periodo: l’acquisto dei treni ibridi per la ferrovia della Valsugana e relativa elettrificazione e la progettazione della ferrovia Rovereto-Riva.

Scorrendo l’elenco, ci torna in mente la raccomandazione di Fugatti a conclusione degli Stati generali del Trentino, nel giugno 2019: “Dobbiamo caratterizzarci, come hanno fatto Kessler e chi lo ha preceduto: lasciare sul Trentino due opere che segnino il futuro del territorio come lo sono state la A22 e l’Università negli anni ‘60 -70”. L’occasione per investire in coraggio è stata offerta, ma a quanto sembra né dell’investimento in ambiente, né in quello di opere strategiche o innovative è stato raccolto.

È stato più semplice entrare nel merito delle proposte della Regione Veneto, grazie ad una illustrazione chiara delle diverse schede, ben 153: una lenzuolata trasformata in un tendone. Quasi 25 miliardi, il 9% del totale statale. Le aree tematiche sono 6 suddivise in 13 capitoli. Si sono definite le priorità assolute (62% del piano) e le necessità, i tempi di progettazione, appalto e realizzazione: il tutto deve venire concluso entro il 2026.

La parte del leone la fanno le nuove strade, oltre 4 miliardi, fra le quali spicca il raccordo Mestre -Cesena, propedeutico all’antico sogno di Galan e Zaia: la Mestre-Orte, una superstrada che straccerebbe l’Appennino. Nel nome dell’autonomia non si poteva tralasciare di inventare “l’autostrada regionale” Nogara-A22, ben 2 miliardi, poi la devastante litorale del Lago di Garda, un altro miliardo. Altre opere sono specificamente riferite alle Olimpiadi: sempre viabilità per altri 500 milioni e innevamento artificiale per quasi 100: per le ciclovie, la mobilità del futuro in una Regione che sul tema ha solo ritardi, le cifre si ridimensionano a 400 milioni.

Le opere riferite al Recovery Plan devono avere un valore strategico di profilo nazionale e possibilmente internazionale: in questo contesto rientra solo il treno delle Dolomiti (Calalzo-Auronzo-Cormezzi e motrici efficienti per la rete ferroviaria esistente. Poi si cade in un baratro: 100 milioni sono destinati al tratto veneto del collegamento sotterraneo del Sella, Corvara, Gardena, Fodom (costo complessivo 400 milioni). Gli investimenti per le aree protette sommano a miseri 20 milioni, che serviranno anche per le spese della filiera energetica e silvicolturale; altri 20 vengono trovati per attuare i piani di gestione degli 8 siti UNESCO che interessano il Veneto; 70 sono destinati alle fasce sociali deboli (alloggi) e altrettanti all’istruzione universitaria. Briciole, mentre si destinano ben 100 milioni, del resto già previsti in bilancio regionale, alla costruzione della follia impiantistica Cortina-Civetta e Cortina-Arabba-Marmolada. Chi conosce Cortina sa che oltre all’abbandono della cittadina che data da decenni, uno dei problemi storici riguarda lo smaltimento delle acque reflue e la rete di approvvigionamento idrico potabile; per questi settori sono stanziati 48 milioni. Tutte le opere impiantistiche, stradali o olimpiche ricadono nelle voci indispensabili, mentre UNESCO e aree protette scivolano fra gli interventi specificati come necessari.

Non sono casuali le criticità che ritroviamo nei documenti veneto e trentino: i due presidenti fanno parte dello stesso partito, la Lega, ambedue soffrono di assenza di visione, sono portatori della cultura dello sviluppo del passato. Non a caso è dal settore degli impiantisti, delle grandi opere stradali che attingono consensi elettorali; non potevano che perdere questa occasione di rinnovare il loro territorio e la qualità dello sviluppo.