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QT n. 17, 30 settembre 2000 Servizi

Ulivo: la convention degli equivoci

“Attenti, ci sono le elezioni” la triste frase di quando la politica diventa propaganda. E nel nome delle elezioni, gli equivoci abbracci nel centrosinistra trentino.

Vittorio Foa ha compiuto novant’anni il 18 settembre. Le sue curiosità, inquietudini, giudizi fulminanti su uomini e vicende di casa nostra (ma non solo), nell’ultimo decennio del secolo trascorso, sono contenuti nel nuovo volume "Passaggi", edito da Einaudi.

Ne proponiamo due, di questi passaggi, perché s’intrecciano con il dibattito aperto da mesi su questo giornale, e che diverranno inevitabilmente sempre più incalzanti nel prossimo futuro.

Scrive Foa, datando la riflessione 1994: "-Attenti, ci sono le elezioni-. Quando sento questa frase mi viene tristezza. Vuole dire che una cosa è giusta ma non bisogna dirla perché si sta per votare. Non è solo una slealtà, è una stupidità. Vi sono due modi di accostarsi ai cittadini: uno è quello che fa appello ai loro sentimenti egoistici ed esclusivi, di imbonirli con la propaganda; l’altro è quello di fare appello ai sentimenti civici, dell’essere adulti e non schiavi della propaganda".

E’ stata annunciata per le prossime settimane la convention del centro-sinistra trentino, per preparare e annunciare la squadra e i contenuti della nuova consultazione elettorale di primavera.

Cosa si dirà in quell’occasione? Si farà appello al senso civico dei cittadini o si farà imbonimento propagandistico dispensando promesse, alimentando i sentimenti egoistici ed esclusivi di cittadini, corporazioni, valli e paesi com’ è accaduto da mesi a questa parte?

Quella che abbiamo alle spalle, e tutt’altro che conclusa, è stata una stagione straordinariamente ricca di elementi per confrontarsi sul futuro del Trentino. La contesa tra chi ha il senso del futuro e quindi pone il concetto di limite nell’uso delle risorse come elemento cardine della propria politica, ne fa anzi di per sé una risorsa su cui lavorare per riprogettare l’economia trentina, e chi insiste su un’abbuffata senza domani, è stato una discriminante non banale del confronto sulla Val Jumela, sulla variante al Piano Urbanistico, sul rapporto con gli interessi assistiti proprio per questo consolidati, sullo stesso concetto di prodotto interno lordo come parametro cui agganciare lo sviluppo dell’economia trentina.

Da sinistra gli assessori del cosidetto Ulivo: Iva Berasi (Verdi), Roberto Pinter (Ds), Sergio Muraro (Genziane) e Claudio Molinari (Margherita).

Particolare non trascurabile: queste posizioni hanno visto su posizioni lontane quando non apertamente contrapposte forze che al centro-sinistra si richiamano e che nelle convention elettorali si ritroveranno una fianco all’altra.

Per dire cosa? Che bisogna stare assieme perché il nemico è alle porte? Che per strada raddrizzeremo le gobbe in un’opera infinita di mediazione senza bussole e senza prospettive? O semplicemente per non dire nulla, evitando di dar adito agli avversari di utilizzare le divisioni e con ciò aprire varchi polemici in una coalizione di governo arrivata malconcia al periplo dei primi due anni di governo?

Ci sarà qualcuno che con lealtà e intelligenza, dirà pane al pane e vino al vino, proponendo alla coalizione che contrapporrà i propri candidati a quelli di Berlusconi, di sostenere l’elementare tesi che il territorio trentino non è un somaro da caricare a volontà, che le vocazioni diverse allo sviluppo della nostra terra non possono essere brutalmente sfregiate, che l’economia va indirizzata verso progetti e non verso sostegni alle annaspanti lobby amiche?

Ci sarà qualcuno che porrà in primo piano il rigoroso rispetto delle leggi in vigore e non tacerà sui furbeschi modi attuati o preventivati per aggirarle e vanificarle, com’ è accaduto per la Jumela e per i collegamenti dentro i confini dei parchi naturali?

Attenti, ci sono le elezioni! Congiuntura peggiore non potrebbe crearsi, se in una fase così difficile del confronto politico in Trentino, le elezioni politiche fossero miseri alibi per tacere, per rimuovere, alla fine per accettare politiche che sollecitano egoismi e dispensano favori ai potenti. E nel grande spartiacque dei concetti dell’inclusione e dell’esclusione, che potrebbe essere l’odierna stella polare della sinistra, si rinunciasse nei fatti ad una politica volta a non escludere dall’uso delle nostre risorse le generazioni di domani e a quelle di terre lontane. Pensando opportunisticamente che questo sarebbe impegno civile troppo duro, per farne il terreno di una contesa elettorale.

Eppure le nostre ragioni sono buone, sono condivise da tanti. Perché non siano disperse è indispensabile non tacere. Soprattutto alla vigilia di nuovi importanti appuntamenti elettorali.

Sul tema un altro utile flash dal libro di Vittorio Foa: "Mi accorgo che negli ultimi anni sono come invasato alla ricerca degli errori della mia parte politica, della Sinistra. Li cerco dappertutto e finisco per vedere solo quelli. Penso al rapporto pubblico-privato, all’unilateralità della teoria di diritti, alla mancanza di una dimensione temporale e spaziale della politica, di una visione etica.

Non corro il rischio di cadere in una autoflagellazione? Di non vedere più le responsabilità di chi detiene il potere? O forse vado cercando una mia differenza dalla Sinistra?

Cercare gli errori in se stessi è però una condizione necessaria per denunciare quelli degli altri, denunciarli e combatterli in modo non pregiudiziale (perché sono altri) ma in modo critico: però nella ricerca ossessiva degli errori della Sinistra c’è forse qualcos’altro. Spesso non si tratta di errori di Sinistra ma di mascherati fenomeni di Destra: egoismo, individualismo o autoritarismo presentati come sinistra. Forse critico la Destra".

E’ capitato ripetutamente a questo giornale, a molti di noi, sviluppando analisi critiche rispetto al quotidiano procedere delle forze di sinistra al governo o all’opposizione, di essere assimilati a cronici malpancisti, incapaci di sufficiente realismo politico per cogliere, in chi si ritrovava, a sinistra, a dover operare e non solo a parlare, un solido filo di coerenza fra azione concreta e impegni programmatici dell’azione di governo.

Adesso che tutto quello che rivendicavano i forti poteri corporativi che dettano le coordinate e i tempi alle politiche provinciali, spesso con immediato successo, è stato in pratica concesso: la sagra dei caroselli impiantistici ne è eloquente fotografia; adesso che continua la pressione perché altre concessioni corporative come la Val d’Astico e l’aeroporto, trovino spazio negli impegni della giunta provinciale, svolgere una funzione critica, una denuncia serrata, può essere definita critica alla Sinistra, o critica ad una politica di destra, subita e accettata dalla Sinistra o da una sua parte consistente?

Abbiamo un modello di sviluppo (ce lo conferma lo studio recentissimo dell’Università di Trento sulle dimensioni dell’impronta ecologica nel Trentino), in base al quale consumiamo il doppio, il triplo, il quadruplo delle risorse che abbiamo a disposizione, sottraendole o alle generazioni che verranno dopo di noi o ai popoli costretti a svendere le loro per sopravvivere un giorno di più. La sinistra tace ai tavoli di governo dove si decide, per parlare (non sempre) nelle tavole rotonde, dove si evoca solo quello che sarebbe giusto e importante fare per dare un futuro al Trentino e al pianeta. Anche qui nel Trentino, quando sviluppiamo le nostre critiche, molto probabilmente non lo facciamo ad una politica di sinistra, ma alla sinistra che non si distingue più dalla destra.

Tutti assieme appassionatamente contro Berlusconi? Non credo che lo slogan funzionerà, se non si darà nerbo, ragione, profilo, soprattutto coerenza quotidiana ad un’azione politica che distingua nel governo dei Comuni, delle valli, della Provincia, le rivendicazioni dei naturali supporters delle politiche berlusconiane, da quelle del centro-sinistra; se la contesa sarà solo tra chi è più abile a sollecitare egoismi e interessi locali e poi a soddisfarli distribuendo, fin che saranno disponibili, le risorse di tutti, in un voto di scambio che non può essere meno immorale qui, nel profondo Nord, solo perché praticato o sollecitato da uomini e gruppi della sinistra o del centro-sinistra, da quello che era ed è se praticato dai vecchi notabilati del profondo Sud.