Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 17, 30 settembre 2000 Servizi

Religione a scuola: il nodo è il Concordato

Le nuove proposte di legge (nazionale e provinciale) sulla materia lasciano irrisolta la questione di fondo: un riequilibrio dei rapporti fra Stato e Chiesa. La posizione di un gruppo di ex-insegnanti di religione.

L'insegnamento della religione nelle scuole statali fa ancora discutere. Le due proposte di legge provinciale (vedi Questotrentino del 10 giugno scorso, Ora di religione: la patata torna bollente), la prima del Centro-U.P.D. e la seconda della Giunta, che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro degli insegnanti di religione nelle scuole della provincia, hanno suscitato discussioni e polemiche. Un provvedimento del tutto analogo nei contenuti, nel frattempo, è stato approvato dal Senato il 19 luglio, con l’astensione di Polo e Lega, a conferma che il problema è ormai maturo e ampiamente condiviso dalle forze politiche, anche a livello nazionale.

Perché allora discussioni e polemiche? Il motivo del contendere non è certamente la stabilità del posto di lavoro degli insegnanti di religione, ma è un motivo di fondo, riconducibile all’intesa concordataria fra Stato e Chiesa, che regolamenta la materia. Da questa intesa e dal concordato, in generale, consegue una limitazione della sovranità statale, che nella fattispecie consiste nel potere attribuito ai vescovi di scegliere questi insegnanti, attraverso l’istituto dell’idoneità, e nel potere di rimuoverli dall’incarico. Allo Stato rimane il compito munifico e gratificante di pagarli.

E’ conseguenza di questa disciplina l’attuale precarietà del rapporto di lavoro degli insegnanti di religione, per il semplice fatto che sul loro capo pende sempre la spada di Damocle del ritiro dell’idoneità da parte del vescovo.

Le proposte di legge provinciale, così come quella nazionale, intendono risolvere il problema, non rimuovendo tale abnormità, che esula dalle loro competenze, perché è materia pattizia, fra Stato e Chiesa, ma impegnando l’ente pubblico a riassorbire nei propri organici le vittime dell’eventuale ripudio vescovile.

La IV Commissione (Commissione Cultura), come vuole la procedura, ha sentito, fra gli altri interessati al provvedimento anche un gruppetto di ex-insegnanti di religione, che ne hanno fatto richiesta. Di essi si è fatto portavoce Paolo Lorenzi, professore supplente di matematica. L’audizione è avvenuta il 13 settembre e in quella sede gli ex-insegnanti di religione hanno illustrato alla commissione le ragioni della loro opposizione ai due disegni di legge.

Lorenzi abbiamo chiesto informazioni sull’iniziativa di questo gruppetto di ex-insegnanti di religione.

"Siamo una decina - ci ha spiegato -, che per qualche tempo hanno insegnato religione nella scuola statale, per poi passare su altri insegnamenti, o addirittura scegliere altri settori di attività. Non perché ci sia stata ritirata l’idoneità; almeno non formalmente, perché poi, di fatto, ci sono altri metodi, altrettanto efficaci, per indurre a cambiare mestiere. Siamo pochi, ma possiamo contare su un vasto consenso all’interno della scuola, da parte degli insegnanti delle altre discipline."

Quali sono i punti delle proposte di legge che contestate?

"C’è anzitutto una critica di fondo, contro l’ambiguità che caratterizza questo insegnamento. Mi spiego: l’insegnamento della religione nella scuola statale dovrebbe svolgersi in un quadro culturale, non di fede, mentre si dovrebbe prevedere in un momento esterno, nelle parrocchie, la catechesi per coloro che la richiedono. Attualmente invece le due modalità convivono e si sovrappongono e questo è sempre meno tollerabile, specialmente oggi che nella scuola è presente un alto numero di bambini extracomunitari, non cattolici - uno su quattro, circa. D’altra parte non ci sembra corretto che si giustifichi questa situazione con il dato dell’altissima percentuale di avvalentisi (oltre il 90%), poiché è un dato gonfiato dalla mancanza di concrete alternative all’ora di religione.

A sostegno di questa nostra tesi è intervenuto, su nostra sollecitazione, il prof. Antonio Autiero, direttore dell’Istituto di Scienze religiose di Trento, che è l’Istituto che organizza i corsi di formazione degli insegnanti di religione. In una sua dichiarazione scritta egli si dice convinto che l’insegnamento della religione ‘è rimasto pendolare tra indole marcatamente confessionale e affermazione di principio riguardante l’importanza ‘culturale’ della religione nella formazione scolastica e più ampiamente antropologica".

E non esita ad asserire che la materia ‘sistemata così com’è ora, certamente non pare possa consentire di raggiungere gli scopi pedagogici che essa si propone’".

Tornando ai disegni di legge…

"Ciò che non riteniamo accettabile è l’assoluta discrezionalità con cui l’Ufficio scuola della Curia di Trento attribuisce l’idoneità e il fatto che la normativa di riferimento sia il codice canonico e non la legislazione statale. Spesso, il modo di procedere per riconoscere o anche per togliere l’idoneità ad un insegnante poggia su opinioni esili e arbitrarie, implica la valutazione della vita privata della persona, e non rispetta l’ordine di graduatoria. E’ un atteggiamento che risuona in dissonanza con quanto avviene per tutte le altre discipline della scuola.

Altro punto che contestiamo, è quello che riguarda la figura dell’ispettore di religione, presso la sovrintendenza. Ci sembra che il disegno di legge a firma Morandini, sia stato costruito su misura per sistemare a vita l’attuale ispettore, anziché prevedere un avvicendamento quinquennale. Inoltre, siccome anche l’ispettore di religione è soggetto alla disciplina dell’idoneità rilasciata dal vescovo, nel caso questa venisse ritirata, la Provincia dovrebbe continuare a retribuire come dirigente quella persona.

IAn sostanza, cosa proponete e cosa avete chiesto in sede di audizione alla IV Commissione?

"Il nostro auspicio è che le due proposte di legge vengano respinte, ed è quanto abbiamo chiesto alla commissione. Non per cattiva volontà dei proponenti che si prefiggono un’apprezzabile anche se contraddittoria sistemazione degli insegnanti di religione, ma perché le due proposte contengono un riconoscimento implicito ed evidente alla supremazia da parte di uno Stato, il Vaticano, nei confronti dello Stato italiano, in ordine alla disciplina dei rapporti di lavoro con i suoi dipendenti. In altre parole, chiediamo la revisione del concordato, e siamo convinti che nonostante le resistenze iniziali dei cattolici più integralisti, ciò gioverebbe anche a loro. Quale idea può farsi, infatti, della religione e della cultura cristiana chi venga a sapere, ad esempio, che ad un’insegnante di religione è stata tolta l’idoneità perché in stato di maternità, com’è successo a Firenze, secondo fonti della Cgil? Noi ci riserviamo, secondo le nostre modeste possibilità, di fare informazione nelle scuole anche raccogliendo firme su un documento che rispecchi queste nostre posizioni".

Anche i sindacati scuola Uil e Cgil del Trentino hanno espresso la loro contrarietà: "I due disegni di legge - scrive la Uil - sono vistosamente in conflitto con numerose enunciazioni costituzionali. Tendono a costituire un insieme ibrido fra ordinamento giuridico costituzionale e quello posto dalle norme canonico-ecclesiali".

"Solo rimuovendo il veto concordatario (la possibilità di revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario diocesano, ndr) - scrive a sua volta la Cgil scuola del Trentino - è possibile ridisegnare l’orizzonte dei diritti e dei doveri di questo personale, tutti gli altri interventi non affrontano i veri problemi e aprono enormi contraddizioni nel mondo del lavoro della scuola."

E lo stesso prof: Autiero ritiene che sia necessario "rimettere mano all’intesa tra Chiesa cattolica e Stato italiano".

In direzione contraria, c’è l’iniziativa del senatore Renzo Gubert, che vuole dilatare ulteriormente il ruolo della Chiesa nella scuola statale della nostra provincia. Egli ha presentato al Senato un ordine del giorno (accolto dal Governo) che chiede "il riconoscimento del carattere pienamente curricolare (salvo rinuncia)" dell’insegnamento della religione cattolica. La fine cioè, in Trentino, del regime della facoltatività stabilito dalla revisione concordataria del 1984.

Certo i tempi non sono favorevoli ad un riequilibrio nel nostro Paese dei rapporti fra Stato e Chiesa. I trionfalismi di massa del giubileo; la sconcertante beatificazione di Pio IX, il papa della persecuzione degli ebrei, del Sillabo, del dogma dell’infallibilità; il documento Ratzinger sul primato della Chiesa cattolica, unica titolare della "pienezza della grazia e della verità", che ha fatto strame dell’ecumenismo; la presa di posizione sugli immigrati non cristiani del cardinale Biffi, si combinano purtroppo con la continua ricerca del favore delle gerarchie ecclesiastiche da parte dei principali partiti politici italiani. E la già lanciatissima campagna elettorale ha ufficializzato l’apertura della caccia al voto cattolico. Insomma, il fattore "V", come Vaticano, continua a dispiegare, e lo fa anzi con rinnovata virulenza, i suoi effetti sulla vita politica e sociale italiana.